Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, durante la sua visita a San Luca (Reggio Calabria), 15 agosto 2018. ANSA/ MARCO COSTANTINO

Il tribunale dei ministri e il caso Salvini

Alta tensione tra il ministro degli Interni, Matteo Salvini, e i giudici. I magistrati palermitani hanno modificato le contestazioni ipotizzate inizialmente dalla Procura di Agrigento nei suoi confronti, contestandogli il reato di sequestro di persona aggravato.

Il tribunale dei ministri, nell’ordinamento giudiziario italiano, è una sezione specializzata del tribunale ordinario competente  per i reati commessi dal Presidente del Consiglio  dei ministri nell’esercizio delle loro funzioni,  cosiddetti reati ministeriali.]

La materia è attualmente regolata dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 La norma ha modificato, tra gli altri, l’art. 96 della Costituzione   il quale, in precedenza, prevedeva che per i reati commessi dai membri del governo, il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri stessi potessero essere messi in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune e giudicati dalla Corte costituzionale  in una speciale composizione.

Ora lo stesso articolo prevede che:

Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.»

Queste ultime norme sono contenute nella stessa legge cost. 1/1989.

Presso il tribunale ordinario del capoluogo del distretto di Corte d’Appello è istituito un colleggio  composto di tre membri effettivi e tre supplenti, estratti a sorte tra tutti i magistati in servizio nei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato di tribunale o qualifica superiore. Il collegio, comunemente noto come tribunale dei ministri anche se la legge non usa mai questa espressione, è presieduto dal magistrato con funzioni più elevate, o, in caso di parità di funzioni, da quello più anziano d’età. Il collegio si rinnova ogni due anni ed è immediatamente integrato in caso di cessazione o di impedimento grave di uno o più dei suoi componenti. Alla scadenza del biennio, per i procedimenti non definiti, è prorogata la funzione fino alla definizione del procedimento.

Il tribunale dei ministri è competente per tutti i reati ministeriali commessi nel distretto ove è istituito.

I rapporti, i referti e le denunzie  per i reati ministeriali sono trasmessi al procuratore della Repubblica  presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio, il quale, senza compiere nessun tipo di indagine, deve entro quindici giorni trasmettere gli atti al tribunale dei ministri e darne immediata comunicazione ai soggetti interessati, affinché possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati.

Ricevuti gli atti, il tribunale dei ministri entro novanta giorni, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, può decidere l’archiviazione – nel qual caso il decreto non è impugnabile (il procuratore della Repubblica può solo chiedere al collegio di svolgere ulteriori indagini, precisandone i motivi; il collegio decide nei sessanta giorni successivi) – oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al procuratore della Repubblica, affinché chieda l’autorizzazione a procedere ai sensi dell’art. 5 della legge cost. 1/1989. L’autorizzazione è chiesta alla camera di appartenenza degli inquisiti, anche se alcuni di loro non sono membri del parlamento. Se gli inquisiti appartengono a camere diverse o nessuno di loro è membro del parlamento, l’autorizzazione è chiesta al Senato. La camera competente – sulla base dell’istruttoria condotta dall’apposita giunta – può negare, a maggioranza assoluta, l’autorizzazione ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse  dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, i ministri, nonché gli altri inquisiti membri del parlamento non possono essere sottoposti a misure limitative della libertà personale, a intercettazioni telefoniche, a sequestro o violazione di corrispondenza ovvero a perquisizioni personali o domiciliari senza l’autorizzazione della camera competente secondo il citato art. 5, salvo che siano colti nell’atto di commettere un delitto  per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura.

Un volta ottenuta l’autorizzazione a procedere, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio. Non, però, al tribunale dei ministri; anzi, i componenti di quest’ultimo, al momento in cui ha svolto le indagini, non possono partecipare alle ulteriori fasi del procedimento. Per le impugnazioni  e gli ulteriori gradi di giudizio si applicano le norme del codice di procedura penale.

Per verificare la sussistenza di ulteriori o diverse accuse a carico di Salvini è necessario acquisire altri elementi, e l’unico organismo che può farlo è il Tribunale dei ministri, a cui il procuratore Francesco Lo Voi ha trasmesso il fascicolo accompagnato dall’invito a compiere gli accertamenti necessari. Per stabilire con maggiore precisione i capi d’imputazione, la competenza territoriale e possibili complici.

Nei prossimi tre mesi, l’istruttoria dei tre giudici del tribunale dei ministri di Palermo dovrà chiarire anche questo punto. Ma prima ancora la ‘sezione speciale’ dovrà decidere se è competente a giudicare sull’ipotetico sequestro, oppure no. Dal fascicolo, infatti, non è chiaro se l’eventuale reato sia stato commesso al largo di Lampedusa (in provincia di Agrigento, e dunque nel distretto giudiziario di Palermo), dov’è arrivato il primo diniego allo sbarco, oppure a Catania, dove la nave è rimasta ormeggiata senza che i profughi potessero scendere. In questo secondo caso da Palermo l’inchiesta dovrebbe trasferirsi nella città etnea.

Ma per stabilire se il primo ‘no’ era dovuto a ragioni tecniche e solo quelli successivi (giunti dopo che il ministro Toninelli aveva dato l’indicazione di fare rotta su Catania) alla volontà politica di Salvini di non far muovere i migranti che tecnicamente erano già in territorio italiano (a bordo della Diciotti), c’è bisogno di compiere alcuni accertamenti che rientrano tra quelli sollecitati dal procuratore Lo Voi.

Solo se dovesse ritenere che l’ipotizzato sequestro sia cominciato al largo di Lampedusa, il tribunale dei ministri andrà avanti con l’istruttoria, per qualificare con esattezza il reato e verificare se è stato commesso o meno. Sempre tramite l’acquisizione di documenti e la raccolta di testimonianze. Per ipotizzare il più grave ‘sequestro di persona a scopo di coazione’, ad esempio, bisognerà acquisire formalmente le dichiarazioni di Salvini che legava il destino dei migranti alla scelta dell’Europa di farsene carico insieme all’Italia, perché agli atti attualmente non figurano. Per la Procura l’omissione d’atti d’ufficio non va contestata perché la mancata autorizzazione allo sbarco è proprio l’atto che realizza il sequestro di persona, ma il tribunale dei ministri potrebbe fare valutazioni diverse. E se dovesse escludere il sequestro, limitando il tutto a un’omissione o a un abuso d’ufficio, il fascicolo dovrebbe trasferirsi a Roma.

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