Ședință comună a Camerei Deputaţilor şi Senatului în care se votează numirea preşedintelui Autorităţii Electorale Permanente (AEP), la Palatul Parlamentului din București, marți 28 martie 2023. Inquam Photos / George Călin

In Romania la destra punta su George Simion, che vince con il 40%. Il ballottaggio il 18 maggio

George Simion ha varcato il cancello del seggio nella periferia nord-ovest di Bucarest. Il candidato conservatore rumeno, favorito nei sondaggi e alleato di Giorgia Meloni in Europa, si sente pronto a guidare la nazione. Completo blu, camicia bianca immacolata, niente cravatta stavolta, passo fermo e lo sguardo di chi sa di avere la vittoria in tasca. Nessuna dichiarazione: ha lasciato che fosse il popolo a parlare per lui.

Ad attenderlo, una folla oceanica, microfoni da ogni angolo del continente e un entusiasmo travolgente. C’era la televisione polacca, i cronisti spagnoli, i corrispondenti francesi, le troupe britanniche. Tutti lì, a registrare ogni gesto, ogni emozione, ogni attimo di quel che potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione rumena.

Al suo fianco, Călin Georgescu, escluso dalla corsa presidenziale ma non dalla scena. Anzi. Il sodalizio tra i due pare rafforzato dal tempo e dagli eventi: si muovono come un corpo solo, votano insieme, raccolgono applausi e cori come un fronte unito. “Simion! Georgescu! Presidente!” gridano i sostenitori, sventolando bandiere, sollevano crocifissi, porgono fiori. Non per vezzo, ma per scelta identitaria. “Questa è la nostra Romania!”, grida un uomo, stringendo al petto l’immagine della Vergine Maria e avvolto dal drappo tricolore, mentre accanto a lui un’anziana signora regge in silenzio un mazzo di rose rosse.
La campagna di Simion non è stata un palco da cui predicare, ma una corsa dentro la quotidianità. Nei giorni finali il candidato anti-establishment ha evitato salotti e talk show, al contrario è andato a fare la spesa. È tra i banchi del supermercato che ha deciso di passare il suo ultimo giorno di campagna, circondato da gente comune, tra chi riempie il carrello e chi conta le monete.

Intanto, le dirette social macinano visualizzazioni. Simion è ormai un protagonista digitale. Ma non solo. Parla fluentemente francese, italiano, spagnolo e, naturalmente, inglese: risponde ai giornalisti di mezzo mondo senza mai scomporsi. Passa dal supermercato al Parlamento senza soluzione di continuità, dalle interazioni social al consenso reale. La gente lo conosce e lo riconosce come leader.

Anche nell’ultimo giorno utile, ha lavorato in mattinata, poi si è concesso qualche ora con la famiglia e un’ultima intervista per il New York Times. Ma lo sguardo resta fermo sull’obiettivo: il voto, poi la guida del Paese. I sondaggi parlano chiaro: secondo le ultime medie rilevate da EuropeElects, Simion resta il favorito con il 32%. La battaglia per il secondo posto è serrata tra il sindaco della capitale
Mircea Dan e il candidato socialista Victor Antonescu, vengono dati entrambi attorno al 22%, mentre Victor Ponta resta ai margini.

Nessuno qui si illude che questa sia un’elezione come le altre. In ballo non c’è solo un nome, ma l’identità di un’intera nazione. Una traiettoria. Una rivendicazione: quella di una Romania che chiede di contare, di decidere da sé.

Una cosa è certa, si vota per molto più di un presidente primo risultato, il 18 maggio la sfida decisiva.
La destra stravince in Romania e dopo il responso degli exit poll, anche i risultati dello scrutinio notturno sanciscono la vittoria di George Simion con oltre il 40% delle preferenze alle elezioni presidenziali rumene. Il candidato della coalizione di governo Crin Antonescu è invece al secondo posto con circa il 21% dei voti, mentre al terzo posto c’è il sindaco di Bucarest Nicusor Dan con il 19,6%. Il popolo rumeno ha parlato e ‘nonostante le manipolazioni e gli ostacoli i rumeni si sono sollevati”, ha detto Simion, leader del partito Aur, che dovrà cimentarsi col ballottaggio del 18 maggio. Ma il responso delle urne è chiaro: la destra, o come qualcuno a sinistra la definisce, l’ultradestra, ha vinto. A dispetto anche dei giudici.

Il leader di Aur, riferiscono i media locali, ha detto di essere pronto a nominare il filorusso Calin Georgescu primo ministro in caso di vittoria alle elezioni. I due si sono presentati insieme al seggio per esprimere il loro voto. “Ho votato con Calin Georgescu. Siamo qui con una sola missione, il ripristino dell’ordine costituzionale, il ripristino della democrazia”, ha detto Simion. “Non ho altro obiettivo che il primo posto per il popolo romeno, che voglio servire. Siamo qui con un solo desiderio, fare giustizia per la Romania”.

Georgescu, che si era nuovamente candidato ma che è stato escluso dalla competizione, ha ribadito la sua ferma condanna della decisione dei giudici di annullare il voto di novembre. Oltre a Simion, hanno votato anche i suoi due principali avversari, Crin Antonescu e Nicusor Dan. A inizio dicembre scorso la Corte costituzionale, con una decisione clamorosa a soli due giorni dal ballottaggio, era intervenuta a invalidare il successo di Georgescu per irregolarità finanziarie nella sua campagna elettorale e per pesanti ingerenze russe attuate attraverso TikTok.

Più volte gli uomini di Trump hanno accusato l’ Europa di tendenze autoritarie. Rubio, il segretario di Stato, ha accusato la Germania per avere definito l’ estrema destra , Alternative fur Deutschland , pericoloso per la democrazia. Il Vice presidente, Vance, rivolge identiche accuse alle autorità rumene, dove proprio domenica 4 maggio si è tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali, che hanno visto un netto vantaggio del candidato dell’estrema destra, che già con Georgescu a novembre scorso aveva vinto le elezioni, poi annullate per aver ricevuto fonti finanziare dai Russi.

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