‘Il mondo non mi deve nulla’, alla Sala Umberto di Roma

Il cuore di Rimini pulsa tranquillo in attesa dell’arrivo chiassoso dei turisti. Adelmo, un ladro stanco e sfortunato, nota una finestra aperta sulla facciata di una palazzina ricca e discreta. La tentazione è irresistibile e conduce l’uomo a trovarsi faccia a faccia con Lise, la stravagante padrona di casa, una croupier tedesca in pensione. Nessuno dei due corrisponde al ruolo che dovrebbe ricoprire e, in una spirale di equivoci, eccessi e ironia, si sviluppa un rapporto strano, bizzarro ma allo stesso tempo complesso e intenso sul piano dei sentimenti. Adelmo cerca di arginare la precarietà che lo sta allontanando da un’esistenza normale; Lise, invece, è convinta di non avere più crediti da riscuotere dal mondo intero e sogna che Rimini si stacchi dalla terra e vada alla deriva per l’eternità. Due personaggi infinitamente lontani, nulla li accomuna, eppure entrambi cercano il modo di essere compresi e amati dall’altro.  Dopo Oscura immensità, ‘Il mondo non mi deve nulla’ è la nuova pièce teatrale di Massimo Carlotto, prodotta da Teatro e Società e Accademia Perduta/Romagna Teatri, interpretata da Pamela Villoresi e Claudio Casadio, con la regia di Francesco Zecca, in scena alla Sala Umberto di Roma dal giorno 1, fino al 10 aprile prossimi. Un testo intenso, una commedia ironica e amara a ritmo di mambo; una riflessione sul senso che diamo alle nostre vite, sul peso del caso e della nemesi, sulla libertà di scelta delle nostre coscienze. Pamela Villoresi scava in un personaggio che la vita ha indurito facendolo vibrare straordinariamente di una fragilità e ironia commoventi. Guardandola ci si incanta nel suo continuo svelare di Lise la sensibilità, l’indulgenza e l’amarezza amabilmente celate sotto un forte velo rosso di testardaggine, inclemenza e durezza. Pamela porta in scena perfettamente le due facce di Lise e la muove sul precipizio del vuoto come un ventriloquo fa con la sua bambola. La guida, la copre, la svela, la zittisce ed infine la sacrifica. Claudio Casadio indaga con grande sensibilità un’anima intrappolata in una vita disperata, regalandogli poesia e una purezza incantatrice, che rende il suo personaggio struggente. Restituisce al personaggio di Adelmo tutta la sua veracità, la forza ed il non arrendersi tipico di chi è attaccato alla vita con i denti perché dalla vita ha avuto ancora troppo poco per mollare gli ormeggi. L’Adelmo di Claudio è più vitale e popolano che mai e di un popolo lavoratore e sacrificato porta in scena il riscatto con il buon senso che a volte viene meno ai più acuti filosofi. È un testo ideale per un regista che voglia dare una sua personalissima interpretazione. Di questa battaglia senza vincitori né vinti, senza eroi, di questo testo in cui da un lato c’è chi sceglie che il mondo non gli deve più nulla e dall’altro chi va a prendersi ciò che ancora il mondo gli deve.

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