Incontro con Dacia Maraini e spettacolo ‘La lunga vita di Marianna Ucrìa’

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Barbara Lalle la seguente recensione sullo spettacolo:

 

‘La lunga vita di Marianna Ucrìa’

 

 

Le riviste, sì, le riviste e i loro omaggi: di questo voglio parlare. Dell’importanza cruciale degli omaggi delle riviste femminili.

Salviettine umidificate, flacone da viaggio shampoo lisciante, contenitori salva-spazio, campioncini di creme corpo super ultra wow, l’immancabile borsa dell’estate.

Io 40 anni. Ho avuto 14 anni in un momento diverso da questo, un momento dove incellofanati con i suddetti giornali c’erano libri. ‘Donna in guerra’ di Dacia Maraini entra così a casa mia.

Il primo libro non scolastico, imposto o consigliato.

L’omaggio delle riviste, anch’esso, contribuisce a formare una generazione?

Per me sì, nel caso mio avvenne: seppi di cose di cui non avevo mai sentito parlare né a casa né alle scuole, dalle suore da cui andavo da quando avevo 3 anni fino all’anno prima di quel libro. Mi aprì al femminile e alle sue questioni. Ho letto tanto, quasi tutto di Dacia Maraini. L’anno scorso sono stata ad una sua conferenza con i miei studenti di terza media. Una grande scrittrice, intellettuale e conferenziera. Ha incantato una platea di 13enni. Muti ed adoranti. Ed io faccio l’insegnante, non è facile, ve lo assicuro. Quella donna ha un carisma unico.

Ecco perché il 13 Novembre sono rimasta tanto dispiaciuta degli accadimenti della sera.

Alle 19 al Teatro Vascello di Roma era previsto un incontro con la Maraini. Alla scrittrice che era proprio in procinto di arrivare si è accostato uno scooter sui cui viaggiavano due persone che, dopo averla scaraventata in terra, l’hanno scippata.

Nonostante tutto, Lei,  nella sua nota centratura e fermezza si è rialzata ed ha comunque onorato il suo pubblico adorante che le si è stretto attorno delicatamente partecipe in questo momento intimo. Piera degli Esposti, storica amica e di vita e di arte della Maraini, ha arricchito l’incontro donando intelligenti risate leggere con la lettura di un brano che analizza la relazione che intercorre tra l’esistenza dell’immortalità dell’anima e gli asparagi. La Maraini salutando il pubblico dichiara di voler andare a sporgere denuncia quanto prima. Sempre donna in guerra. Dacia Maraini è un’icona. Lunga vita a Dacia Maraini. Come l’estesa esistenza di una dei personaggi più noti.

Il brindisi previsto alle 20.15 nel foyer è stato spogliato della sua protagonista, Dacia Maraini, che non è potuta essere presente nemmeno alla rappresentazione in quanto impegnata a sporgere denuncia presso il commissariato di Monteverde, continuando a darci, e a dare al mondo, lezioni di responsabilità e cittadinanza.

Alle 21, sul palco del teatro Vascello di Roma, il lavoro della regista Daniela Ardini dà vita, con lo spettacolo  ‘La lunga vita di Marianna Ucrìa’, al romanzo ambientato nel ‘700 siciliano che ventisette anni fa fece vincere il premio Campiello alla scrittrice tosco-siciliana. Simbolica la scenografia volutamente scarna ed essenziale: due cassepanche, tre microfoni ad asta per dar voce all’interiore della ‘mutola’, un manichino che Raffaela Azim, l’attrice che interpreta Marianna Ucrìa, vestirà, al suo posto, degli abiti dello stereotipo. Ci sono due Marianne in scena, l’altra Marianna, l’appendiabiti inerte, e Marianna-Raffaella.

Marianna-Raffaella entra in scena è vibrante, indossa un abito da fiaba, settecentesco, enorme di cui si libera subito. Come prima possibile si vuole liberare dalle coercizioni e dalle violenze di una cultura dominante abusante. Si spoglia delle vesti dello stigma. Di quelli veste l’altra Marianna. La parte della donna che la società vorrebbe lei fosse. La Azim rimane con i panni di sotto, quelli bianchi, quelli intimi ed ai piedi un bel paio di scarpe con i tacchi, larghi e a rocchetto, ben piantati, col fiocco e coi lacci grossi, una calzatura ben accollata pronta per partire di passo lungo, deciso ed elegante, al momento giusto, quello dell’addio.

L’unica relazione tra loro, la fantesca silenziosa, impersonata da Francesca Conte  L’altra presenza accanto al palcoscenico è un’interprete L.I.S. Lingua Italiana dei Segni che accompagna e traduce il pensiero, stavolta espresso, a cui dà voce Marianna.

La struttura dell’opera è circolare: inizia come la fine, con la protagonista che volta le spalle al pubblico e al passato, lo stesso che l’ha condotta alla scelta presente. Con l’inizio l’addio annunciato, con la fine l’addio concluso. È l’addio a Palermo e a tutto il suo mondo, perché Marianna ci racconta il mondo che lascia, non il mondo che troverà o che andrà a cercare. Il testo crea un mosaico di narrazione con tessere di infanzia, prima giovinezza, matrimonio con il signor zio marito, lo stupro, l’amore per il padre (come del resto la scrittrice ha amato molto il proprio), l’esecuzione capitale di un bambino, l’intimità rubata e ritrovata. La Azim dà voce al pensiero di Marianna e le voci del mondo che la circonda accompagnata da passaggi sonori che raccordano emozioni e danno base alle tessere. A fine spettacolo tanti applausi per la regista e per tutto il cast, sempre con la sottintesa intenzione e tensione di farli arrivare robusti alla scrittrice, la quale è stata raggiunta telefonicamente. Su suggerimento dell’attrice Maria Rosaria Omaggio,  ed altre amiche della scrittrice presenti in sala, la chiamata in diretta è stato trasmessa amplificata al pubblico che ha ascoltato premuroso le parole di saluto della Maraini. Non credo sia un caso: quando si esce dalla sala, nell’atrio ancora aleggia fresco l’odore dei mandarini serviti al brindisi, fruttuoso omaggio alla Sicilia della protagonista e della scrittrice.

Foto dello spettacolo di Francesco Carbone

Barbara Lalle

 

 Barbara Lalle e Dacia Maraini

 

 

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