IMU e TASI 2019, la stangata sulla casa è servita

Il fisco sorride, i contribuenti – come sempre – molto meno. Giugno di pagamenti per i proprietari di seconde case, altri fabbricati, aree edificabili e terreni non esenti  che dovranno mettere mano al portafoglio per versare l’acconto Imu  e Tasi 2019.

La data da segnare in rosso sul calendario è il 17 giugno (il 16 infatti cade di domenica facendo slittare il primo giorno utile a lunedì) e c’è da fare i conti con una novità che apre – tanto per cambiare – la strada a possibili aumenti : la legge di Bilancio, infatti, ha rimosso lo stop ai rincari comunali, operativo dal 2016.  La Viceministra all’Economia Laura Castelli lo aveva promesso ai Comuni durante l’Assemblea Anci di Rimini: “Siamo convinti che la leva fiscale vada sbloccata. Siamo convinti che un buon sindaco sa come calibrare con i suoi cittadini la necessità fiscale e il cittadino sceglierà se questa è stata una buona misura oppure no”. Detto, fatto.

Tradotto: Regioni e Comuni potranno aumentare le aliquote fino ai livelli massimi. Cioè il 3,3% per l’addizionale Irpef regionale, lo 0,8% per quella comunale (con l’eccezione di Roma dove è già allo 0,9%) e lo 10,6 per mille per Tasi e Imu.

La notizia, come prevedibile, ha messo in allerta i proprietari di casa, in ansia per la possibile stangata in arrivo. Le prime elaborazioni arrivano dal Centro studi della Uil: 24 città capoluogo su 54 sono proiettate verso l’aumento della Tari.Per quanto riguarda le addizionali Irpef e IMU, dal report risulta che 250 comuni, cioè il 10,6% di quelli che finora hanno deliberato (2.352), hanno ritoccato al rialzo il prelievo.

Come sottolinea il Sole 24 Ore, gli aumenti arriveranno in diversi Comuni: si tratta del 9,4 per cento dei capoluoghi per quanto riguarda l’Imu e del 2,4 per cento per la Tasi.

Sul fronte pagamenti è possibile ignorare il primo richiamo per poi saldare il tutto il prossimo 16 dicembre. Ma occhio ad alcune novità. Alcuni Comuni hanno accorpato l’Imu e la Tasi. In questo modo, con l’abolizione della Tasi è stata aumentata l’Imu che nel saldo finale non dovrebbe discostarsi dall’importo delle due imposte separate. In questo caso il proprietario può pagare in un primo momento l’Imu con l’aliquota del 2018 e passare al conguaglio con il saldo finale. Attenzione anche a tutte quelle variazioni arrivate nei primi sei mesi dell’anno in corso che possono incidere sulla cifra dovuta e complicare la vita, già complicata, dei contribuenti. Occhio, ad esempio, alle date di cessazione dei contratti di locazione.

In generale, statistiche alla mano, ogni nucleo familiare ha speso in media 1.340 euro tra Imu, Irpef comunale e Tari. Più nel dettaglio, sono stati spesi, dalle famiglie, 814 euro per l’Imu sulle seconde case, 224 per l’addizionale Irpef e 302 di tari. La città in cui la pressione fiscale per le imposte locali sugli immobili è risultata più alta è Roma: nella Capitale ogni nucleo familiare ha versato un importo medio pari a 2.267 euro.

COSA SONO IMU E TASI – L’Imu  è l’Imposta municipale propria, la Tasi è il Tributo per i servizi indivisibili. L’Imu si versa per il possesso dell’immobile, mentre la Tasi è un tributo che va versato al Comune per garantire i servizi indivisibili, ovvero quelli erogati dall’ente e utilizzati da tutti i cittadini perché non rispondono a una utenza specifica, come per esempio, gli asili nido o il trasporto scolastico. Rientrano quindi nella categoria dei servizi indivisibili l’illuminazione pubblica, la manutenzione delle strade, la vigilanza urbana.

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