Giovanni Orsina, uno dei politologi italiani più apprezzati, lancia dalle colonne de La Stampa una lunga accusa ai protagonisti del nuovo antifascismo di maniera, critica fortemente le parole usate ieri a Bologna da Paolo Bolognesi nel corso della commemorazione per l’anniversario della strage, e invita la sinistra a non proseguire sulla strada di un radicalismo pericoloso.
Orsina esordisce dicendo: “Fin quando la storia d’Italia sarà interpretata e strumentalizzata politicamente come ha fatto i Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione familiari delle vittime di Bologna, non potremo mai sperare di riuscire a metabolizzare il nostro passato. E fino a quel momento ci sarà pure impossibile chiedere con un minimo di credibilità a Giorgia Meloni e al suo partito di recidere i residui fili emotivi che ancora li legano alle vicende del neofascismo, perché sarà loro fin troppo facile sottrarsi accusando i propri accusatori di disonestà intellettuale e faziosità. L’interpretazione storica che ha proposto Bolognesi rimanda a numerose sentenze giudiziarie. Ne ricava senz’altro forza, ma non ne viene affatto resa incontrovertibile in ogni sua parte. Le sentenze non sono verità divina, in una democrazia si ha il pieno diritto di diffidarne e criticarle. Tanto più – scrive Orsini su La Stampa-quando arrivano al termine di iter lunghissimi, nel corso dei quali sono state montate, smontate e rimontate più volte fra il primo e il terzo grado di giudizio. Nel caso specifico della strage di Bologna, per altro, non mancano studiosi autorevoli e disinteressati che hanno espresso dubbi fondati sulle ricostruzioni di parte giudiziaria. Dubbi tanto maggiori quanto più quelle ricostruzioni sono, per così dire, salite di livello, passando dagli autori materiali ai loro mandanti.”
Nel corsivo, Orsina parla dei principali protagonisti giudiziari di Bologna: “In un libro uscito di recente in spagnolo e inglese ma non ancora in italiano, uno storico attento come Juan Avilés ha ritenuto provate le responsabilità di Fioravanti, Mambro e Ciavardini ,ma molto meno chiare quelle di Licio Gelli. In un documentatissimo volume del 2016-continua l’articolo- Vladimiro Satta è giunto a una conclusione sconfortata. L’esame dei procedimenti giudiziari contro Fioravanti, Mambro e Ciavardini nonché di quelli per depistaggio delle indagini mostra che la dichiarazione di colpevolezza dei tre neofascisti non è campata in aria come vorrebbero gli innocentisti ma, purtroppo, non è neppure molto convincente. Bolognesi non si è limitato a interpretare la storia, però. L’ha pure brandita come una clava per darla in testa a tutta la destra italiana degli ultimi trent’anni: da Berlusconi, corresponsabile della bomba del 2 agosto 1980 in quanto piduista, fino a Meloni, rea di voler introdurre una riforma della magistratura simile a quella sostenuta dal piano di rinascita democratica di Gelli. La clava è la consueta lettura antifascista radicale della vicenda repubblicana. Intollerante, perché chi la sostiene ritiene di essere moralmente prima ancora che politicamente nel giusto e che la propria idea di costituzione e democrazia sia l’unica possibile. Scopertamente politica, infine, poiché fissa il principio che la Repubblica possa essere legittimamente governata soltanto da sinistra, e che le destre siano quindi illegittime a prescindere“.
Nell’ultima parte del suo editoriale, Orsina cita indirettamente Pasolini, parlando dell’antifascismo odierno, e dà ragione a Giorgia Meloni, per la risposta a Bolognesi che aveva accusato l’attuale governo di poggiarsi sulle radici dello stragismo: “Col suo estremismo, la sua faziosità-si legge-, e non di rado col suo spregio del buon senso e della verità storica, l’antifascismo radicale è stato ed è il peggior nemico dell’antifascismo quale strumento di ampia convergenza sui valori fondanti della Repubblica. Poiché esso ha avuto un’influenza notevole anche sulla magistratura, per altro, bisognerebbe pure chiedersi quanto le sentenze sulle stragi, sui depistaggi, sui tentativi di colpo di Stato ne siano state condizionate, e quanto i dubbi su quelle sentenze nascano proprio dal vederle attraversate da linee ideologiche così evidenti’.
