‘Il Giornale’ e viaggio tra i musulmani a Roma

Il quotidiano ‘Il Giornale’ ha realizzato un servizio in esclusiva a Tor Pignattara, nel quartiere romano con la più alta concentrazione di moschee e centri culturali islamici. E qui i talebani, per molti degli intervistati, non sono pericolosi. Anzi, sono convinti che la vita a Kabul non cambierà in peggio. “Il burqa? Agli afgani delle campagne piace, a quelli di città un po’ meno”, spiega un uomo a una delle due intervistatrici. “E tu per tua moglie cosa preferisci?”, gli chiede la giornalista. “Burqa”, è la risposta decisa. L’amico accanto a lui gli fa eco: “Burqa. È questione di religione”. Qui però il velo integrale è vietato per ragioni di sicurezza e così bisogna adattarsi: «A Roma va bene anche l’hijab, purché il corpo sia tutto coperto, sennò è proibito».

‘Bastonate per le donne che sbagliano. No, non siamo in Afghanistan, ma in Italia. Sconcertata da questo servizio de “Il Giornale“, girato a Roma, su alcuni musulmani che sostengono le follie dei talebani’, così Giorgia Meloni sui Social commentando un servizio realizzato a Torpignattara, nella comunità islamica romana.

Vivere in Italia – prosegue la leader di Fratelli d’Italia – significa condividere la cultura e il rispetto verso le donne: se questa gente crede di portare la Sharia in casa nostra, farebbe bene a tornare nel proprio paese». Meloni conclude con un tagliente Post scriptum: ‘Le esponenti del femminismo nostrano non hanno nulla da dire nel merito?’.

L’idea che una donna possa desiderare altro neppure li sfiora: “Perché mai mia moglie dovrebbe rifiutare il velo? Lo sa che nell’Islam è così”.  Il servizio riferisce che lungo «il marciapiede dove stazioniamo il viavai di donne velate è incessante. Passano svelte, con lo sguardo (unica parte libera del loro corpo) perennemente basso, senza dare confidenza agli estranei. Nulla o quasi è concesso. «Parlare con gli sconosciuti non è permesso, solo qualche parolina in caso di necessità, e se viene scoperta a fare sesso con un uomo deve essere punita con cento bastonate».

Se sei una donna islamica, non hai diritti neanche in Italia.

È in carcere dal 20 giugno a Marrakech, Ikram Nazih, la 23enne italiana di famiglia marocchina che su Facebook, nel 2019 dalla sua casa di Vimercate, aveva condiviso un post satirico sul Corano. Per questo post, subito cancellato, ma immediatamente segnalato dagli occhiuti fanatici islamici, la giovane è stata arrestata quando ha messo piede in Marocco.

La giovane con doppia nazionalità è stata condannata a tre anni e mezzo di galera e a una multa di quasi 5 mila euro per offesa pubblica all’Islam.

La sentenza è stata pronunciata il 28 giugno scorso dal tribunale di primo grado di Marrakech. A luglio è prevista la sentenza d’appello.

Come riferisce il sito Africa Express, la ragazza è nata in Italia. Per la precisione a Vimercate. Ikram è cresciuta in Brianza, dove i genitori si erano trasferiti all’epoca. Oggi studia giurisprudenza all’università di Marsiglia e a metà giugno si è imbarcata su un volo con destinazione Marocco, Marrakech, dove attualmente risiede il padre. Appena sbarcata a Rabat, è stata fermata dalla polizia di frontiera. Infatti, su di lei pendeva un mandato di arresto dopo una denuncia presentata da un’associazione religiosa di Marrakech.

Solo in un secondo tempo è stata trasferita nella città di residenza del padre. Due anni fa, nel 2019, la giovane avrebbe pubblicato sulla sua pagina Facebook un post in lingua araba un estratto del Corano “Kautar”, ribattezzandolo “versetto del whiskey“.

Ikram infatti aveva condiviso un meme in cui una Sura (capitolo 108) del Corano diventava una parodia: “In verità ti abbiamo dato il whiskey, e bevilo nel nome del tuo Signore, puro non mescolato con la Pepsi”.

