Il nodo province agita la maggioranza di centrodestra in Sicilia. Prima fra tutti la visione di FdI a livello nazionale è diversa. Meloni, infatti, ha dato un chiaro mandato per giungere a questo tema solo nel 2026 puntando ad un grande election day nel 2027 nel quale ci sia dentro tutto, ma in Sicilia aspettare tanto non è possibile sia per le pressioni dei partiti territoriali sia perché l’elezione di secondo livello, non più rinviabile spaccherebbe la coalizione.
Arriva a questo punto un doppio emendamento alla legge sull’emergenza per una deroga nazionale alla Delrio che permetta alla Sicilia di andare avanti senza aspettare Roma: “La Lega si è fatta carico di presentare alla Camera, in commissione Bilancio e in commissione Ambiente, l’emendamento al Decreto Emergenze che consente l’elezione diretta per le province nella Regione Siciliana.
“L’emendamento fa perno sull’esigenza di affrontare le tante emergenze della regione, non ultima quella legata alla siccità, con una governance più efficace nelle Province dell’isola. È chiaro comunque che l’elezione diretta dei presidenti e dei consigli provinciali determinerà una maggiore e più diretta responsabilità nella gestione di tanti servizi, a partire dalle competenze su scuola, mobilità, ambiente e programmazione territoriale. Con l’approvazione di questa norma in sede di conversione del decreto legge 208 del 2024, prevista entro il mese di febbraio, la Sicilia avrà la copertura normativa nazionale per potere superare i vincoli della legge Delrio”.
“Si è facili profeti nel dire che l’emendamento presentato all’Ars sull’elezione diretta del presidente della Provincia per cui i leghisti siciliani festeggiano è destinato a fare la stessa fine della riforma Calderoli sull’autonomia differenziata” sostiene Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera: “Come la legge Calderoli è stata polverizzata dalla Corte costituzionale, lo stesso destino attende il formidabile emendamento dei leghisti del Sud al Dl per il contrasto alla siccità. Per prima cosa non c’è alcun rapporto tra la materia del decreto legge e l’emendamento che mira a combattere la siccità attraverso l’elezione diretta del presidente della provincia. È lecito nutrire qualche dubbio sul fatto che l’elezione diretta del presidente della provincia possa arrestare immediatamente il cambiamento climatico, far funzionare i dissalatori e far sparire per miracolo le falle delle condotte idriche. Inoltre, l’emendamento proposto si pone in manifesta violazione dell’articolo. 117 della Costituzione. A meno che non si pretenda che la Sicilia sia l’unico territorio che si sottrae alle disposizioni generali dell’ordinamento degli enti locali, il tentativo è del tutto irragionevole”.
Il deputato Davide Faraone confonde l’Assemblea regionale Siciliana con la Camera dei Deputati, a proposito dell’emendamento per consentire alla Sicilia di tornare all’elezione diretta per le province e le città metropolitane.
Il governatore Renato Schifani, a margine della visita a Militello Val di Catania del Presidente della repubblica Sergio Mattarella, era tornato a ribadire l’esigenza di tornare all’elezione a suffragio universale per gli organi intermedi in modo da dare respiro all’amministrazione delle aree interne. Un ritorno alle province che è nel programma del governo Schifani. Una riforma che si è già provato ad approvare andando sotto nel 2023. Negli ultimi mesi del 2024, invece, si erano nuovamente stoppate le elezioni di secondo livello stabilendo un nuovo percorso di riforma per arrivare proprio all’elezione diretta.
Da Roma, però, come detto, è arrivata una disposizione precisa proveniente dell’entourage della Meloni: per le province si vota nel 2026. Schifani si è già espresso per il voto diretto e tutti i partiti della maggioranza sono d’accordo. Far passare il diktat di FdI rappresenterebbe un problema e rischierebbe di creare una spaccatura insanabile soprattutto con gli autonomisti che da un lato hanno bisogno di essere presenti nel territorio, dall’altro devono dare spazio e mettere alla prova anche l’alleanza a tre con Lagalla e Miccichè. Sul punto Lombardo non intende cedere. Per loro la rappresentanza nel territori è elemento fondamentale e dopo aver perso il sottogoverno in sanità non si può prescindere dalla consultazione per le province a suffragio universale. Se passasse il “no” di Fratelli d’Italia Lombardo si sentirebbe libero dagli impegni assunti e dunque potrebbe chiudere accordi diversi in varie province a cominciare da Siracusa dove in ballo c’è la candidatura del capo di gabinetto del sindaco Francesco Italia in una alleanza locale che guarda al centro sinistra. Situazione simile si creerebbe anche a Caltanissetta. Una vicenda che creerebbe i presupposto per un frattura nel centrodestra.
