Il ‘Nuovo Msi’ si riprende la ‘Fiamma Tricolore’

La battaglia per lo storico simbolo del ‘Movimento Sociale Italiano’ è giunta alla svolta con la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che, dopo un decennio di carte e avvocati, ha attribuito l’uso della Fiamma Tricolore al Nuovo M.S.I. di Maria Antonietta Cannizzaro che ora dichiara guerra a chi la sta usando. Ricordiamo che la ‘Fondazione Alleanza Nazionale’, avverso la sentenza n. 1660 emessa il 28 aprile 2008 dal Tribunale di Firenze avente ad oggetto i diritti della personalità per riformare la sentenza impugnata ed agli effetti, respingere le domande di An perché S infondate in fatto e diritto. Alleanza Nazionale (associazione e fondazione) vede respinto l’appello avverso. Con ricorso l’associazione Alleanza Nazionale chiedeva al Tribunale di Firenze di inibire all’associazione ‘Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale – Nuovo Msi’, l’uso della denominazione ‘Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale – Nuovo Msi’ della sigla ‘Msi’ e dell’emblema costituito dalla fiamma tricolore su base trapezoidale, di cui rivendicava la titolarità esclusiva. Il giudice designato accoglieva il ricorso nei confronti dell’associazione, mentre lo respingeva nei confronti delle persone fisiche. L’ordinanza veniva confermata il 4 luglio 2006 in sede di reclamo al collegio. Con atto di citazione notificato il 17 maggio 2006, An introduceva quindi il giudizio di merito, chiedendo l’accertamento dei propri diritti assoluti sulla denominazione e sul simbolo in oggetto, con pubblicazione a mezzo stampa della emananda sentenza e condanna delle controparti al risarcimento dei danni. L’associazione ‘NMSI’ si costituiva in giudizio contestando la fondatezza delle avverse domande. Avverso la decisione i soccombenti interponevano appello, dolendosi in estrema sintesi di quanto che An aveva abbandonato le sue origini, rinunciando di fatto ad ogni continuazione politica con la formazione del Msi. Al contempo, interveniva volontariamente in giudizio la ‘Fondazione Alleanza Nazionale’ costituita con atto notarile del 18 novembre 2011, proponendosi come successore a titolo particolare. La similitudine tra i simboli di due aggregazioni politiche non configura necessariamente un’illegittima interferenza, laddove siano introdotti adeguati elementi di distinzione atti a salvaguardare l’identità personale. La comparazione tra i segni, infatti, non deve essere analitica, ovvero riferita ad ogni singola componente distintiva, ma sintetica e globale tenuto conto di tutti gli elementi costitutivi. L’associazione An, nel frattempo posta in liquidazione, si costituiva in giudizio contestando l’ammissibilità e comunque la fondatezza dell’appello sotto ogni profilo di fatto e di diritto. Passando al merito, va subito rilevato che il nostro ordinamento non riserva ai segni distintivi politici un’apposita disciplina, se non preoccupandosi della confondibilità degli emblemi in occasione delle competizioni elettorali, sicché gli ambiti concettuali della tutela vanno ricavati dai principi generali vigenti in materia di identità personale. La lacuna del resto non sorprende, in quanto coinvolge l’intero assetto del sistema partitico, non essendo mai stata varata una normativa volta a regolamentare lo status giuridico o il funzionamento dei partiti, che rientrano puramente e semplicemente nel novero delle associazioni non riconosciute. La tendenza analizzata non innalza la sfera materialistica del commercio a quella ideale della politica, quanto piuttosto abbassa la sfera ideale della politica a quella materialistica del commercio. Si vuol dire che la protezione tipica del marchio può trovare spazio naturale laddove la politica entri legittimamente nel commercio a fini di autofinanziamento coi gadgets, coi social network o quant’altro, ma non laddove il commercio provi ad entrare in politica, contaminando con ragioni di tutela negoziali simboli che nascono come espressione di pura idealità. Da questo punto di vista, il diritto all’identità personale si pone addirittura in antitesi con la logica dello scambio economico perchè mentre il marchio è infatti un valore cedibile, l’identità personale è incedibile e irrinunciabile, nella misura in cui si lega ad un patrimonio morale unico e caratteristico del soggetto, seppur affiliato ad una corrente ideologica storicamente riconoscibile. Il ‘NMSI’ non si è messo a vendere prodotti o servizi di An o della Fondazione, protetti da un segno distintivo d’impresa, ma si è limitato similmente a riprendere l’ispirazione politica abbandonata dalle controparti, come storicamente propugnata dal vecchio Movimento Sociale Italiano, così rinsaldando il ponte ideologico smantellato dalla trasformazione politica di An verso la convergenza col Popolo delle Libertà. Anche l’impiego della fiamma tricolore ha seguito lo stesso tragitto giustificativo, trattandosi del simbolo concepito nel dopoguerra, dopo la messa al bando delle insegne fasciste, per ricollegarsi alle tradizioni della destra autoritaria e nazionalistica italiana che aveva un tempo abbracciato quel regime. Così come la falce e martello simboleggiano la tradizione comunista internazionale, la fiamma tricolore simboleggia un patrimonio ideologico ben radicato nella storia politica italiana, che a ben vedere sovrasta l’occasionale utilizzatore e vive di vita propria, denotando un coacervo omogeneo e storicamente riconoscibile di propensioni politiche. In definitiva la Corte d’Appello di Firenze definitivamente pronunciando nella causa in oggetto ogni altra domanda, eccezione o deduzione disattesa, in riforma della sentenza n. 1660 emessa il 28 aprile 2008 dal Tribunale di Firenze, respinge tutte le domande proposte dall’Associazione Alleanza Nazionale e dalla Fondazione Alleanza Nazionale e le condanna in solido al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio, oltre accessori a favore del Corpo Politico Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale – Nuovo M.S.I.

Cocis

 

 

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