La ricetta originale consisteva in un gelato a gusto crema, insaporito da rhum ed amaretti, racchiuso in due biscotti. Una ricetta semplice che la Parigi dei ricevimenti e dei teatri ordinava in quantità industriali. Ovviamente, una tale innovazione fu subito copiata da mezzo mondo al punto che Stendhal scrive che durante le rappresentazioni alla Scala di Milano venivano serviti “zelati, biscuit o pezzi duri… Ancora indeciso a quale delle tre qualità dare la palma, ogni sera ripeto l’esperimento”.

Intanto il Cafè Napolitaine si arricchiva di clienti affezionati del calibro di Alexander Dumas, Gioacchino Rossini, Honorè de Balzac, Manet e tanti altri artisti e aristocratici dell’epoca. Tortoni si ritirò dal mercato nel 1825 con il patrimonio immenso di duecento mila franchi e il cafè, fino al 1893, anno in cui chiuse definitivamente, divenne oggetto di romanzi e racconti, ad esempio Morrell del “Conte di Montecristo” di Dumas si reca in quel posto, argomento di articoli giornalistici, fino a diventare un vero monumento della Francia del tempo. Così, quando oggi, girando per Parigi, incontriamo centinaia di insegne che con orgoglio dichiarano che in quella gelateria si produce vero gelato italiano o napoletano, ringraziamo Alessandro Tortoni e il Cafè Napolitaine per aver insegnato ai francesi e al mondo l’arte della cucina e del buon gusto napoletano.