Meme blasfemi come ne girano su Gesù e la Madonna. Immaginate se rischiassero una pena simile tutti coloro che scherzano su Gesù e i cristiani. Se però un credente cristiano si offende o semplicemente critica diventa un “bigotto” che non rispetta il diritto di satira.

La 23enne in carcere, che per la legge locale è marocchina in quanto figlia di un marocchino, nega il fatto e afferma che qualcun altro avrebbe condiviso il link sulla sua bacheca. Dunque non è lei l’autrice della parodia. La studentessa non ha, inoltre, una buona padronanza dell’arabo, importanti dettagli che la Corte non ha preso in considerazione.

La comunità islamica chiede la grazia al Re del Marocco

Dall’Italia, si è mossa anche la comunità islamica. Davide Piccardo ha formalmente chiesto la grazia al Re del Marocco.  “E’ tradizione consolidata dei sovrani musulmani – si legge nell’articolo sul sito la Luce – adottare in occasione della grandi festività islamiche provvedimenti di grazia a favore dei detenuti nel loro Paese”.

Lo scorso anno il Re del Marocco fece liberare alcune migliaia di detenuti. Da segnalare che un numero significativo di questi, un anno dopo, è arrivato in Italia ed è passato dalle galere marocchine a quelle nostrane.

Dopo quasi due mesi di carcere è  tornata poi in libertà Ikram Nazih, la studentessa italiana di origini marocchine detenuta a Marrakech per blasfemia. Il giudice d’appello del tribunale della città ha infatti riscritto la condanna: due mesi con pena sospesa e niente multa.

A dare la buona notizia della liberazione è stato il sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola proprio da Marrakech, dove si è recato per l’udienza della studentessa.

Ikram ha il doppio passaporto e del suo caso si è fin da subito occupata la diplomazia italiana.

Nelle carceri italiane regnano i detenuti nordafricani. Provenienti da Marocco e Tunisia su tutti. Non solo come numero di presenze, ma anche come influenza criminale, sempre più potente e minacciosa.

Gli ultimi numeri, al 31 luglio 2020, parlano chiaro. Un terzo dei carcerati è straniero. E di questi, quasi il 30 per cento è maghrebino. Infatti, su una popolazione carceraria straniera di circa 18mila detenuti, il 18,5 è infatti del Marocco e il 10,2 per cento proviene dalla Tunisia. A seguire romeni e albanesi (12%) e nigeriani (8,6%).

E i numeri potrebbero esplodere nei prossimi mesi.  Mentre, infatti, gli sbarchi sono tornati ad aumentare, da Rabat è arrivata una notizia passata sotto silenzio in Italia. Il 5 aprile, infatti, il re del Marocco Mohammed VI ha concesso la grazia a 5.654 detenuti ordinandone il rilascio, a causa della crisi legata al COVID-19. Quanti di loro stanno arrivando in Italia? Tenendo presente che le scarcerazioni stanno avvenendo in modo graduale, dopo un periodo di quarantena, il peggio deve ancora venire.

Gli ex galeotti marocchini, infatti, hanno buone possibilità di venire da noi. Siamo il posto ideale dove rifarsi una vita. Da criminali. La sanatoria Bellanova è stato infatti un formidabile messaggio internazionale per gli aspiranti migranti. Legislazione che consente di rimanere in Italia in ogni caso. Forte radicamento sul territorio grazie ai criminali marocchini che già operano qui da noi.

Una condizione certificata anche dai numeri di Frontex. La prima nazionalità ad attraversare irregolarmente i confini per entrare in Europa è proprio quella marocchina. Lo fanno, ovviamente, utilizzando documenti falsi. Inoltre, l’Agenzia europea ha anche sottolineato le origini prettamente marocchine del traffico di stupefacenti diretto verso l’Europa. In particolare quello di hashish.

Aggiungete l’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia. L’importazione di hashish “proviene per la quasi totalità dal Marocco”. E appunto gli spacciatori sono, in molte Regioni d’Italia (Toscana e Umbria su tutte) completamente in mano alle mafie maghrebine.

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