I dubbi sulla condanna di Massimo Bossetti per la morte di Yara Gambirasio

A mezzanotte e mezza, la Corte d’Assise d’Appello di Brescia riemerge da 15 ore di camera di consiglio. E conferma la sentenza di primo grado: ergastolo a Massimo Giuseppe Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio. I giudici ribadiscono anche l’assoluzione per la calunnia nei confronti dell’ex collega di Bossetti, Massimo Maggioni. Il carpentiere di Mapello rimane impietrito. La moglie Marita Comi anche, scuote la testa e abbraccia un’amica. Poi si commuove e piange.  Mamma Ester Arzuffi va ad abbracciare il figlio e scoppia in lacrime.

I legali di Bossetti, Salvagni e Paolo Camporini, subito dopo la lettura della sentenza hanno dato per scontato il ricorso in Cassazione:  ‘Aspettiamo le motivazioni ma il ricorso in Cassazione è scontato. Questa sera abbiamo assistito alla sconfitta della giustizia’.

‘Giustizia è stata fatta’, è stato il commento dell’ avvocato di parte civile del processo Bossetti, Enrico Pelillo, subito dopo la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia che ha confermato l’ergastolo nei confronti del muratore.

Bossetti, all’inizio delle sue dichiarazioni spontanee nel processo d’Appello a Brescia, aveva voluto rivolgere un sincero pensiero a Yara: ‘Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti  noi, neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà’.

Bossetti aveva chiesto scusa per il comportamento scorretto tenuto nella prima udienza quando era sbottato alle affermazioni del sostituto pg. Pensate però come può sentirsi una persona attaccata con ipotesi fantasiose e irreali, aveva detto, leggendo dei fogli estratti da una cartella rossa.

Nelle sue dichiarazioni spontanee Bossetti ha detto di essere vittima del più grande errore giudiziario di tutta la storia. Il muratore ha anche stigmatizzato il modo con cui fu arrestato: ‘C’era necessità di scomodare un esercito e umiliarmi davanti ai miei figli e al mondo intero?’.

È evidente, alla luce della sentenza, che ha retto l’asse portante dell’indagine: il Dna. Tanto portante da essere stato messo in discussione dalla difesa che ha mosso 261 criticità alle analisi nel tentativo di demolire la ‘prova regina’. Invece no, il Dna non è ‘strampalato’ come ha detto Bossetti.

La verità, secondo il sostituto procuratore generale Marco Martani, è una: la prova genetica inchioda l’imputato. Gli avvocati dei genitori della vittima hanno mostrato la stessa certezza. Il carpentiere invece ha invocato la perizia: ‘Il Dna non è mio, sarei pazzo a chiederla se avessi ucciso Yara’. Ma perché non concedergliela? Pg e parti civili hanno risposto che l’imputato non ha partecipato alle analisi perché non si sapeva nemmeno che esistesse all’epoca dei test, regolari e affidabili.

Una considerazione: quale regola seguire nei processi qualora non sia possibile il contraddittorio sulla prova? La difesa aveva chiesto una nuova perizia sul Dna che incastra il muratore. L’avvocato di Bossetti ha gridato a gran voce come quella prova genetica, ancorché presentasse una traccia di Dna nucleare chiara, e decisiva contro Bossetti,  fosse inquinata dalla presenza di un Dna mitocondriale sconosciuto e che nulla ha a che fare con l’imputato.

La difesa avrebbe voluto rifare il test per comprendere l’anomalia.  Sembra impossibile che una due Corti di Assise condannino senza che la difesa possa difendersi rispetto alla prova principale.

Sia chiaro, comunque, che nessuno avrebbe mai potuto rifare quell’accertamento tecnico perché risulta non esservi più materiale biologico. Insomma, se i giudici e la giuria avessero accettato la richiesta di rinnovazione probatoria, il perito avrebbe dovuto dire di non poter svolgere alcun tipo di accertamento. Semmai avrebbe potuto dare un parere su quanto già svolto.

Questa è una situazione che accade quasi sempre in quanto, al momento della repertazione e dell’analisi genetica non esistono ancora indagati e dunque non è possibile far partecipare il futuro imputato all’atto decisivo per il suo processo.

La giurisprudenza tende a salvare la prova scientifica irripetibile e dunque avalla proprio quelle situazioni che hanno portato alla duplice condanna di Bossetti. Se anche la Corte avesse concesso una perizia, il problema non sarebbe stato risolto ma si dava   alla  difesa una voce, capace di fugare i dubbi più inquietanti.

Basta pensare che il caso di Bossetti vede come prova principale una traccia genetica che al momento della sua repertazione, era invisibile, di cui non si sa il materiale biologico di provenienza e su cui la difesa non ha potuto svolgere alcun accertamento difensivo.

Nella realtà dei fatti questo è quanto…

 

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