Il jeans ‘pulito’ del futuro rinasce ad Amsterdam. Ogni anno nel mondo si produce una media di oltre 1,2 miliardi di paia di jeans, per lo più in Paesi poveri e a bassissimo costo di manodopera, e per farlo si consumano annualmente 70 miliardi di litri di acqua, senza contare la diffusione nell’ambiente di sostanze inquinanti. Intere aree specializzate, come quella de Xintang, nel sud-ovest della Cina, hanno raggiunto livelli di inquinamento insostenibili. Alcune industrie del denim sono corse ai ripari e da diversi anni hanno adottato tecniche per il fissaggio dell’indaco sulla tela a secco – per esempio con l’anidride carbonica invece che con l’acqua – o per l’usura e lo scolorimento del tessuto (stonewash). Lontanissimo dai miasmi del Fiume delle Perle cinese, ad Amsterdam, una piccola azienda si sta proponendo come centro propulsivo di una rivoluzione globale: è la House of Denim, fondata alcuni anni fa da Mariette Hoitink e James Veenhoff con l’idea di creare un centro per la ricerca e l’innovazione e la promozione di un’industria jeans dallo sviluppo compatibile, tanto dal punto di vista ambientale quanto sociale.
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