Sulla Manovra il governo ha deciso di porre la fiducia alla Camera. Lo ha annunciato all’Assemblea di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. La fiducia viene posta sul testo della commissione. La conferenza dei capigruppo ha deciso che la votazione sul voto di fiducia ha avuto inizio venerdì alle 20:30 nell’Aula della Camera. In base a quanto stabilito, le dichiarazioni di voto hanno avuto inizio a partire dalle 19.

Sulla Manovra l’ultimo scontro si consuma sull’ emendamento da mezzo miliardo per i Comuni che viene stralciato per mancanza di coperture tra le proteste delle opposizioni. A far discutere anche il bonus per i diciottenni. Norma bandiera del governo Renzi e rivista e corretta dal ministro Gennaro Sangiuliano ma sulla quale la Ragioneria chiede una puntualizzazione necessaria a specificare il destino dei nati nel 2004 che riceveranno il bonus nel 2023 e dunque con l’attuale normativa. Ma Giorgia Meloni è ottimista. La Manovra si può sempre migliorare ma non c’è stata “alcuna catastrofe” come si aspettavano i gufi. E quello che manca all’Italia è proprio “l’ottimismo”, quella “fiducia nelle istituzioni” che, negli obiettivi del governo, sarà recuperata nei prossimi 5 anni dice il presidente del Consiglio. Che assicura “con il sangue” che l’Italia non prenderà mai il Mes. A prescindere dalla riforma. Certo l’Italia al momento, ricorda lei stessa nel salotto di Bruno Vespa per la sua prima apparizione televisiva, resta l’unico Paese della zona euro a non avere ratificato la riforma del meccanismo di stabilità e c’è la questione che la mancata ratifica “blocca gli altri”. Ma, taglia corto, “non è un grande tema, ne discuterà il Parlamento”. Quello che conta è che il Mes finora nessuno lo ha mai preso perché ha “condizionalità troppo stringenti” ed è “un credito privilegiato, il primo da restituire”. Quello che sarebbe da fare, quindi, sarebbe capire se si può trasformare “in uno strumento utile” anziché “un cappio”. Questione sulla quale si dice pronta a parlare con il direttore del Mes, anche se oramai in apparenza si sarebbe fuori tempo massimo.

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I rapporti con l’Europa, “con tutti”, sono comunque “buoni”. Certo, con la Francia ci sono “frizioni” sulla gestione dei migranti. Ma non ci sono problemi con Macron, ripete respingendo i dubbi che sono circolati di una sua assenza ‘tattica’ dal vertice di Alicante proprio per evitare di incontrare il presidente francese. “Mica siamo alle elementari”, dice con veemenza, mantenendo ferma, però, la posizione dell’Italia. La questione dei migranti non si risolve con la “redistribuzione”, attraverso la quale comunque “il 70%” di chi sbarca sulle coste italiane “resta da noi”, ma “fermando le partenze”.

Anche sul Pos con Bruxelles non ci sono stati attriti. Cancellare la norma sul Pos inserita – e rivendicata – in Manovra è stato necessario perché si trattava di un obiettivo del Pnrr stabilito “dal precedente governo”. E anche per la Commissione, racconta Meloni, il problema “non era tanto nel merito” quanto nel non dare l’impressione di un “liberi tutti”. Non poteva passare insomma il principio “prendo la prima rata e poi cambio la norma”. La retromarcia, insomma, era inevitabile ma “non rinuncio a occuparmi della materia, è una questione di giustizia”. Sul Pos ecco allora la “moral suasion” per convincere le banche ad abbassare le commissioni.