Il decreto sulle piattaforme digitali per taxi e Ncc slitta ancora: la Commissione Ue solleva dubbi su concorrenza, privacy e libera circolazione dei servizi

Il decreto sulle piattaforme digitali per taxi e Ncc slitta e se ne riparlerà non prima di giugno. Bruxelles ha suonato il campanello d’allarme: secondo la Commissione europea, il testo rischia di non rispettare alcune norme comunitarie. E prima di dare il via libera, preferisce fugare i dubbi. La verifica è obbligatoria per tutti quei provvedimenti nazionali che toccano i servizi digitali, per evitare che un singolo Stato faccia regole ree di ostacolare la concorrenza o i diritti degli utenti nel mercato unico comunitario.

Secondo l’Europa, il decreto firmato dal ministero dei Trasporti – guidato da Matteo Salvini – presenta diversi punti critici. Uno in primis: il divieto per le app di mostrare agli utenti in anticipo tempi di attesa e prezzi tra taxi e Ncc. Una misura pensata per tutelare i tassisti, tuttavia potenzialmente in grado di limitare la libertà di scelta dei consumatori.

Poi c’è la questione della destinazione della corsa: secondo il decreto, le app non dovrebbero mostrare il punto di arrivo al tassista prima dell’inizio del viaggio. Un altro nodo caldo riguarda le aziende operanti in Italia, ma con sede all’estero. Il decreto sembra volerle trattare in modo diverso rispetto a quelle italiane, e ciò andrebbe contro le regole Ue sulla libera circolazione dei servizi digitali. Uber, Freenow e compagnia potrebbero essere penalizzati senza un valido motivo.

Nel pacchetto dei rilievi rientrano poi dubbi sulla protezione dei dati personali (il famoso GDPR) e sulle regole di funzionamento delle piattaforme online. In particolare, l’obbligo per gli Ncc di aspettare 20 minuti prima di accettare una nuova corsa e di rientrare sempre in rimessa tra un servizio e l’altro non convince affatto.

Nel grande schema si avverte pure il peso dell’Estonia. Il Paese baltico ha fatto pressing sulla Commissione europea per bloccare o rivedere il decreto. Il motivo? Difendere gli interessi di Bolt, il colosso del trasporto digitale nato proprio a Tallinn. L’azienda intende investire seriamente in Italia, ma l’attuale incertezza normativa la tiene alla porta.

Il ministero, per ora, mantiene la rotta e si dice fiducioso di poter spiegare le sue ragioni all’Europa. Qualora, però, Bruxelles confermasse i dubbi con un parere formale, la partita si complicherebbe parecchio. Il confronto resta aperto fino al 13 maggio: in caso di rilievi gravi, scatterà una proroga automatica di almeno un mese.

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