I giochi, in Vaticano per il Conclave, sono già iniziati: sono 135 i cardinali elettori che eleggeranno il successore di Papa Francesco

I giochi, in Vaticano, sono già iniziati: sono 135 i cardinali elettori che prenderanno parte al conclave che eleggerà il successore di Papa Francesco. Per avere il nuovo Pontefice serviranno i 2/3 dei voti, il quorum è quindi di 90. Il conclave avrà inizio tra il 15esimo e il 20esimo giorno dalla morte del Papa. La prima data utile è quindi quella del 5 maggio, ma qualora i cardinali elettori dovessero essere tutti a Roma e d’accordo tra loro l’avvio del conclave potrebbe essere anticipato. I numeri dicono, dunque, che la prossima riunione dei cardinali nella Cappella Sistina potrebbe avere come esito l’elezione di un Papa a trazione ‘Bergogliana’ e quindi in continuità con il corso impresso alla Chiesa dal Papa argentino. La nazione più rappresentata è l’Italia con 17 cardinali.

In Vaticano da mesi era pronto un piano B per i riti della Santa Pasqua senza il Pontefice. La permanenza di Papa Francesco al Policlinico Gemelli di Roma, dove è stato ricoverato lo scorso 14 febbraio, per una polmonite bilaterale ha fatto da subito partire il toto-nomi sul suo successore e da più parti si è parlato di avviare una sorta di «conclave ombra».

«In realtà il pre-conclave è già iniziato», spiega Piero Schiavazzi, professore straordinario di Geopolitica Vaticana dell’Università Link. «E già dal 2014 quando Papa Francesco ha cominciato a lavorare alla propria successione con uno schiacciante schieramento di nuovi cardinali che hanno profondamente modificato la struttura del collegio cardinalizio». Saranno loro ad eleggere il prossimo Papa, dunque, «il criterio di selezione dei cardinali è determinante per capire dove va il conclave».

«Con 10 tornate di nomine Bergoglio in questi anni ha spinto tantissimo la Chiesa verso Oriente, fedele alla profezia di papa Giovanni Paolo II che ha definito il terzo millennio quello dell’Asia. Proprio in questo continente c’è quello che possiamo definire il baricentro dello sviluppo demografico ed economico del pianeta dove, però, la Chiesa conta per una percentuale bassissima, appena il 3% degli abitanti. E questa è stata la vera scommessa di Bergoglio».

Dunque, con la globalizzazione che è entrata a forza nella geopolitica della Chiesa, chi avrebbe più chances? «Abbiamo 135 cardinali elettori, di cui ben 24 dell’Asia. Un blocco di voti», sottolinea il professore per il quale sarà «inevitabile nel prossimo conclave, una spinta molto forte proprio per un pontefice asiatico o africano, episcopati, questi, che non hanno mai avuto un Papa».

Secondo il sito specializzato College of Cardinals Report, uno dei nomi più «papabili» è quello di Frigolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinhsasa, nella Repubblica democratica del Congo, e di orientamento francescano. La sua elezione non solo rappresenterebbe una novità assoluta – sarebbe il primo papa nero e di origine africane – ma farebbe contenta l’ala più conservatrice del Clero. Di recente, Besungu si è fatto conoscere soprattutto per le sue critiche al documento con cui il dicastero della Santa Sede aveva aperto alla benedizione delle unioni omosessuali.

In pole anche il ghanese Peter Turkson, che era già tra i favoriti nel conclave di dodici anni fa, quando venne eletto Bergoglio. I cardinali africani elettori erano 11 nel 2013 e sono 18 adesso. Numero comunque sempre inferiore a Europa e Americhe. Oltre a Turkson, tra i favoriti ci sono il guineano Sarah e il sudafricano Napier.

L’Italia non parte favorita, però c’è da considerare un elemento importante: «Il vero problema è tenere unita la base della Chiesa ed evitare un rischio di scisma tra le grandi aree geografiche». Un italiano «verrà eletto solo se prevale l’esigenza di un mediatore che tenga unita la Chiesa nelle sue sensibilità molteplici». Due su tutti i cardinali italiani più accreditati: «Il segretario di Stato Pietro Parolin e Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Difficile l’elezione di un papa americano».

Pietro Parolin, 70 anni, segretario di Stato vaticano dal 2013, diplomatico di lunga esperienza, è considerato un candidato «di continuità» e allo stesso tempo «un equilibratore», capace di mantenere il timone della Chiesa su una linea pastorale aperta, ma con attenzione all’equilibrio tra le diverse anime cattoliche.

Matteo Maria Zuppi, 69 anni, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha una forte sensibilità sociale e una lunga esperienza nella Comunità di Sant’Egidio. È visto come espressione di una Chiesa vicina ai poveri e al dialogo, ma con un approccio pastorale innovativo, dialogante e pragmatico.

Non solo, tra i nomi circolano insistenti anche quelli del cardinale Pier Battista Pizzaballa, 60 anni, patriarca latino di Gerusalemme, è un francescano con esperienza diretta nelle terre della Bibbia. La sua candidatura potrebbe essere favorita dalla necessità di un ponte tra Oriente e Occidente, oltre che dalla sua capacità di dialogo interreligioso

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