Il Dna inchioda il killer di Yara Gambirasio

Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo sul fermo di Massimo Giuseppe Bossetti, fermato ieri per l’omicidio di Yara Gambirasio. Questo, ha spiegato il procuratore Francesco Dettori, anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza. Il procuratore di Bergamo ha aggiunto che il fermo avrà il consueto iter di tutti gli altri. Gli atti saranno quindi trasmessi entro 48 ore dall’esecuzione del fermo al gip che ne avrà altre 48 per fissare l’udienza e decidere sulla convalida del fermo. Massimo Bossetti vive a tre chilometri dal luogo del delitto e tutto era a portata di mano. Fu commesso in passato un grave errore tecnico scambiando nel laboratorio il Dna dell’assassino con quello di Yara. Ora tutto collima per portare in carcere questo muratore incensurato, sposato e padre di tre figli. Un normale controllo stradale, durante il quale Bossetti è stato sottoposto al test dell’etilometro: con questo espediente i carabinieri hanno estratto il Dna che è risultato perfettamente coincidente con quello trovato sugli slip di Yara. L’esame del Dna che lo indicava come figlio illegittimo dell’autista di autobus Giuseppe Guerinoni, scomparso nel 1999 e a cui era riconducibile il profilo genetico trovato sugli slip di Yara, sarebbe stata solo l’ultima conferma, perché Bossetti era già stato individuato: apparteneva a quel gruppo di persone che gli investigatori ipotizzavano potessero essere, in qualche modo, coinvolti nel delitto. Erano partiti dal suo cellulare che era rimasto agganciato alla cella della zona di Brembate di Sopra nelle ore di quel 26 novembre del 2010 quando Yara, 13 anni, promessa della ginnastica artistica, era uscita dalla palestra per tornare a casa, distante poche centinaia di metri, e non era mai tornata. Una giovanissima Yara ferita più volte con un coltello, che resistè a Bossetti che non riuscì a violentarla. Le indagini si erano in particolare concentrate su chi lavorava nel mondo dell’edilizia, a causa delle polveri di calce trovate sul corpo e, soprattutto, nelle vie respiratorie di Yara. Poi c’è stata l’estrazione del Dna e decine di migliaia di comparazioni che avevano portato a Guerinoni. Da qui si erano cominciate a studiare le sue relazioni. I carabinieri del Ros lo hanno prelevato nel pomeriggio in un cantiere di Dalmine in cui stava lavorando e davanti al pm Letizia Ruggeri, che l’ha interrogato nella caserma dei carabinieri di Bergamo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Quando il corteo di vetture con a bordo Bossetti è uscito dalla caserma per portarlo in carcere ci sono stati applausi e incitamenti ai carabinieri. Le decine di persone radunate davanti alla caserma, quando l’uomo è stato portato via, hanno urlato: “assassino” e “devi morire”. Bossetti mantiene un atteggiamento durissimo, come la madre che si chiama Ester Arzuffi ed era stata la donna di Giuseppe Guerinoni, autista di bus nelle valli bergamasche. Nel lontano 27 luglio 2012 venne prelevato il Dna della donna per essere confrontato con il Dna mitocondriale di “Ignoto Uno”, ma avvenne inconsapevolmente lo scambio con quello di Yara. Chi esprime particolare soddisfazione è il ministro dell’interno, Angelino Alfano, e non solo per la conclusione di un’inchiesta lunga e difficile, ma perché si è così dimostrato che l’Italia è un Paese dove chi uccide e chi delinque viene arrestato e finisce in galera. Riferendosi anche all’arresto di Carlo Lissi, che a Motta Visconti ha ucciso la moglie e i due figli, Alfano ha potuto dire che “può passare del tempo o può finirci subito”, ma la galera “è il destino che attende i criminali”.

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