Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il ddl quadro Calderoli sull’autonomia differenziata, accogliendo il voto con un applauso. «Con il disegno di legge quadro sull’autonomia puntiamo a costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa», ha commentato il premier, Giorgia Meloni. «Il governo – ha aggiunto – avvia un percorso per superare i divari che oggi esistono tra i territori e garantire a tutti i cittadini, e in ogni parte d’Italia, gli stessi diritti e lo stesso livello di servizi».
Meloni quindi ha chiarito che «la fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (i Lep, ndr), in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse per dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi».
Di «un’altra promessa mantenuta» ha poi parlato il vicepremier, Matteo Salvini, nelle chat dei parlamentari leghisti. «Efficienza, merito, innovazione, lavoro, più diritti per tutti i cittadini in tutta Italia, meno scuse per i politici ladri o incapaci. Autonomia approvata in Consiglio dei ministri, altra promessa mantenuta», ha scritto, mentre Silvio Berlusconi ha sottolineato su Instagram che «con l’approvazione del testo sull’Autonomia in Consiglio dei ministri, questo governo passa dalle parole ai fatti».
Il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, ha parlato di giorno storico, pronosticando che «alla fine del 2023 dovremmo avere in porto l’approvazione della legge» sull’autonomia differenziata, dei Lpe e «dei costi dei fabbisogni standard». «Mi auguro – ha aggiunto Calderoli – che all’inizio del 2024 inizieremo a considerare l’aspetto delle richieste e delle intese con le Regioni». «Voglio citare le parole che ha detto il presidente Meloni lunedì 30 gennaio: “Non ci rassegniamo che ci siano cittadini di serie A e B” e “vogliamo una sola Italia con servizi uguali per tutti. Bene, ho fatto miei i principi enunciati dalla Meloni allora», ha proseguito Calderoli, che ha presentato il provvedimento in una conferenza stampa con i ministri delle Riforme, Elisabetta Casellati, e degli Affari europei, del Sud, delle Politiche di Coesione e del Pnrr, Raffaele Fitto.
Calderoli, quindi, ha ricordato che questi quei principi «sono contenuti nell’articolo uno di questo disegno di legge: unitarietà, uguaglianza e diritti garantiti su tutto il territorio nazionale, superando le diversità». «L’esistenza di cittadini di serie A e B – ha proseguito – è una realtà, in cui la sperequazione non riguarda solo le differenze tra Nord e Sud, ma anche tra diversi territori: un problema che va risolto e che non può essere attribuito all’autonomia differenziata, ma è frutto di una gestione centralista».
Il ddl Calderoli si compone di 10 articoli e specifica che «non divide Paese ma mira a recuperare gap Nord-Sud». La definizione dei Lep è demandata ai Dpcm, che dovranno essere predisposti entro un anno dalla Cabina di regia, composta da tutti i ministri competenti, e deliberati dal Consiglio dei ministri e le Regioni saranno tenute a osservarli. L’individuazione delle risorse necessarie sarà di competenza della conmferenza Stato-Regioni, mentre le Camere potranno presentare pareri sugli atti di indirizzo entro 60 giorni. Ci sarà un fondo di perequazione per tutte le Regioni, le quali potranno attribuire funzioni a Comuni e Province.
«Oggi abbiamo un testo pienamente condiviso, approvato dal Cdm con grande convinzione e consapevolezza», ha sottolineato Fitto, ricordando che «il testo che oggi approviamo era parte integrante del nostro programma elettorale. Noi ci muoviamo nei confini della Costituzione e in Parlamento ci aspettiamo che ci arrivino delle critiche di merito, più che critiche preconcette». «Credo che quella di oggi sia una giornata speciale, finalmente diamo attuazione a una parte della Costituzione con una legge che costruisce un modello compatibile con l’unità nazionale e questo significa uguali servizi in tutte le regioni», ha aggiunto poi Casellati.
Sebbene il ddl valorizzi in maniera significativa sia il ruolo del Parlamento sia quello delle Regioni, l’opposizione ha ugualmente annunciato battaglia. «La bozza Calderoli sull’autonomia differenziata approvata in Consiglio dei ministri – ha sostenuto Stefano Bonaccini – è irricevibile e noi siamo pronti alla mobilitazione perché non è stata condivisa con la Conferenza delle Regioni, cosa clamorosa e incredibile, e perché è un’autonomia differenziata che non tiene conto delle nostre proposte e va nella direzione di spaccare il Paese». Secondo Giuseppe Conte, poi, «non si tratta così l’unità d’Italia, noi non permetteremo che si comprometta la coesione sociale e il senso di una comune appartenenza a un unico destino». «Contrasteremo questo progetto di autonomia soprattutto su sanità e scuola», ha aggiunto.
