Inchiesta Open, Renzi attacca i magistrati: ‘Vulnus alla vita democratica’

Matteo Renzi si sente “oggetto di attenzioni speciali” di certi magistrati e rilancia lo scontro con la procura di Firenze, accusata di “invasione del campo della politica” per l’inchiesta sulla fondazione Open.

 “Quello che è accaduto ieri all’alba costituisce un vulnus clamoroso nella vita democratica del Paese – afferma l’ex premier -. Chi non reagisce oggi accetta che si metta in discussione il principio della separazione dei poteri che è una colonna del sistema democratico occidentale. E lascia che siano i magistrati a decidere che cosa sia un partito e cosa no”, afferma l’ex premier in una Enews straordinaria in cui si chiede: “Siamo o non siamo un paese in cui vige la separazione dei poteri?”. “Non sto attaccando l’indipendenza della magistratura, ma sto difendendo l’indipendenza della politica”, chiarisce.

Anche in precedenza in un post su Fb, Renzi era andato all’attacco: “Chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall’articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini”. Su fb Matteo Renzi torna all’attacco sull’inchiesta Open sostenendo che “due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo”.

Perquisire a casa – sostiene il leader Iv – e in azienda, all’alba, persone non indagate che hanno dato lecitamente contributi alla fondazione Open è un atto senza precedenti nella storia del finanziamento alla politica. I finanziamenti alla fondazione sono tutti regolarmente tracciati: trasparenza totale! Due giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Aprendo indagini per finanziamento illecito ai partiti! Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito?. E allora – incalza Renzi – chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Su questo punto si gioca una sfida decisiva per la democrazia italiana. Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall’articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini. Nel frattempo, provoca Renzi, raccomando a tutte le aziende di NON finanziare Italia Viva se non vogliono rischiare: possiamo raccogliere solo microdonazioni di cittadini che non accettano questa gara al massacro contro di noi. E che al sito italiaviva.it/sostieni stanno contribuendo in queste ore, dimostrandoci solidarietà e affetto.

L’Anm “respinge con fermezza l’ennesimo attacco all’autonomia ed indipendenza della magistratura e esprime piena solidarietà ai magistrati fiorentini”. E definisce, riferendosi a Matteo Renzi (pur senza citarlo), “gravissime le dichiarazioni di un esponente delle istituzioni che, per reagire ad un’iniziativa giudiziaria, attacca personalmente i Magistrati titolari dell’indagine” , esprimendo “indignazione”. Se il tentativo è quello di intimidire i Magistrati, è e resterà vano”, avverte la giunta dell’Anm.

 La Prima Commissione a maggioranza ha approvato la proposta di pratica a tutela dei magistrati di diversi uffici giudiziari che erano stati attaccati da esponenti di spicco della politica: Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Matteo Renzi. A favore hanno votato i quattro componenti togati, contro i consiglieri laici della Lega Emanuele Basile e del M5S Filippo Donati. Per quanto riguarda Renzi, a finire nel mirino dei consiglieri, sono le dichiarazioni fatte in occasione dell’arresto dei suoi genitori.

 Il presidente dei senatori Iv Davide Faraone ha scritto alla presidente Casellati per chiederle “di calendarizzare urgentemente un dibattito in Senato viste le recenti vicende giudiziarie sulle regole del finanziamento alla politica e su chi stabilisce cos’è un partito e cosa no”. E Matteo Renzi è pronto a intervenire in Aula dopo lo scontro apertosi con i magistrati fiorentini sull’inchiesta Open. Il punto, è la convinzione dei renziani, è che si è aperto “uno scontro non tra politici e magistrati ma tra la politica e la magistratura” perchè i giudici titolari dell’inchiesta Open hanno aperto “un’indagine per finanziamento illecito ai partiti” anche se Open è una fondazione. “A questo punto tutti i partiti politici devono dire nella sede delle istituzioni che cosa ne pensano”, alzano il tiro i renziani.

