Immigrazione: Triton serve solo a Ue per lavarsi la coscienza

Un’altra tragedia nel canale di Sicilia e un altro sacrificio di vite sull’altare dell’inefficienza europea. I dati dei primi due mesi del 2015 indicano sbarchi fuori controllo, con addirittura un + 43% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Sono i numeri di un fallimento: quello della strategia europea di contrasto all’immigrazione e quello del governo italiano, che continua ad assistere inerte ad una situazione che è ormai sfuggita alle nostre capacità di gestione. L’operazione Triton è, sempre più chiaramente, il modo con cui gli Stati membri hanno cercato di mascherare il loro egoismo, per non dire menefreghismo, rispetto all’emergenza che vive l’Italia. Bocciata dal Consiglio d’Europa, insufficiente per stessa ammissione delle istituzioni comunitarie, Triton è lì perché qualcosa si doveva pur fare. E poco importa se funziona o meno. Anche oggi, dopo l’ennesima tragedia, è ripartita la giostra di buoni propositi dell’Ue: ci vengono ripetuti i limiti di Triton e Frontex, ci viene spiegato cosa bisogna fare per superarli e quanto sia grave il problema immigrazione. Tutte cose che già sappiamo, il problema sono i fatti e certo non può bastare la decisione di anticipare di due mesi, da metà luglio a metà maggio, la discussione dell’Agenda europea delle migrazioni. “Lunedì scorso a Bruxelles ho chiesto al bureau del PPE di rafforzare la propria iniziativa politica per far sì che l’emergenza immigrazione divenga davvero priorità del governo europeo ed esca così dalla pantomima delle buone intenzioni. Ma è necessario che anche il governo si imponga”, afferma Beborah Bergamini.

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