Il referendum e il futuro del Presidente del Consiglio

Sarà un voto sul futuro delle istituzioni o sul futuro del Presidente del Consiglio?

E’ evidente che il destino del Premier sia legato alle riforme, ma la circostanza che Renzi abbia deciso di sottolinearlo con insistenza, fino a far proprio l’evento, la dice lunga sulle insidie che può riservargli.Fino a qualche tempo fa, il risultato del referendum appariva scontato, al punto tale, che il Premier l’estate scorsa parlava di un vero plebiscito, con una percentuale che superava l’80%. Oggi, scommette su una percentuale che si aggira intorno al 60%. Qual’è il motivo? Il fatto è che sul giudizio degli elettori, al di là del merito delle riforme, incidono fattori esterni, la situazione politica e quella economica. La prova di quanto asserito sta nel risultato di alcuni sondaggi tra gli elettori, circa il loro interesse sul tema delle riforme, ebbene, il loro indice di gradimento è in netta fase calante, di pari passo a quello di Renzi.E’ vero che il segretario del Pd, accentrando su di sé la consultazione referendaria,cerca di creare una cerniera per superare gli appuntamenti parlamentari ed elettorali del 2016 : dalla legge sulle unioni civili fino alle amministrative, dove i dirigenti del Pd nutrono più di qualche dubbio sulla possibilità di una vittoria, sperando invece in un pareggio. Ma l’idea dell’uno contro tutti sul referendum costituzionale, allo stato, appare un azzardo molto pericoloso, perché rischia di alienarsi quella fascia di astensionisti e di elettori del centrodestra che guardano con favore al processo di rinnovamento della Carta costituzionale.Di sicuro, Renzi, non può fare affidamento sul suo carisma e sui voti del Pd, che visto gli ultimi sondaggi, sembra sia passato dal 38 al 31%. Senza tener conto che la minoranza del Pd non è orientata a dare man forte al suo segretario in sede di consultazione, anche se l’11 gennaio voterà compatta a favore delle riforme.Come se non bastasse, l’operazione posta in campo dal Premier, di far proprio l’evento referendario, ha scatenato i soliti mal di pancia tra gli alleati di governo; infatti gli uomini di Alfano, si sono affrettati a sottolineare una loro sicura partecipazione alla consultazione referendaria, a fianco e sostegno del Premier, ma non ad un plebiscito. Se così stanno le cose, perché Renzi ha deciso di intestarsi da solo l’operazione? riteniamo che la sua idea e/o timore, è che le opposizioni faranno coincidere le riforme con la sua persona, e useranno il referendum come uno strumento per mandarlo a casa, ancor più dopo le amministrative che si preannunciano per il Pd ad alto rischio. La tesi ha un fondamento se si considerano le dichiarazioni rese alla stampa da Berlusconi, che ha annunciato l’ennesima sua discesa in campo, per arginare il pericolo che viene da un’eventuale vittoria dei grillini, tenuto conto della inarrestabile, a suo dire, fase calante del Pd. Certamente che è tutto da dimostrare che possa essere Berlusconi ad intestarsi un’eventuale sconfitta del Pd e del suo segretari e Premier, mentre sono chiare le ragioni che hanno indotto Renzi a giocare d’anticipo, rispetto a quel passaggio essenziale che sarà il referendum sulle riforme costituzionali, che rappresentano per il suo governo e per la sua stessa carriera politica, un prosieguo lungo e sena ostacoli o la sua fine.

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