«Mi spiace ancora una volta, a fronte di un testo che è stato definito nelle ultime ore, vedere già dei toni di rivolta… Pregherei di leggere il testo prima di scatenare contrarietà», ha replicato Calderoli, ricordando che la legge approvata oggi «non era una legge obbligatoria, ma è stata fatta volutamente per determinare il procedimento e un maggior coinvolgimento del Parlamento».
“La fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, in questi anni mai determinati, è una garanzia di coesione e unità. Un provvedimento che declina il principio di sussidiarietà e dà alle Regioni che lo chiederanno una duplice opportunità: gestire direttamente materie e risorse e dare ai cittadini servizi più efficienti e meno costosi” spiega Meloni.
In pratica, con la nuova legge si dà attuazione alla cosiddetta autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Il testo provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” e delle “relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione”.
La novità più rilevante della nuova legge sull’autonomia riguarda la fissazione di livelli essenziali delle prestazioni, i cosiddetti LEP, da parte della Cabina di regia istituita dalla Legge di bilancio 2023. Si tratta di livelli minimi standard che devono essere rispettati nella determinazione di nuove funzioni relative ai diritti civili e sociali e garantiti su tutto il territorio nazionale.
Il principio è chiaro: allo Stato compete la definizione dei criteri cui attenersi nel definire il livello minimo atteso, alla Regione ed agli altri soggetti autonomi – Province, Comuni, scuole ecc. – spetta invece fornire la prestazione specifica per i cittadini. Ovviamente, i livelli essenziali possono essere “alzati” con prestazioni qualitativamente o quantitativamente superiori. La condizione essenziale è che ,a livello nazionale, non ci siano Regioni in cui i LEP non sono raggiunti.
Le materie sulle quali potranno essere raggiunte le intese tra lo Stato e regioni a statuto ordinario per l’attribuzione, alle regioni stesse, di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sono elencate nell’articolo 117 della Costituzione.
Sono soprattutto materie relative alla legislazione concorrente, in cui spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato:
- rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni
- commercio con l’estero
- tutela e sicurezza del lavoro
- istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale professioni
- ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi
- tutela della salute
- alimentazione
- ordinamento sportivo
- protezione civile
- governo del territorio
- porti e aeroporti civili
- grandi reti di trasporto e di navigazione
- ordinamento della comunicazione
- produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
- previdenza complementare e integrativa
- coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
- valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali
- casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale
- enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Nelle intese sarà specificata anche la loro durata, che comunque non potrà superare i 10 anni. L’intesa può essere modificata su iniziativa dello Stato o della regione e può prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la regione possono chiederne la cessazione, che andranno deliberati a maggioranza assoluta delle Camere.
Alla scadenza del termine, l’intesa si rinnoverà automaticamente per lo stesso periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della regione, che andrà però manifestata almeno 1 anno prima della scadenza.
In merito al procedimento di approvazione delle “intese”, è stato stabilito che la richiesta deve essere deliberata dalla regione interessata e trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Quest’ultimo, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia e delle finanze entro 30 giorni, avvia il negoziato con la Regione interessata.
Lo schema d’intesa preliminare tra Stato e regione, corredato di una relazione tecnica, deve essere poi approvato dal Consiglio dei ministri e trasmesso alla Conferenza unificata per un parere da rendere entro 30 giorni. Trascorso questo termine, viene comunque trasmesso alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari, che si esprimono entro 60 giorni.
Il Presidente del Consiglio o il Ministro predispongono lo schema di intesa definitivo, se necessario al termine di un ulteriore negoziato. Lo schema è trasmesso alla regione interessata per l’approvazione. Entro 30 giorni dalla comunicazione dell’approvazione da parte della Regione, lo schema d’intesa definitivo, corredato di una relazione tecnica, è deliberato dal Consiglio dei ministri insieme a un disegno di legge di approvazione da presentare alle Camere. L’intesa è immediatamente sottoscritta dal premier e dal Presidente della Giunta regionale. Per l’approvazione definitiva del disegno di legge, è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
La nuova autonomia prevede anche che l’attribuzione delle risorse corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento sia determinata da una Commissione paritetica Stato-regione, che procederà ogni anno alla valutazione degli oneri finanziari, coerentemente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, garantendo sempre l’equilibrio di bilancio.
Il finanziamento delle funzioni attribuite avverrà attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali a livello regionale. Le funzioni trasferite alla regione potranno essere da questa attribuite a comuni, province e città metropolitane.
Per quanto riguarda il fondo perequativo, non viene toccato, così come anche le altre misure per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale. Il disegno di legge prevede l’unificazione delle diverse fonti aggiuntive o straordinarie di finanziamento statale di conto capitale, la semplificazione e l’uniformazione delle procedure di accesso, di destinazione territoriale, di spesa e di rendicontazione.