Hiv, guardiamo oltre

‘Hiv: guardiamo oltre’ è la prima campagna informativa internazionale rivolta ai pazienti con Hiv per affrontare invecchiamento e comorbidità. Invecchiare con l’Hiv espone a un maggior rischio di sviluppare patologie correlate rispetto alla popolazione generale: il rischio di ipertensione raggiunge il 43%, quello di infarto il 5% (contro l’1% della popolazione generale); il rischio di epatite cronica è otto volte superiore; quello di insufficienza renale aumenta di cinque volte. L’incidenza di osteoporosi comporta il 50% di rischio in più di subire fratture, i disturbi neuro-cognitivi insorgono nel 52-59% dei pazienti. Si stima che nel 2030 l’età media dei pazienti sarà di 56,6 anni, con una percentuale di pazienti con età superiore ai 50 anni che passerà dal 28 al 73%. Il raggiungimento di una viremia non rilevabile non è più il solo obiettivo nel trattamento dell’Hiv. La nuova sfida oggi è quella di accompagnare il paziente verso una gestione proattiva delle comorbidità associate all’infezione per assicurargli una strada verso la longevità e un invecchiamento con la migliore qualità di vita possibile. La Campagna, realizzata con il supporto incondizionato di Gilead, è attiva in 15 Paesi europei e in Italia è patrocinata da Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, Nadir Onlus, Nps (Network Persone Sieropositive), Anlaids, Asa Onlus, Arcobaleno Aids e Plus Onlus. ‘Le terapie hanno fatto passi da gigante e oggi un paziente che riceve una diagnosi di Hiv, ed è in trattamento con i nuovi antiretrovirali, ha un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale’, afferma Massimo Andreoni, Direttore U.O.C. Malattie Infettive e Day Hospital Dipartimento di Medicina, Policlinico Tor Vergata, Roma. Uno studio recente ha valutato che nel 2010 l’età media dei pazienti era di 43,9 anni mentre nel 2030 sarà di 56,6 anni, con una percentuale di pazienti con età superiore ai 50 anni che passerà dal 28% al 73%. Tuttavia, ci sono ulteriori sfide da affrontare: invecchiare con l’Hiv espone a un maggior rischio di sviluppare patologie correlate, come tumori, osteoporosi, problemi al fegato, cardiaci e neurologici. Le malattie cardiovascolari sono più comuni, con un rischio di ipertensione che raggiunge il 43%, e quello di infarto il 5% (contro l’1% della popolazione generale). Aumentano anche l’incidenza dell’osteoporosi, che comporta il 50% di rischio in più di subire fratture, i disturbi neuro-cognitivi che insorgono nel 52–59% dei pazienti, mentre ansia e depressione colpiscono fino al 26% di persone affette da Hiv in Europa rispetto al 7% della popolazione generale. La probabilità di sviluppare tumori è in media il doppio rispetto alla popolazione generale, il rischio di epatite cronica è superiore di otto volte, e quello di insufficienza renale di cinque volte. La vera sfida, oggi, è quella di fissare nuovi obiettivi, che vadano oltre il raggiungimento di una viremia non rilevabile, fino a includere la gestione proattiva delle comorbidità associate, in modo che le persone con Hiv possano godere di una buona qualità di vita, piuttosto che semplicemente vivere più a lungo. Oggi si stima che in Italia circa 120.000 persone convivano con una diagnosi di Hiv, mentre ci sono 23.000 persone con diagnosi di Aids. In Italia vengono diagnosticati 6,1 nuovi casi di positività all’Hiv ogni 100.000 residenti. L’incidenza più elevata è stata registrata nel Lazio, in Lombardia ed in Emilia Romagna. Sostanzialmente Hiv è sempre stata una malattia cronica ed attualmente è diventata una malattia con una lunga sopravvivenza, mentre prima era rapidamente evolutiva, ovvero si moriva nell’arco di breve tempo dal momento della comparsa dei sintomi, questo perché non esisteva la terapia antiretrovirale. Oggi, grazie alle nuove terapie, anche i pazienti che arrivano al momento della diagnosi senza la consapevolezza di essere Hiv positivi riescono a recuperare e a vivere a lungo; ovviamente tanto più precoci sono le cure, tanto più a lungo il soggetto riuscirà a vivere in maniera asintomatica. Il virus è in grado di insinuarsi in tutti gli organi provocando dei danni. Ad esempio il fegato può essere sicuramente oggetto d’infezione da virus epatici che spesso coesistono con l’infezione da Hiv. Siamo quindi in presenza di una co-infezione con un decorso più grave rispetto all’infezione singola del solo virus epatitico. Inoltre i primi farmaci antiretrovirali avevano un elevato grado di tossicità con un impatto notevole sul fegato. Per quanto riguarda reni e cuore c’è sicuramente un danno legato all’età e alla tossicità dei farmaci. Il sistema nervoso centrale è uno degli organi più colpiti, ed anni fa quando i trattamenti erano poco efficaci si potevano avere disturbi cognitivi anche molto gravi, fino ad arrivare alla demenza. Ora è stata superata questa fase grazie alle nuove terapie. Le ossa possono essere colpite da osteoporosi legata all’età e alla tossicità dei farmaci. In generale, però, tutti questi organi subiscono un invecchiamento accelerato o precoce legato al consumo e all’esaurimento del sistema immunitario dovuto alla co-esistenza dell’infezione da Hiv. Inoltre, la presenza di abitudini di vita come l’alcolismo o il fumo di sigaretta possono influire negativamente sulla patologia. Sicuramente è importante che il paziente effettui dei controlli periodici, indicati dall’infettivologo, e adotti un corretto stile di vita, una dieta sana, equilibrata e regolare, non abusi di alcolici, smetta di fumare e faccia attività sportiva costante. Di solito il paziente ha come primo e fondamentale riferimento l’infettivologo ed in alcuni centri ci sono anche team multidisciplinari che possono seguire il paziente in maniera complessiva e coadiuvarlo nella gestione di tutte le diverse patologie. Tuttavia è importante che il paziente stesso sia consapevole del suo quadro clinico complessivo che include anche il rischio di comorbidità. Esistono una serie di patologie proprie della donna come le malattie a carico dell’apparato genitale femminile o, ad esempio, patologie neoplastiche a carico dell’utero che nella donna Hiv positiva sono molto più frequenti che nella donna Hiv negativa o, ancora, patologie legate a infezione da papilloma virus. Quindi una donna Hiv positiva deve sottoporsi frequentemente a pap test e tenere sotto controllo la ricerca del papilloma virus. Le donne con Hiv, inoltre, hanno un’osteoporosi accelerata e in età più giovane rispetto alle donne Hiv negative; quindi è importante il controllo dello stato delle ossa e fare costantemente attività fisica come forma di prevenzione. Al di là delle differenze di genere nella comparsa di alcune patologie, le donne affrontano spesso l’ infezione da Hiv in maniera diversa dagli uomini e sono più angosciate nell’affermare la propria Hiv positività al proprio partner, incorrono più facilmente in depressione e spesso antepongono la cura dei figli e della famiglia alla cura di se stesse e dell’infezione di cui sono portatrici.

Luigi Viscardi

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