“Il potere logora chi non ce l’ha”: le frasi più famose del ‘Divo’

Mente machiavellica, cultura sopraffine. Un amore per il sapere sconfinato quello di Andreotti, come  testimoniano i suoi famosi aforismi che,a volte irriverenti, altre semplicemente spunto di riflessione, resteranno per sempre nella storia della politica italiana.

Di seguito, eccone riportati alcuni dei più importanti:

A parte le guerre puniche, mi viene attribuito veramente tutto.  

La cattiveria dei buoni è pericolosissima.

Quando scrivo un libro non mi estraneo dal mio impegno politico anche se cerco di immedesimarmi a fondo nelle situazioni studiate e descritte, attualizzandole e prendendole in un certo senso a prestito.

La stabilità è l’obiettivo naturale per ogni espressione di potere politico ed è una finalità indispensabile per una nazione che ha conosciuto cinquanta anni fa le conseguenze nefaste di un periodo di estrema debolezza governativa, crisaiola e poco concludente.

In Italia vi è un’onda di corsi e ricorsi che fa passare l’opinione pubblica media, e talvolta anche quella di cospicue personalità politiche, da una autarchia avvilente e incostruttiva a una vera e propria soggiacenza alle altrui esperienze e fenomenologie.

Non basta avere ragione: bisogna avere anche qualcuno che te la dia.

Se fossi nato in un campo profughi del Libano, forse sarei diventato anch’io un terrorista.

Sullo sciopero della fame attuato dalla senatrice Franca Rame contro l’allargamento della base militare di Vicenza] Assicuro la gentile collega che può contare sulla mia solidarietà: tra un pasto e l’altro non prenderò cibo.

Austerità: costume di parsimonia nel comportamento e nell’utilizzo dei beni; tanto più meritevole se non imposta e strettamente necessaria.

Chiederei di essere esentato dal parlare di contemporanei, molti dei quali seguo – nei limiti di tempo che mi sono consentiti – e apprezzo. Ma non vorrei assumere le funzioni di un giudice.

Chiudo un occhio sui peccati di gola purché non si consumino con troppi generi d’importazione danneggiando la bilancia commerciale. Almeno per l’attuale periodo perfezionerei un famoso detto popolare: “Moglie, cibi e buoi…”, comprendendo in questi ultimi soprattutto quelli destinati a bistecche.

Clericalismo: la confusione abituale tra quel che è di Cesare e quel che è di Dio.

Credo fermamente ai ricorsi storici ed in qualche modo alla immutabilità della subcoscienza collettiva delle città e delle popolazioni.

Da studente, la lettura dei classici, che di solito si subisce come una tortura, a me piacque molto. È nata forse lì una mia simpatia per Cicerone, che mi portò fino a presiedere un istituto di studi sul grande Arpinate.

Avrei dovuto, sia pur con rammarico ma per coerente obiettività, rinunciare a partecipare a questa collana di meditazioni non avendo trovato tempo sufficiente per coordinare idee, controllare fonti e stendere senza fretta un presentabile testo. Tra i due mali – quello dell’inadempienza e quello della inadeguatezza – ho scelto tuttavia il secondo e sono qui lo stesso a dichiarare, senza esitazioni e scontando tutte le possibili critiche, che lascio aperte molte lacune e non approfondisco neppure a dovere i singoli punti che ho individuato come linee-guide di un discorso compiuto che in argomento andrebbe ben altrimenti fatto.

Un punto fermo è quello della non opportuna modificabilità della costituzione.

La libertà vera ha un intrinseco contenuto di moralità, irrinunciabile.

Dire no alla repubblica presidenziale in Italia non significa esprimere un giudizio svalutativo sul modo di reggersi degli Stati Uniti d’America o di altri paesi.

Nella sua semplicità popolare il cittadino non sofisticato, passando dinanzi al parlamento o ai ministeri, è talora indotto a porre il dubbio se sia proprio lì che si governi l’Italia.

Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due.

Ci sono pazzi che credono di essere Napoleone e pazzi che credono di poter risanare le ferrovie dello Stato.

Ho visto nascere la Prima Repubblica, e forse anche la Seconda. Mi auguro di vedere la Terza.

I miei amici che facevano sport sono morti da tempo.

In politica i tempi del sole e della pioggia sono rapidamente cangianti.

Meglio tirare a campare che tirare le cuoia.

I Verdi sono come i cocomeri: verdi fuori ma rossi dentro.

Preferisco andare ai battesimi piuttosto che ai funerali.

 

Il Divo di Sorrentino. Ma la personalità ambigua e a tratti oscura di Giulio Andreotti, è stata anche spunto per il cinema. Pellicola di grande successo, nonostante le diverse polemiche che ha suscitato, è stata  ‘Il Divo’ del 2008, diretta da Paolo Sorrentino con un magistrale Toni Servillo nel ruolo del sette volte presidente del consiglio.

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2008, ‘Il Divo’ ha ottenuto il premio della giuria nella rassegna francese, dove arrivarono anche 10 minuti di applausi, approdando anche agli Oscar 2010 grazie alla nomination nella categoria miglior trucco per il lavoro svolto da Aldo Signoretti e Vittorio Sodano, per rendere proprio Servillo simile quanto più possibile alla classica figura di Giulio Andreotti. Il senatore a vita ebbe modo di vedere il film grazie a una proiezione privata, e commentò: “Non sono così cinico. È molto cattivo, è una mascalzonata, direi. Cerca di rivoltare la realtà facendomi parlare con persone che non ho mai conosciuto. Si può dire che esteticamente è bello, ma a me dell’estetica non frega un bel niente. Capisco che la storia va caricata. Il regista doveva girare così. La mia vita è talmente tranquilla che ne sarebbe venuto fuori un prodotto piatto e senza pepe. Ma la mia corrente, per esempio, beh non era un giardino zoologico come la rappresenta il film. C’erano le invidie, gli scontri, gli scavalchi, la carriera, ma questa è la politica.”

Parole che portarono il regista del film a pronunciarsi nel seguente modo, in occasione di un’intervista rilasciata a Liberazione il 24 maggio 2008: Andreotti ha reagito in modo stizzito e questo è un buon risultato perché di solito lui è impassibile di fronte ad ogni avvenimento. La reazione mi conforta e mi conferma la forza del cinema rispetto ad altri strumenti critici della realtà.

Il parere di Andreotti, dipinto come furibondo da chi era presente alla proiezione privata, assunse poi dei toni un po’ più leggeri dopo il riconoscimento ottenuto dal film a Cannes, al quale il politico dedicò una battuta: “Ha vinto il film su di me? Se uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato. Dunque”.  

Il Tassinaro di Sordi. Ma di Giulio Andreotti si ricorda anche la partecipazione a “Il Tassinaro”, film del 1983 con Alberto Sordi, nel quale  il senatore a vita fù interprete di sé stesso, vestendo la parte di passeggero del mezzo di trasporto.

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