Impressioni di Barbara Lalle su ‘Dottor Ottocento’ messo in scena al Teatro Trastevere di Roma

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Barbara Lalle le sue impressioni su ‘Dottor Ottocento’ messo in scena al Teatro Trastevere di Roma. 

Al  Teatro Trastevere di Roma una recita di ‘Dottor Ottocento’, atto unico ironicamente ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe.

Questo spazio si conferma essere ‘posto delle idee’ con riguardo alla ricerca e all’innovazione, ma anche alla gentilezza e all’accoglienza. Nel delizioso foyer carico di atmosfere vintage, con tanto di pianoforte e grammofono, mi riceve con amabile informalità la responsabile dell’ufficio stampa,  Vania Lai.

Mi accomodo in sala, aspettando che qualcosa avvenga sul palco. Guardo evidentemente dalla parte sbagliata. Giovanni Avolio, autore e attore della pièce, entra dalla platea. Raccoglie fogli di carta come se fossero oggetti di valore. E’ vestito come un bohemien francese contaminato dal look degli studenti di storia russi. Roba da Ottocento, per l’appunto.  Ha il cerone bianco e matita, un cappello di lana calato sulla fronte. Sale sul palco e sempre con questi fogli di giornale, inscena una serie di azioni di vita quotidiana che ci fanno entrare nella storia. La storia è gotica: il protagonista viene interrotto nel suo regolare incedere da una notizia che tutti vorremmo ricevere, una telefonata di quelle che modificano il corso delle cose. Dall’altro capo della cornetta, che è sempre il giornale tutto fare, un notaio a dare l’annunzio di una inaspettata eredità: è morto un lontano parente. Soldi? Money? No, un castello. Ed il castello c’è. Piccole soluzioni di dolcissimo effetto. Con 22 scatoloni montati uno sull’altro, e disegnati su due dei quattro lati, con minuziosi particolari Giovanni Avolio ci porta fuori e dento il suo  maniero. Una casa detta male, no una casa male detta. Seguiamo facilmente la storia senza parole. Molte le tecniche narrative, un misto di mimo, clowneria e grammelot. Non si usano parole di senso compiuto ma onomatopeici suoni e mozziconi di parole di altre lingue, spostamenti sillabici di termini in italiano. L’effetto è comprensibile, divertente e gradevole. A rendere ancora più originale lo spettacolo, l’utilizzo di tecnologia del looper, che permette di creare loop di suoni creati dal vivo. Anche gli spettatori vengono coinvolti in questa creazione di paessaggi sonori. Sarete chiamati a fare versi e piccoli ritmi con la voce. Lo spettacolo porta avanti la ricerca sonora iniziata dal Teatro Peregrino con ‘Voglio vedere una balena’. In ‘Dottor Ottocento’ lo spettacolo è senza testo ma l’originale scelta non lede il procedere della storia. Mauro Buoninfante esegue un semplice, pulito e funzionale disegno luci e gestione dell’audio. E’ un teatro povero, ma ricco di creatività e fantasia. Giocoso e divertente per gli adulti, adatto anche ai bambini che in tanti erano in sala. Ridevano forte pur provando una piccola ma  eccitante paura.  Tanti meritati applausi dalla platea.

Barbara Lalle

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