Commissione su Open, Lotti: “Nulla in contrario, la fondazione è trasparente”

Sotto la lente ancora l’avvocato Alberto Bianchi, già perquisito a settembre, e i rapporti tra Open e i suoi finanziatori. L’ex presidente di Open è accusato dei reati di finanziamento illecito e traffico di influenze illecite. Altri indagati sono alcuni imprenditori titolari di società con sede a Firenze, Chieti e Roma, ai quali sarebbero contestate a vario titolo anche le accuse di autoriciclaggio, riciclaggio, appropriazione indebita aggravata e false comunicazioni sociali. Altri imprenditori, che non sarebbero indagati, sono stati perquisiti perché legati da rapporti finanziari con un consigliere della fondazione Open. Di Open, procura e GdF di Firenze stanno valutando operazioni relative alle primarie 2012 e al ‘Comitato per Matteo Renzi segretario’. L’attenzione si sarebbe centrata pure su alcune ricevute di versamento da parlamentari. Gli investigatori avrebbero individuato legami, ipotizzati come anomali, tra le prestazioni professionali, rese da Bianchi e collaboratori del suo studio, e i finanziamenti avuti dalla Open. Il primo passaggio di denaro indagato è quello che coinvolge il gruppo di costruzioni Toto. Nell’agosto del 2016 Bianchi, a fronte di una fattura emessa per prestazioni professionali, ricevette dal gruppo Toto un pagamento di oltre 800mila euro, denaro che per l’accusa sarebbe stato in parte usato per finanziare Open, sui cui conti Bianchi versò 200mila euro il mese successivo. Altri 200.000 li versò al Comitato per il sì al referendum sulla Costituzione. Nello stesso anno lo studio Bianchi aveva ricevuto dal gruppo Toto circa 2 milioni per prestazioni professionali. Al vaglio i rapporti tra la fondazione e l’imprenditore Patrizio Donnini, che a sua volta, sempre nel 2016, avrebbe ricevuto dal gruppo Toto oltre 4 milioni di euro in parte con operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla società immobiliare Immobil Green.

L’ente è nato nel 2012 (con il nome “Big Bang” poi modificato) per sostenere le iniziative politiche come la Leopolda di Matteo Renzi e la corsa dello stesso Renzi alle primarie del Pd fino all’approdo a Palazzo Chigi e alla campagna per il sì al referendum costituzionale. La fondazione è stata attiva fino all’aprile 2018 e ha raccolto oltre sei milioni di euro. Sul proprio sito era presente una lista con i nomi dei finanziatori che avevano dato il via libera alla pubblicità della donazione. Nel consiglio di amministrazione, oltre a Bianchi figuravano Maria Elena Boschi, Marco Carrai e Luca Lotti, all’epoca fedelissimi del “Giglio Magico” di Renzi. Proprio Marco Carrai, uomo d’affari amico dell’ex premier, ha ricevuto un avviso di garanzia. Carrai: sempre agito nel rispetto della legge “Come componente del Cda di Open ho sostenuto la Fondazione come immagino faccia chiunque appartenga ad una Fondazione e voglia promuoverne le iniziative e sostenerne i valori. Non ho nulla personalmente a che fare con carte di credito e bancomat. Ho fiducia che la magistratura chiarirà presto la mia posizione. So di non aver commesso reati e di aver sempre svolto i miei compiti rispettando la legge”. Così in una nota, Marco Carrai imprenditore ed ex componente del Cda della Fondazione Open.

 “Fiducia nella magistratura”. Lo ha detto il sindaco di Firenze Dario Nardella rispondendo ai cronisti che, a margine di un’iniziativa al Palazzo dei Congressi, gli hanno chiesto un commento sull’inchiesta sulla fondazione Open. “Credo che si debba lasciar lavorare la magistratura”, ha aggiunto.

 “Ogni volta che c’è un’indagine si pensa a una commissione d’inchiesta. Penso che i parlamentari dovrebbero stare più in Parlamento, partecipare di più ai dibattiti e fare leggi che fanno bene al paese”. Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. “Chi è al potere non vuole essere controllato. Il potere non vuole un sistema giudiziario efficiente, che controlli anche il manovratore. In Parlamento ci sono tante persone perbene, sono la stragrande maggioranza, ma ci sono anche molti incompetenti e alcuni faccendieri, alcuni borderline”.

Salvini: non giudico “Non giudico, non ho elementi per giudicare quindi non fatemi commentare cose che non conosco, non posso né condannare né assolvere; non è il mio lavoro”. Lo ha detto il leader  della Lega, Matteo Salvini.

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