Il M5s ligure si riunisce il 30 novembre in vista delle nuove votazioni

C’è un quartiere di Genova segnato da disoccupazione, immigrazione e solitudine, oltre che edilizia pubblica in stato di abbandono, con i primi palazzi che sorsero verso la fine degli anni sessanta; poi, col passare degli anni il quartiere si è ampliato verso le alture di Prà. Una rete disordinata di strade che portano da nessuna parte, giri e ti ritrovi nuovamente nello stesso posto. Non si riesce a trovare un supermercato, un’insegna che lo indichi. Poi scopri che esistono dei centri ricreativi, se li vogliamo chiamare così. Il nome del quartiere è Centro edilizia popolare, ma per brevità di tutti è il Cep.

Il Cep è un quartiere appoggiato alla collina di Genova, costruito in fretta durante la fine del boom economico italiano, in concomitanza col grande incremento demografico del capoluogo, dovuto alla forte immigrazione dalle regioni meridionali, che spinse il comune a costruire nuovi spazi abitativi sulle colline. Spazi che prima della cementificazione erano ad uso agricolo.

Ora quei palazzoni, in gran parte di proprietà del comune, sono abitati da persone che hanno perso il lavoro, italiani e forestieri. Giù sotto c’è la città di Genova, che ha perso oltre 7mila occupati negli anni peggiori della crisi, leggi Ilva, Piaggio, Ericsson o se preferisci Fincantieri e ancora Carige, e già conta tra i futuri poveri quasi 40mila giovani tra i 15 e i 25 anni che non studiano e non lavorano. Gli altri giovani hanno lasciato la città. I numeri dicono che questi superano l’immigrazione straniera in arrivo.

Il Cep, inizialmente abitato soprattutto da meridionali, ora è popolato da immigrati di quasi tutte le etnie che formano un potenziale mix esplosivo. Centro edilizia popolare o come dice un vecchio abitante “Centro elementi pericolosi”, per indicare un quartiere che conosce il disagio e che è abitato da oltre seimila persone.

E’ proprio dal Cep di Genova che è partita in qualche modo la storia del M5s di Beppe Grillo, che nella “Notte grigio topo” organizzata a fine estate 2008 dal circolo Pianacci parlò per la prima volta in pubblico del progetto di liste elettorali a cinque stelle per fare del suo blog un movimento.

Dopo il ‘grillicidio politico’ con cui Giuseppe Conte domenica scorsa ha sfilato una volta per tutte il M5s a Grillo, e la relativa controffensiva legale dello stesso fondatore e (fu) garante, che prima o poi torna la discussione sull’ennesima torsione della storia del Movimento. Dibattito aperto, per definizione, alle mille anime della stessa complicata comunità politica ligure: ex grillini della prima ora, figure vicine al M5s che fu, neo contiani più o meno ortodossi. Un’anteprima ideale del confronto che il Movimento ligure ha già fissato con l’assemblea regionale di sabato prossimo, a Genova.

Dal Cep dove tutto iniziò, a «misurare la temperatura» del Movimento rigorosamente «dall’esterno» è Carlo Besana, punto di riferimento del Pianacci, nome noto della società civile genovese, mai stato iscritto al M5s ma da sempre considerato “di area” e soprattutto primo organizzatore dell’evento che nel 2008 diede il via alla storia grillina. «Lo stesso Grillo non immaginava la portata della bomba che gli stava per esplodere nelle mani: è inevitabile sia finita così», commenta la guerra in corso tra Conte e il fondatore, che lunedì ha annullato il voto della Costituente romana che nel fine settimana aveva certificato il mutamento di pelle definitivo del M5s, addirittura con l’eliminazione della figura del garante, ovvero lo stesso Grillo.

«Del resto, – continua Besana – i movimenti quando entrano nella stanza dei bottoni diventano altro. Senza Grillo non sarebbero nessuno, ma al di là degli errori che tutti possono commettere, non hanno dato prova né di gratitudine, né di un briciolo di rispetto per quello che uno che ha qualche ideale può solo sognare di riuscire a fare».

Ma se parlava di «ingratitudine» anche Flavio Gaggero, lo storico amico dentista di Grillo, altra figura «quasi mitologica» del mondo grillino, a interpretare le mosse dei due leader contro è anche un freschissimo ex come Sergio Battelli, parlamentare della “colonna savonese” del primo M5s, per anni tesoriere cinque stelle prima della fuoriuscita al seguito di Luigi Di Maio: «Conte ha trasformato il M5s in una convention aziendale, e senza magia politica ci credo che nessuno ti vota più – è la sua analisi – Grillo sta solo cercando di lasciarlo senza simbolo, non ha la minima intenzione di fare rilanci o scissioni, ma ultimamente le ha sbagliate tutte: è stato un errore fare la battaglia legale, serviva una comunicazione chiara sulla propria linea politica, quella del Movimento delle origini».

In attesa del ritorno al voto degli iscritti sui quesiti formalizzati dal congresso di Roma dello scorso weekend, poi annullati da Grillo a distanza di poche ore, il 5 dicembre prossimo, un certo imbarazzo sul momento agitato del M5s emerge anche dal gruppo dirigente dei Cinque Stelle locali. Tra i referenti territoriali, il deputato Roberto Traversi parla di «passaggio doloroso», il neo consigliere regionale Stefano Giordano di «passaggio epocale».

L’assemblea regionale del Movimento ligure di sabato al si preannuncia già tesa. Sul tavolo ci saranno i riflessi del “mutamento di pelle” del partito nazionale, ma anche l’eco delle (discusse) scelte fatte sul territorio negli ultimi mesi. «In molti attendiamo un’assunzione di responsabilità da parte dei coordinatori locali, la Costituente non cancella il 4,5 per cento delle Regionali, frutto di una pessima gestione dei vertici: – punge Manuel Meles, già candidato sindaco a Savona, tra i militanti più critici sul nuovo corso – devono presentarsi dimissionari perché hanno fallito nel percorso e il risultato elettorale lo dimostra».

A parte la richiesta di Grillo di rivotare però ci sono ancora molte cose poco chiare sulle conseguenze di queste decisioni, anche per gli stessi dirigenti del M5S: non si sa in che modo queste proposte di cambiamento verranno effettivamente recepite dal Movimento, chi si occuperà di integrare, correggere o riscrivere alcune parti dei regolamenti interni e soprattutto in che modo le indicazioni sul programma e sulle alleanze politiche verranno attuate.

Resta poi ancora da capire in che modo, e con quali tempi, le modifiche allo Statuto, al Codice etico e ai regolamenti interni del M5S verranno effettivamente recepite. C’è bisogno di riscrivere alcune parti di questi documenti: su alcuni quesiti il voto sembra aver dato indicazioni precise sulle modifiche da fare, mentre su altre ci sarà bisogno di un lavoro più complesso. Gli iscritti hanno per esempio votato per «introdurre come requisito per la candidatura a presidente l’assenza di iscrizioni ad altri partiti politici nei dieci anni precedenti», e in questo caso è facile immaginare come il quesito possa trasformarsi automaticamente in una nuova norma. Ma hanno anche votato per «garantire pluralità e trasparenza nelle candidature al ruolo di presidente»: in questo caso ovviamente i modi per garantire queste “pluralità” e “trasparenza” possono essere diversi e andranno definiti.

Lo stesso vale per il “garante”: se la figura verrà abolita con la seconda votazione, come chiedono gli iscritti, bisognerà interrogarsi su come redistribuire i suoi compiti ad altri organismi interni e se eventualmente riequilibrare un po’ le funzioni di questi organismi.

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