Ne è fortemente convinto il segretario nazionale della Dc Totò Cuffaro che lancia dagli studi di BlogSicilia l’allarme agli alleati e chiede, indirettamente, a FdI di ripensare alla propria posizione: “Da molti anni nove milioni di elettori non si riconoscono in nessuno dei partiti. Alcuni votano ciò che di più vicino alle loro idee trovano ma tanti non vanno alle rune. La nostra idea è quella di essere una novità, nel senso di riportare un simbolo che possa essere riconosciuto anche da queste 9 milioni di persone che nel passato probabilmente hanno già votato Democrazia Cristiana. Lo vogliamo fare insieme a quelle che hanno a cuore la storia, la cultura e la vita politica dei popolari. Prendiamo di buon auspicio questa novità che i moderati sono stati accolti dentro il Partito popolare e io al congresso dei moderati ho proposto di fare un movimento nuovo un partito nuovo che di stampo democristiano di stampo popolare un partito popolare d’Europa dove si dia speranza e possibilità a questi tanti e sono tanti 9 milioni di elettori che sperano di potersi riconoscere in qualcosa di ritrovarsi a casa e di ritrovare non soltanto la possibilità di votare una scelta moderata ma anche una scelta di valori, una scelta ideale, una scelta culturalmente attrezzata. Quello su cui stiamo lavorando”.
“In Sicilia c’è un governo di centrodestra, vogliamo definirlo, ma con una spiccata propensione al centro, con Forza Italia, la Democrazia Cristiana, lo stesso Movimento per L’autonomia di Raffaele Lombardo. La Lega, seppur è un movimento più spostato a destra in Italia, in Sicilia ha forte concentramento centrista perché questi sono i leghisti di Sicilia. C’è una guida forte che è quella di Renato Schifani che dentro Forza Italia deve avere la bontà certa se possiamo dire così. E c’è una ciotola degli alleati io parlo della Democrazia cristiana che sono le ali al Governo di centro destra di Renato Schifani. Quelli che sono gli equilibri all’interno della maggioranza lui li tiene orientati a quelli che sono stati i risultati elettorale delle elezioni regionali è un riferimento per dire qualsiasi operazione di transumanza che tutti i partiti stanno avendo non verranno tenuti in considerazione in rapporto all’equilibrio di governo. E lo dice sapendo che tutto questo comincia a star stretta Forza Italia perché tra tutte il partito che ha preso che ha preso più deputati è una giusta scelta che noi rispettiamo. La vicenda Romano Roberto sta dentro tutto la competizione elettorale lombardo e romano hanno fatto un pezzo di cammino insieme per le elezioni regionali e posso dire che senza la presenza di Romano probabilmente Lombardo non avrebbe fatto il 5% Avevano degli accordi che evidentemente non hanno non sono rispettate nel senso che la richiesta di Romano era il nostro contributo che voleva essere che è stato propositivo andarmi elettorale che voleva essere riconosciuto non viene riconosciuto e questo è il tema vero che oggi che oggi si pone quando il Presidente la Regione riterrà di voler rivedere nel suo Governo ma non negli equilibri di rappresentanza come ha più volte detto. Ragioneremo insieme chi meglio potrà rappresentare gli interessi della Sicilia dei siciliani”.
“Noi siamo in assoluto il partito più ostinato nel volere l’elezione diretta, il rinnovo, il ripristino delle province e il rinnovo delle province con elezione diretta. L’abbiamo detto in tutte le salse. Il nostro presidente di Commissione si è fatto più volte portavoce protagonista dell’approvazione del disegno di legge. C’è una frenata che viene da Fratelli d’Italia sul voto che noi vorremmo”.
C’è un dato, prima ancora del risultato che è quello politico. Ridare un Governo al territorio rappresentato dal voto dall’elettorato come credo che sia il principe della democrazia e questo va tenuto conto basta andare in giro per le Province per vedere che cosa sono diventate le nostre strade che cosa c’è che cos’è il pattume che viene generato dappertutto non c’è sorveglianza non c’è non ci sono quelle che hanno interesse a raccogliere queste testimonianze noi vogliamo il ripristino delle Province e il voto diretto”.