Di fronte a un intervento scomposto come quello di Bolognesi, infatti, in quale altro modo avrebbe mai potuto replicare la Presidente del Consiglio?”, la chiosa di Orsina.
“Parlare di legami tra l’eversione nera e questo governo è come dire che nel Pd ci sono ancora gli emuli delle Br”. Parola di Gianni Oliva, storico di sinistra, un passato giovanile da extraparlamentare, che dalle colonne del Giornale smonta le pesanti accuse del presidente dell’Associazione vittime della strage di Bologna, Bolognesi, sui legami tra governo di destra e l’attentato che il 2 agosto del 1980 uccisero 84 persone.
‘Stiamo parlando di episodi di 50 anni fa. Giorgia Meloni era appena una bambina. È inutile fare riferimenti a cose di questo genere, cioè immaginare aspetti e simpatie per il terrorismo. Se qualcuno ha questo dubbio, faccia nomi e cognomi’, le parole sono pietre, fa capire Oliva mettendo in guardia dal clima di scontro ideologico alimentato dalle opposizioni. “Io penso che la sinistra ha fatto i conti con il terrorismo rosso. Non da subito, perché c’è stata una parte di sinistra che parlava di “compagni che sbagliano. La destra mi sembra che i conti con quel passato li ha fatti meno, non vuol dire che non li ha fatti. Vuol dire che li ha fatti in modo più superficiale”.
Oliva non ha certo simpatie per la destra, negli anni di piombo faceva parte degli extra-parlamentari di sinistra di Torino. “Finché non hanno ammazzato il vicedirettore della Stampa Roberto Casalegno. Che noi conoscevamo bene, eravamo andati a casa sua. Per noi – spiega al Giornale – era un conservatore perché sosteneva che il terrorismo nasceva anche a sinistra, non erano “fascisti travestiti” come si diceva allora. Ma sparargli era tutt’altra cosa”. Il passato che non passa. Dal corto circuito, conclude Oliva, si esce solo facendo studiare agli studenti la Storia contemporanea. “Bisognerebbe che nel triennio delle scuole superiori si iniziasse dalla Rivoluzione francese per poter arrivare al presente. Altrimenti continuiamo ad avere studenti che sanno chi è Annibale ma non hanno mai sentito parlare né di Piazza Fontana né di Aldo Moro. Mi piange il cuore per quello che resta fuori, ma se vogliamo essere cittadini coscienti del presente dobbiamo conoscere il passato prossimo”.
Roberto Della Rocca Presidente di Aiviter (Associazione Italiana Vittime del Terrorismo) ricorda e commemora gli 85 morti e le centinaia di feriti di Bologna del 2 agosto 1980 , “la più feroce strage terroristica italiana di matrice fascista”.
‘Sono tuttavia costretto a prendere le distanze dalle posizioni espresse dal palco della stazione di Bologna da Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione 2 agosto di Bologna, in particolare nel seguente passaggio: ‘Le radici di quell’attentato affondano nella storia del postfascismo italiano, in quelle organizzazioni nate dal Msi negli anni cinquanta: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale che oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo’.
Aiviter dà atto al Governo e al Parlamento “dell’impegno concreto per giungere alla rapida approvazione del sempre più necessario aggiornamento legge di attuazione della legge 206:2024, a vent’anni dal suo illuminato varo, e delle rassicuranti parole in tal senso espresse dal Ministro dell’Interno Piantedosi nel primo incontro al Comune di Bologna con i familiari. Si tratta comunque di un governo legittimamente e democraticamente eletto dal popolo italiano, la cui guida e non solo ha poi volte marcata una di per sè evidente discontinuità con presunti antecedenti politici. Nè è accettabile in alcun modo quanto affermato secondo cui ‘la radice post fascista della strage di Bologna presente nell’ attuale governo’. Aiviter concorda, poi, con la premier Giorgia Meloni circa “l’invito di ristabilire il confronto politico all’interno di una cornice di normale e civile dialettica in quella che, grazie ai sacrifici di tanti, è ormai una democrazia solida e matura”.