Ictus e inquinamento

L’ictus, conosciuto anche come apoplessia, accidente cerebrovascolare, insulto cerebrovascolare, o attacco cerebrale, si verifica quando una scarsa perfusione sanguigna al cervello provoca la morte delle cellule. Vi sono due tipi principali di ictus, quello ischemico, dovuto alla mancanza del flusso di sangue e quello emorragico causato da un sanguinamento   ed entrambi portano come risultato una porzione del cervello incapace di funzionare correttamente. I  segni e i sintomi  di un ictus possono comprendere, tra gli altri, l’incapacità di muoversi o di percepire un lato del corpo, problemi alla comprensione o all’esprimere parole o la perdita di visione di una parte del  campo visivo. Se i sintomi durano meno di una o due ore, l’episodio viene chiamato attacco ischemico transitorio  (Tia). Gli ictus emorragici possono essere associati ad un forte mal di testa  ed  i sintomi possono essere permanenti, con  complicanze che a lungo termine possono includere polmonite o una perdita di controllo della vescica. Il principale fattore di rischio  per l’ictus è la pressione alta, mentre altri possono essere il fumo di tabacco, l’obesità, il colesterolo alto, il diabete mellito, un precedente Tia e la fibrillazione atriale. L’ictus ischemico è tipicamente causato da un blocco di un vaso sanguigno, l’ictus emorragico invece dal sanguinamento nel cervello  o nello spazio circostante. Tale sanguinamento può verificarsi in conseguenza della rottura di un aneurisma cerebrale. La diagnosi  viene generalmente formulata grazie a tecniche di imaging biomedico come la tomografia computerizzata o una risonanza magnetica, abbinate ad una visita medica. Altri test, come un elettrocardiogramma  (Ecg) e gli esami del sangue  sono solitamente eseguiti per determinare i fattori di rischio  e per escludere altre possibili cause. L’ipoglicemia , ovvero l’abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue,  può causare sintomi simili.  La prevenzione comprende anche un tentativo di diminuzione dei fattori di rischio.  Oggi sappiamo che dove l’aria è più inquinata aumentano i casi di ictus. Il legame viene palesato dalla ricerca e  questa volta i dati che confermano questa correlazione sono stati presentati a Los Angeles durante l’American Stroke Association’s International Stroke Conference 2016, dove è stato appurato che per  ogni 10 microgrammi per metro cubo di PM 2,5 in più nell’aria, il numero totale dei casi di ictus cresce dell’1,9 per cento. Questo studio si basa sulle rilevazioni ricavate da due paesi che di inquinamento se ne intendono più di tutti gli altri, perché sono i primi a produrlo e i primi a subirlo, ovvero Stati Uniti e Cina.  I ricercatori hanno analizzato i bollettini sulla qualità dell’aria diffusi tra il 2010 e il 2013 che riguardavano 1.118 contee di 49 Stati americani e 120 città di 32 province cinesi. L’indagine si è concentrata sulle polveri più pericolose, le PM 2,5. Con un diametro di un quarto di centesimo di millimetro, 30 volte inferiore a quello di un capello umano, queste polveri, che rientrano nella categoria del particolato fine, sono talmente sottili da riuscire a penetrare nei polmoni ed entrare in circolo nell’organismo provocando seri danni alla salute. A disperderle nell’aria sono i vari processi di combustione: i motori delle auto, gli impianti per la produzione di energia, la legna per il riscaldamento domestico, gli incendi dei boschi.  Già da anni ritenute responsabili dell’aumento delle malattie respiratorie, negli ultimi tempi sono salite sul banco degli imputati perché accusate anche di provocare un incremento dei casi di ictus. E le prove a carico sembrano piuttosto convincenti. All’incirca un anno fa un gruppo di ricercatori dell’Università di Edimburgo sulle pagine del ‘British Medical Journal’  aveva fatto notare un preoccupante collegamento tra due fenomeni concomitanti. Questo ci dice che  la qualità dell’aria e i casi di ictus sembrano strettamente correlati.

Clementina Viscardi

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