Hu_Robot: l’incontro danzato tra uomo e macchina

Avete presente la prima ricostruzione spaziale 3D dell’arte europea? Sì, sto parlando del famoso “cubo” dipinto da Giotto ad Assisi come contenitore scenico delle Storie di San Francesco. È questo il semplice, e per noi occidentali quasi naturalmente confortevole, impianto scenico progettato da Claudio Prati per Hu_Robot, lo spettacolo che inaugura la nuova stagione del Balletto di Roma, al Teatro Vascello dal 4 al 6 ottobre.

Ma si tratta di un puro scheletro perché la vera scenografia è lo spettacolo stesso, che propone la progressiva immersione in un ambiente di realtà aumentata, in cui gli elementi sonori (le musiche sono di Luca Salvadori), visivi (dovuti allo stesso Prati, che insieme alla coreografa Ariella Vidach è autore ed anche regista) e luminosi (disegno di Stefano Pirandello) concorrono alla creazione di una dimensione drammaturgica astratta dove possa avvenire l’incontro tra uomo e macchina, anzi il loro contatto.

Se siete già confusi non abbiate paura, gli autori vogliono esplorare l’incontro tra la presenza, organica, dei corpi umani e quella inorganica della macchina, andando a mettere il dito proprio sulla piaga: i quesiti ed i timori etici e psicologici posti dalla coesistenza, ma ormai sempre più interazione diretta, tra queste due entità apparentemente così distanti. Si tratta in fondo del vecchio tema della reazione al progresso tecnologico che negli ultimi due secoli non ha mai smesso di sollecitare la riflessione culturale e artistica, coinvolgendo la nostra civiltà tutta, dalla bioetica giù per li rami fino al cinema. Nel nostro presente però non è più questione di fantascienza, la frontiera fra le due dimensioni, uomo e macchina, si è drammaticamente assottigliata, siamo ormai di fronte alle possibilità di estensione della sensorialità che i robot collaborativi permettono e offrono. Siamo allo “sguardo e all’ “ascolto” aumentati.

Gli otto, bravissimi, danzatori e lo UR10 della Universal Robots, il braccio robotico danzante dotato di telecamera e videoproiettore posto direttamente sulla scena, ci propongono un possibile scenario di questa nuova opportunità, attraverso comportamenti e gesti inediti, da entrambe le parti, in una forma che conserva uno svolgimento narrativo nel tempo, dalla prima spiazzante scoperta della reciproca presenza, alla curiosità e infine al contatto diretto. È la macchina che si avvicina per prima e per così dire tasta il terreno, lanciando segnali visivi allo stesso tempo interrogativi e ineludibili, e sono gli uomini che tentano, inutilmente, di sottrarsi alla sua curiosità.

È molto chiaro il gioco di alternanza e sovrapposizione tra la dimensione umana e quella virtuale: le performances dei danzatori sono moltiplicate dalle immagini prodotte dal robot, in bianco e nero, che alternano continui cambi di punto di vista prospettico e di visione panoramica e ravvicinata dei loro corpi in movimento. Una sottile differenza nelle modalità di interazione dei due soggetti è comunque evidente nel surplus emotivo che si esprime nei movimenti dei corpi umani, espresso anche dalla presenza nella visione proiettata dei colori. Un’ultima nota sulla coreografia, che pur raggiungendo un’estrema bellezza in alcuni momenti, la fluidità e l’espressività dell’intreccio dei corpi dell’intero gruppo a manifestare l’epifania in cui scoprono la presenza del robot per esempio, è caratterizzata da una certa monotonia, da una vaga ripetitività di soluzioni di movimenti che potrebbe essere voluta ma non sembra del tutto convincente.

Hu_Robot è una tappa importante nella ricerca sul rapporto tra corpo e tecnologia interattiva che gli autori, entrambi con all’attivo importanti esperienze di formazione internazionale e di lavoro su questi temi a partire dagli anni ’90, perseguono con grande passione e con notevoli riconoscimenti. Uno spettacolo da andare a vedere per porsi delle domande, e si parla di domande importanti per tutti noi.

Barbara Lalle

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