Impresa e crescita mancata

L’Italia è ormai un paese in vero declino e non riesce a venirne a capo trovando il bandolo centrale della matassa. Dalle regole della burocrazia alle tasse tutto invischia il Paese che assiste al crollo della produzione industriale del 25% in questi ultimi anni.  Non è certo colpa dell’articolo 18 se le imprese italiane sono fragili.  Nelle loro strutture finanziarie il capitale proprio è del 15%, contro il 24% della Francia, il 28% della Germania ed il 44% della Gran Bretagna. In Italia il resto del capitale è “a debito”. Ovvero, gli imprenditori non mettono i loro soldi in azienda e non lasciano che lo facciano gli altri, magari in Borsa. Gli imprenditori italiani hanno di fatto azzoppato la produttività del Paese non riuscendo a cavalcare la rivoluzione tecnologica. In alcuni casi, vedi le poche imprese italiani che fatturano tra i 500 milioni ed i tre miliardi, alcune medie aziende stanno prosperando perchè svincolate dal cercare sponde in partiti od in lobby. Aziende in ombra che crescono e lavorano su scala globale rifiutando i riflettori. Questo vale per la moda, per il packaging, per la meccanica e per l’alimentare. Qualche nome? Intercos nella cosmetica, Gd nel packaging, Interpump nella meccanica, Danieli nell’acciaio e vari altri che possono essere veri soggetti aggregatori.

Marco Novellino

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