Inps, cassa integrazione: boom di richieste a febbraio

82 milioni di ore di cig: questa la richiesta avanzata dalle aziende italiane a febbraio. Un aumento dunque del 49%, se si pensa ai 55 milioni di gennaio (dato più basso dall’agosto 2009) e del 16,8% rispetto a febbraio 2011. Vola la cassa in deroga (+134% su gennaio).
Stando ai dati Inps, infatti, nei primi due mesi dell’anno sono state autorizzate alle aziende 136,9 milioni di ore di cassa integrazione a fronte dei 130,2 milioni del 2011 (+5,1%). Questi dati dunque, dimostrerebbero che a febbraio 2012, c’è stata “un’inversione di tendenza rispetto all’ultimo quadrimestre  in cui il numero di ore autorizzate è costantemente diminuito, sia in termini assoluti, sia in confronto agli stessi mesi dell’anno precedente”. Gli interventi ordinari (CIGO) a febbraio sono aumentati del 23,9% rispetto a gennaio (da 20,3 a 25,1 milioni di ore) e del 31,4% rispetto a febbraio 2011 (erano state autorizzati 19,1 milioni di ore di cigo). La cassa integrazione ordinaria chiesta dalle imprese industriali è aumentata del 56% rispetto ad un anno fa, mentre la cigo relativa al settore edile registra una diminuzione tendenziale del 21,5%. Gli interventi straordinari (CIGS) di febbraio autorizzati ammontano a 25,8 milioni di ore con un aumento del 20,4% rispetto a gennaio e una diminuzione rispetto al febbraio 2011 del 10,9% .

Tra le motivazioni di tale diminuzione, la variazione negativa su base tendenziale, che è da attribuire al settore industriale, nel quale si registra un calo del 19,1% rispetto alle ore autorizzate a febbraio 2011. In forte aumento invece, gli interventi in deroga (CIGD). A febbraio le ore autorizzate per questo tipo di ammortizzatore sono state 31,1 milioni a fronte di 22,1 milioni di febbraio 2011 (+40,4%) e dei 13,3 milioni di gennaio 2012 (+133%). “Le ore di cassa integrazione autorizzate in febbraio, che come di consueto superano quelle di gennaio – commenta il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua – segnano una interruzione nell’andamento tendenziale degli ultimi tempi, che si presentava in costante discesa. Occorrerà comunque aspettare i prossimi mesi per comprendere qual è l’effettiva tendenza di questo 2012”. Per quanto concerne disoccupazione e mobilità, a gennaio 2012 le domande di disoccupazione presentate sono state 126.569, con un incremento del 13,48% rispetto al gennaio 2011, quando le domande erano state 111.536. Calano invece le domande di mobilità, passate da 16.746 di gennaio 2011 a 15.139 di gennaio 2012 (-9,60%).

Il tasso di disoccupazione, in particolare, è in aumento per i laureati. Nel 2010,  il tasso di disoccupazione a un anno dalla laurea è aumentato in media del 2,4% rispetto al 2009. Per i laureati di primo livello il tasso di disoccupazione è salito a +3,2%, per gli specialistici a +1,9% e anche per gli specialistici a ciclo unico come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza è aumentato a +2,1%. La situazione non migliora di molto a tre anni dalla laurea. In tal caso, si nota come sia occupato  il 74% degli specialistici, mentre la disoccupazione riguarda il 9% dei laureati di secondo livello. Anche a cinque anni dalla laurea risulta in calo il tasso di occupazione: è al 78%, con un -3%. Mentre a 10 anni dalla laurea lavora l’88% degli intervistati.

Secondo il dossier, a causa della crisi economica “una percentuale notevole ed in crescita di giovani è a rischio di disoccupazione prolungata o di inattività, con effetti che potrebbero divenire irreversibili”. Situazione su cui pesa anche il fatto che in Italia è penalizzata l’occupazione più qualificata. Tra il 2004 e il 2008 l’Italia ha registrato una riduzione della quota di occupati nelle professioni ad alta specializzazione, in controtendenza rispetto al complesso dei paesi dell’Unione Europea.

Dal rapporto emerge anche che i laureati trovano più lavoro dei diplomati, che si acuisce il divario territoriale tra Nord e Sud, che le donne sono ancora molto penalizzate nel mercato del lavoro, considerando sia il divario occupazionale tra laureati e laureate che le differenze retributive.

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