I medici dello Spallanzani hanno isolato il coronavirus

Allo Spallanzani è stato isolato il coronavirus. A dare la notizia è stato il ministro della Salute, Roberto Speranza, parlando proprio nell’istituto per le malattie infettive nella Capitale dove sono ricoverati i due turisti cinesi  che, al momento, sono le uniche persone risultate positive al virus sul suolo italiano.

L’Italia è il primo Paese in Europa a farlo. È il risultato ottenuto dai virologi a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti in Italia. “È un passo fondamentale” spiegano i ricercatori “che permetterà di perfezionare i metodi diagnostici esistenti e allestirne di nuovi”.

“L’isolamento del virus ci permetterà di migliorare la risposta all’emergenza coronavirus, di conoscere meglio i meccanismi dell’epidemia e di predisporre le misure più appropriate” ha detto il direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani, Giuseppe Ippolito.

“Il risultato ottenuto dai nostri virologi” ha sottolineato Marta Branca, direttore generale dell’istituto “è una ulteriore testimonianza dell’eccellenza scientifica dello Spallanzani, istituto dove la ricerca non è mai fine a se stessa, ma ha come obiettivo ultimo e concreto il miglioramento delle cure per i pazienti”.

“Con l’isolamento del virus da parte dell’equipe di virologi dello Spallanzani si conferma l’assoluta qualità delle strutture sanitarie della nostra regione”, ha aggiunto Alessio D’Amato, assessore alla sanità della Regione Lazio.

“È una notizia molto importante di rilevanza internazionale” ha detto il ministro “Questo significa avere molte più chance di capire, di studiare, siamo molto orgogliosi che il nostro Paese abbia raggiunto questo obiettivo, le nostre conoscenze saranno messe a disposizione della comunità internazionale. La grande professionalità dei nostri medici, biologi e ricercatori ci fornisce ulteriori strumenti di contrasto per fronteggiare questa emergenza sanitaria, e conferma la qualità e l’efficienza del nostro Servizio Sanitario Nazionale su cui dobbiamo continuare a investire”.

L’isolamento del nuovo coronavirus, “significa molte opportunità di poterlo studiare, capire e verificare meglio cosa si può fare per bloccare la diffusione: ora sarà più facile trattarlo” ha sottolineato Speranza.

Un centro d’eccellenza italiana e non solo, all’avanguardia come lo scienziato da cui prende il nome, pioniere nel ‘700 della biologia sperimentale. L’ospedale “Lazzaro Spallanzani” di Roma torna al centro dell’attenzione: è qui, tra le mura ottocentesche inerpicate sulla Portuense, che si concentra la lotta al coronavirus cinese. Qui si fanno le analisi sui campioni, che danno il responso definitivo (“Lo conferma lo Spallanzani” è una delle frasi piu’ ripetute in questi giorni), qui si visitano i casi più evidentemente sospetti, e sempre qui si tengono da stasera in isolamento i due turisti cinesi, primi casi in Italia del nuovo virus che spaventa il mondo.

Inaugurato nel 1936 come presidio destinato alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive, con una dotazione di 296 posti letto in 15 differenti padiglioni e in un’area di 134.000 metri quadrati, lo Spallanzani ha attraversato la storia del XX e XXI secolo dal punto di vista scomodo ma necessario della trincea anti infezioni.

Nel 1991 inizia la costruzione di un nuovo complesso ospedaliero, progettato in conformità ai più avanzati standard e con caratteristiche di isolamento delle patologie contagiose uniche nel Paese. Nel dicembre 1996, il Ministero della Sanità ha riconosciuto lo Spallanzani Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.

Successivamente (2001-2003) il Ministero lo ha identificato quale polo nazionale di riferimento per il bioterrorismo e, in seguito, polo nazionale di riferimento per la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS). E poi l’avventura, finita bene, del medico italiano Fabrizio Pulvirenti, contagiato in Africa dal virus Ebola e salvato, dopo giorni di angoscia, sempre allo Spallanzani.

Attualmente l’Istituto detiene l’unico laboratorio italiano di livello di biosicurezza 4 e cinque laboratori di livello 3; una banca criogenica che può ospitare fino a 20 contenitori di azoto liquido e 28 contenitori a -80 C, dotata di un laboratorio di livello 3 per la manipolazione e la preparazione dei campioni da congelare; e ancora dal 2007 il “Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti (POIT); un servizio di rianimazione, terapia intensiva e sub-intensiva; un centro di riferimento per le infezioni nei trapianti; una Banca biologica per il deposito di organi e tessuti destinati al trapianto.

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