Il vicepremier Luigi di Maio in una immagine del 17 dicembre 2018. ANSA/MATTEO BAZZI

I timori di Di Maio: ‘Facciamo la fine del Pd. Basta guerre’

Il momento è difficile. Per la prima volta il M5S percepisce una profonda crisi politica e di consensi. La struttura verticistica, del verbo unico, messa in piedi da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio non regge più: si sta sgretolando. La base è in rivolta.

Tra i parlamentari è uno scazzo continuo. Ieri la conferma con il botta e risposta tra Paola Nugnes, senatrice dell’ala ortodosso dei Cinque stelle, e Sergio Battelli, tesoriere del gruppo parlamentare e fedelissimo del capo politico Luigi di Maio. Scontro che fino a qualche mese fa sarebbe rimasto chiuso nelle stanze della Casaleggio.

La guerra interna sta logorando il Movimento: il timore è di essere la fotocopia del Pd, lacerato da guerra tra correnti. Il vicepremier corre ai riparti. Ma la soluzione rischia di essere peggiore della malattia: l’ufficio comunicazione ha convocato portavoce e responsabili degli uffici stampa di deputati e senatori.

La missione è silenziare, censurare, controllare interviste, dichiarazioni e colloqui con i quotidiani.

L’ordine è stato chiaro: “Non siete più autorizzati a rilasciare interviste autonomamente. Gli argomenti vanno concordati con lo staff comunicazione nazionale”.

Chi disattende l’ordine è fuori dal Movimento. Oltre a report quotidiani sul trattamento che la stampa, nazionale e locale, riserva ai politici del Movimento, è assolutamente vietato fare intervista al buio. Senza conoscere in anticipo temi e domande. Più che riorganizzare il Movimento, Di Maio vuole rivedere,  e controllare,  la libertà d’opinione dei parlamentari.

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