I nuovi ‘Lea’ mettono a rischio la salute dei diabetici

La revisione 2015 dei ‘Livelli essenziali di assistenza’ non riconosce alcune prestazioni per le persone con diabete, mettendo a repentaglio non solo le condizioni dei malati e delle loro famiglie ma anche la tenuta dei conti pubblici. L’allarme arriva dal congresso degli specialisti che si tiene a Genova, dove è presente l’Amd, Associazione dei medici diabetologi italiani. Arriva dal congresso «un no unanime» alla proposta di revisione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), perché non riconosce tra le prestazioni erogabili la “visita diabetologica”, inglobandola in una più generica “visita endocrinologica”, spiegano Antonio Ceriello, presidente Amd, e Nicoletta Musacchio, vicepresidente dell’associazione. Il diabete riguarda in Italia circa 5 milioni di persone, tra diagnosticate e non, vale a dire un italiano adulto su otto, e una famiglia su tre, con allarmanti prospettive di crescita nei prossimi anni. Oggi, la cura del diabete costa quasi 12 miliardi di euro l’anno, più del 10% della spesa sanitaria nazionale.  I Lea sono costituiti dall’insieme delle attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale (Ssn) eroga a tutti i cittadini, gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza. Fino a quando i Lea rimarranno alla base del nostro sistema sanitario, nessuno potrà essere escluso dalle cure perché troppo anziano o bisognoso di prestazioni troppo costose, perché dedito a comportamenti nocivi alla salute, troppo povero o, paradossalmente, troppo ricco: un reddito elevato può, al limite, giustificare la corresponsione di un ticket, ma non l’esclusione dal diritto all’assistenza. Oltre all’art. 32 della Costituzione, “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, è la legge di istituzione del Ssn del 1978 a introdurre per la prima volta il concetto di “livelli di prestazioni sanitarie che devono essere garantiti a tutti i cittadini”, concetto ribadito e rafforzato nelle successive riforme. Da loro deriva il nomenclatore nazionale, una “lista” nella quale ogni prestazione riconosciuta ha un proprio codice dal quale si identificano le tariffe di rimborso, un elenco dove si specificano le attività che i medici devono e possono erogare, al livello appropriato di assistenza, e che danno giustificazione economica del loro operato. Quindi, se si effettua una prestazione non riconosciuta, questa non appare ed essendo, ad esempio, i centri diabetologici valutati per produttività, il direttore generale non può rendersi conto del reale lavoro di un team diabetologico e al limite estremo prendere provvedimenti altrettanto estremi. Secondo Musacchio, allora, l’attuale impostazione di revisione dei Lea «disconosce il modello organizzativo portato avanti dal Piano nazionale per la malattia diabetica e previsto dalla legge 115/87 di tutela dei diritti delle persone con diabete, che riconoscono la necessità di un approccio secondo il chronic care model». A lasciare stupefatti i diabetologi è che la proposta di revisione dei Lea sia stata fatta da cosiddetti tavoli tecnici, senza consultare le società scientifiche e i professionisti. Ricordiamo che sono 180 le classi di farmaci, e quindi molte di più le molecole, che gruppi di ricerca stanno studiando nel mondo per trovare quante più strade possibili per fermare il diabete. Basti pensare che solo nel nostro Paese si stima che ormai ne sia colpita una persona su dieci, il che equivale a qualcosa come 6 milioni di italiani. Alcuni farmaci sono in procinto di arrivare sul mercato, anche su quello italiano. Per esempio, canagliflozin, farmaco orale della nuova classe degli inibitori SGLT-2, il cui meccanismo d’azione permette di eliminare con le urine fino a 120 grammi, equivalente di trenta zollette di zuccheri e quindi le relative calorie. La glicosuria, ovvero la presenza di zuccheri nelle urine, da sempre è stata interpretata come un segno negativo associato alla condizione del diabete ma con questa nuova classe di farmaci da oggi diventa positivo perché l’escrezione diretta dello zucchero attraverso le urine determina tre fenomeni positivi insieme: la riduzione della glicemia, la riduzione delle calorie e la perdita di liquidi che portano a un calo del peso e della pressione. Il diabete è una malattia complessa da affrontare perché ogni persona con diabete è diversa e diversa dovrebbe essere anche la cura da seguire. Per questo motivo Amd ha messo a punto un software disponibile per tutti i medici con un modello, definito tecnicamente “algoritmo terapeutico”, che basandosi sulle caratteristiche di età, durata della malattia, fattori di rischio e complicanze, ha identificato diversi profili di malattia, da sottoporre a schemi di cura personalizzati. La cura “su misura” è resa possibile proprio dalla grande scelta di farmaci, con meccanismi d’azione diversi, che oggi il diabetologo ha a disposizione e che possono essere variamente associati tra loro a seconda dei bisogni.

Clementina Viscardi

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