Il futuro dell’Ilva tra Arcelor Mittal, governo e sindacati

 

Oggi, 8 febbraio, nel primo pomeriggio, un’altra riunione per assicurare un futuro all’Ilva. Poi, due possibili incontri preventivati per lunedì 12 e lunedì 19, sempre di questo mese. Ma entrambi da concordare rispetto all’esito che avrà quello programmato di oggi.  Sede delle assisi concordate rimane il dicastero dello Sviluppo economico.

 I punti che ancora una volta rappresentano il nodo della vicenda rimangono gli stessi: esuberi, salari, contratti, piano ambientale e investimenti industriali.

Non ci devono essere esuberi, ha ribadito in precedenza Rocco Palombella, leader della Uilm nazionale,  e tutti i lavoratori devono essere riassunti, entro i tempi previsti dal piano industriale, da Arcelor Mittal; i lavoratori stessi dovranno avere tutti i diritti pregressi. Si tratta della forza lavoro necessaria affinché si realizzi l’output di prodotti finiti a 10 milioni di tonnellate, di cui 8 provenienti dall’area a caldo. E, poi vanno confermati tutti gli investimenti di risanamento ambientale e di sviluppo industriale.

 Per la Fiom Cgil continuano a non esserci le condizioni per una ‘stretta finale’ e dalla segreteria nazionale hanno già fatto sapere che oggi  è un giorno importante per l’organizzazione sindacale medesima rispetto alla trattativa in questione. Per la Fiom,  si legge in un comunicato del primo febbraio scorso,  la discussione deve andare avanti e devono essere approfondite tutte le questioni ancora aperte per poter arrivare ad un accordo che dovrà essere onnicomprensivo.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, in una riunione organizzata dal sindacato Usb ha attaccato il sindacato confederale: ‘Ho scoperto in una riunione a Taranto  con Cgil, Cisl e Uil, che i sindacati non volevano la presenza del governatore della Puglia al tavolo di confronto per l’Ilva a Roma. Quella sera mi è venuta in mente la palazzina delle punizioni dell’Ilva. Perché la palazzina punizioni non la fa solo il padrone, ma la fa anche il sindacato che non riesce a fare quel ruolo’.

 L’Ilva sembra in una bolla, in attesa che il 6 marzo , due giorni dopo le elezioni politiche nazionali, il Tar di Lecce si pronunci sulla competenza sua o di quello del Lazio in merito all’impugnazione da parte del Comune di Taranto e della Regione Puglia del piano ambientale. Non è risolta la questione dei crediti delle imprese dell’indotto. Sono 150 milioni di euro di vecchi crediti, antecedenti all’amministrazione straordinaria, e 45 milioni di nuovi crediti, post amministrazione straordinaria. Questi ultimi erano, a dicembre, pari a 60 milioni di euro: dopo Natale, il ministro Calenda ha spinto i commissari a pagare 30 milioni. A gennaio, l’indotto ha accumulato altri 15 milioni di euro di crediti. Certo, l’Ilva ha un enorme affanno nella sua finanza di impresa. Finché Arcelor Mittal non prenderà pieno possesso dell’azienda, non sarà possibile porvi rimedio.

Per fortuna quelli di Arcelor Mittal  continuano a manifestare l’intenzione di rimanere e confermare l’investimento a favore del più grande gruppo siderurgico del Paese.

Domenico Palmiotti sul ‘Sole 24 Ore’ aveva spiegato qual è il ‘pressing’ dei sindacati sul management di Arcelor Mittal per giungere ad un accordo, cioè provare a convincere la multinazionale a non dichiarare esuberi, stimati per ora in 4mila unità su 14mila. La proposta fatta,  si leggeva sul quotidiano,  è quella di stabilire per le assunzioni un percorso graduale: adesso gli addetti che servono, a seguire, entro il 2023, anno in cui dovranno essere completati i piani industriale e ambientale, tutti gli altri. Chi non transiterebbe subito ad Am Investco, rimarrebbe all’amministrazione straordinaria tra cassa integrazione e bonifiche gestite dai commissari Ilva col miliardo ottenuto dalla transazione con i Riva. Due soluzioni a tempo determinato. E comunque questa platea si prosciugherebbe man mano che avviene il travaso del personale in Am Investco. In parallelo, si cercherebbe anche di ridurre l’organico dei 14mila con l’utilizzo di tutti i possibili strumenti di incentivazione all’esodo volontario, compreso il ricorso all’isopensione.

Quest’ultima è una delle forme di collocamento a riposo anticipato, mediante accordi aziendali. Si tratta della rivisitazione e dell’ampliamento dei vecchi ‘scivoli’. La prevede la Legge Fornero ed è entrata in vigore con la Legge di Stabilità del 2015.

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