Il gelo di Ibsen incanta la platea del Mercadante

A Napoli, fino al 16 dicembre, in scena “John Gabriel Borkman’”di Henrik Ibsen con Gabriele Lavia, Laura Marinoni e Federica Di Martino

 

Marco Sciaccaluga dirige Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino in ‘John Gabriel Borkman’ di Ibsen, un’opera austera e complessa, di rara bellezza, nella quale pennellate delicate stridono inevitabilmente con la rudezza ed il cinismo quasi diabolico del personaggio principale.

Notevole l’interpretazione dei tre grandi attori.

 

Gabriele Lavia eccellente  protagonista – già diretto in teatro da molti importanti registi tra i quali Giorgio Strehler, Giuseppe Patroni Griffi, Giancarlo Sbragia, Luigi Squarzina, Mario Missiroli e lo stesso Marco Sciaccaluga -; Laura Marinoni e Federica Di Martino, efficaci nell’esaltare le forti e travagliate personalità di Ella e Gunhild. 

 

A completare il cast: Roberto Alinghieri, Giorgia Salari, Francesco Sferrazza Papa, Roxana Doran.

 

È il destino, con la sua spietatezza assoluta e immorale ad essere il protagonista di questo lavoro, in cui spicca un’analisi ferocemente razionale, glacialmente filosofica, moderatamente poetica, lucida quanto spietata ma maledettamente vera. Affiorano da una  raggelante atmosfera, per poi esplodere, ad una ad una  le ambizioni dell’800, secolo pregno dell’ideologia del superuomo, di ideali e simboli al limite d della psicopatologia, che domineranno con ferocia il ‘900 con le due guerre, le sue strati, le sue follie e le sue tragedie. 

La pièce, penultima del drammaturgo norvegese, fu scritta nel 1896, eppure conserva tutta la sua forza di mettere a nudo e toccare nel profondo l’Uomo.

I ritratti umani risultano più che mai attuali, come i dialoghi, eppure, allo stesso tempo appaiono eterni nel gelo dominante. 

 

La vita dei personaggi e la loro condizione esistenziale risultano ibernate, come i sentimenti che traspaiono dalla coltre di ghiaccio che sembra avvolgerli: l’avidità, l’aridità, il cinismo, la frustrazione e più di tutto l’incapacità di amare: assoluta, irrecuperabile, spietata.

 

Ciascuno è prevaricatore e allo stesso tempo umiliato e offeso, esasperato da una vita che distrugge e quando non distrugge esaspera fino a sollecitare inevitabili violenze represse, pronte a scoppiare al pari di quelle stesse bombe che segneranno la prima metà del secolo successivo.

 

Dannatamente odioso al pubblico il protagonista, un self made man, John Gabriel Borkman, il cui nome significa “uomo-corteccia”  – personaggio che ha attratto i maggiori registi al mondo e tra essi: Luc Bondy e Bergman  – per il quale ciò che conta è la carriera, emergere, arrivare, costi quel che costi. 

Zero scrupoli, zero coscienza, zero valori. 

 

È l’opera degli zeri, a cominciare dalle temperature glaciali. Una vicenda scabrosa e angosciosamente claustrofobica in cui al ghiaccio esteriore e materiale corrisponde quello interiore ben più rigido e così atrocemente palpabile. 

“Il più potente paesaggio invernale dell’arte Scandinava”, per usare le parole di Edvard Munch, è ben poca cosa di fronte al gelo che paralizzata l’anima, che pervade la scena già all’alzarsi del sipario, per penetrare negli spettatori senza che essi abbiano possibilità alcuna di scampo.

La trama ci parla di un Borkman ex banchiere di successo, tornato libero dopo una condanna al carcere di otto anni, inflitta per i suoi affari poco chiari. Eppure,  sceglie di rinchiudersi in casa, come se fosse ancora carcerato, in attesa della “grande occasione”, come un ragno che aspetta che la preda incappi nella sua ragnatela. 

Ha rubato, ma non per sé, John Gabriel Borkman “perché si sente il portavoce del progresso, è l’angelo sterminatore del vecchio mondo precapitalistico”, evidenzia lo storico del teatro Roberto Alonge.  

“L’itinerario dell’eroe in cerca del suo ambiente”: così Piero Gobetti descrisse il teatro di Ibsen.

In questo caso l’ambiente è condiviso da due sorelle presenti nella vita di Borkman. La moglie, angelo di un focolare pur’esso a zero gradi appare fredda e aspra, simboleggiando la repressione; in contrapposizione l’amante, il primo amore messo da parte perché non redditizio, ma mai dimenticato, frutto dell’istinto, della carne, della felicità che può dare soltanto la libertà di prendere ciò che si vuole quando lo si vuole e senza “ma@ né “perché”, senza spiegazioni e senza scrupoli.

L’accusa più grave che viene mossa dalla moglie Gunhild a Borkman è quella di aver ucciso l’amore.

Trincerato claustrofobicamente in un microcosmo di falliti da lui stesso generato, Borkman è prigioniero delle sue stesse ambizioni, puntualmente disilluse. Uomo dal cuore di pietra, ma non capofamiglia, diviso tra due donne ma una pedina tra due donne diverse eppure così simili. 

La moglie sulla carta, Gunhild, con la quale non ha rapporti. L’amante, Ella, che un tempo lo ha amato con tutta se stessa ed ora lo odia per averla lasciata, scegliendo arrivisticamente la carriera.

Entrambe le donne si contendono non le attenzioni di Borkman ma l’affetto del di lui figlio Erhart, dato in adozione alla zia Ella fin da piccolo. Ma, Erhart per quanto giovane, ha l’età giusta per ribellarsi e fuggire via dall’opprimente nucleo familiare, insieme a Fanny, donna matura dell’alta società della quale si innamora. Va via, a bordo di una roboante fuoriserie ed è la tragedia.

L’abbandono del figlio spinge Borkman ad uscire sconvolto di casa. Ad attenderlo, un paesaggio di neve e di freddo, specchio della sua anima, e la morte.

Gabriele Lavia

Laura Marinoni

Federica Di Martino

di Henrik Ibsen

versione italiana Danilo Macrì

e con Roberto Alinghieri, Giorgia Salari, Francesco Sferrazza Papa, Roxana Doran

scene e costumi Guido Fiorato

musiche Andrea Nicolini

luci Marco D’Andrea

regia Marco Sciaccaluga

produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Teatro della Toscana

foto di scena Filippo Manzini

La durata dello spettacolo è di 2 ore e 40 minuti, intervallo compreso.

In replica al Teatro Mercadante: 11, 14 dic. ore 21 | 12, 13 dic. ore 17, | 15 dic. ore 19.00 | 9, 16 dic. ore 18.

Info: www. teatrostabilenapoli.it | tel. 081.5524214

Biglietteria: tel. 081.5513396| e–mail: biglietteria @teatrostabilenapoli.it

Teresa Lucianelli

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