epa08081214 Russian President Vladimir Putin takes his sit during his annual news conference with Russian and foreign media at the World Trade Center in Moscow, Russia, 19 December 2019. A total of 1,895 journalists were accredited for Putin's annual news conference. EPA/YURI KOCHETKOV

Guerra lenta, Nato e Ue rafforzate. I pericolosi errori di Putin

Nei piani di Vladimir Putin doveva essere una guerra lampo, con ribaltamento del governo Zelensky e riposizionamento dell’Ucraina nell’alveo delle sfera d’influenza russa. Ma la resistenza locale ha cambiato le carte in tavola, ed ora la Russia rischia seriamente di restare impantanata sul territorio nemico senza poter più tornare indietro. Per di più con un inatteso isolamento internazionale e coi nemici giurati, Nato e Ue, quanto mai rinsaldate invece che frammentate. Una serie di errori di calcolo che rendono la situazione ancora più delicata.

L’idea di rovesciare velocemente il governo ucraino si è subito scontrata con la realtà delle cose. E quand’anche le truppe russe occupassero nelle prossime ore la capitale Kiev, resterebbe da controllare un paese enorme, più grande della Francia, con il rischio di una guerriglia strada per strada e casa per casa che sarebbe difficile da sostenere per il Cremlino. Se l’intenzione originaria era quella di mettere l’Occidente davanti al fatto compiuto e di lì trattare, il piano è fallito anche grazie all’intervento di chi, da Ovest, ha rifornito a dovere la resistenza ucraina. Ed ora trattare senza Zelensky diventa più difficile, vista anche la legittimazione che lo stesso si sta costruendo nelle istituzioni occidentali.

Per di più le sanzioni economiche, prima fra tutte l’esclusione dal sistema SWIFT, rischiano seriamente di mettere in ginocchio la già fiacca economia russa. Di certo l’isolamento finanziario pesa, anche se la non ben definita posizione cinese lascia aperte diverse strade. La strategia dell’isolamento economico, in ogni caso, ha una doppia valenza: far pesare il costo della guerra alla Russia e soprattutto alimentare il dissenso interno. In questo senso anche l’isolamento sportivo e culturale punta a creare scontento nella popolazione russa e di conseguenza indebolire ulteriormente il consenso per Putin. Che regge ancora anche grazie al fatto che Mosca può evidenziare alla propria opinione pubblica come l’Occidente non abbia mai mosso un dito per i massacri perpetrati nel Donbass ma si sia subito mosso per l’Ucraina.

Di certo la pluriennale strategia del Cremlino per frammentare l’Unione Europea ha clamorosamente fallito: l’azzardo di Putin ha risvegliato il Patto Atlantico, di nuovo punto di riferimento difensivo. E soprattutto ha creato per la prima volta una unità d’intenti all’interno dell’Ue, che ora rappresenta un problema in più per la nomenclatura russa. Ne esce invece a pezzi l’Onu, che ha fatto un po’ la stessa figura dell’Oms sul fronte Covid: evanescente.

Ciò che è evidente ora è che Putin si è spinto troppo in là, ed ora capire cosa fare non è facile. Sia perchè l’Occidente non vuole entrare direttamente nella contesa, sia perché non è chiaro quali possano essere i migliori interpreti per un negoziato vero. Una situazione esplosiva che mette Europa e Usa davanti ad un dubbio atroce: se la Russia non sfonda militarmente, occorrerà probabilmente lasciare una via d’uscita a Putin, sia sul piano della salvezza personale che su quello di una non umiliazione del paese. Scelta non facile ma da tenere in considerazione, tenendo conto di quanto possa essere pericoloso un uomo con le spalle al muro e l’arsenale atomico.

Ciò che molti auspicano – e le sanzioni vanno anche in questa direzione – è un putsch interno che possa rovesciare Putin per mano russa. Qualche falla nell’esercito e nei servizi d’informazione c’è, ma ovviamente non è facile pensare ad un regicidio immediato. Un ruolo fondamentale in questo senso può essere quello degli oligarchi russi, arricchitisi enormemente grazie a Putin ma ora privi di margine operativo in Europa e con i patrimoni intaccati dalla svalutazione. Potrebbe essere il loro peso a costare a Putin il potere, ma qui siamo anche nel campo del cosiddetto ‘wishful thinking’.

Secondo Thomas Friedman (Nyt) ci sono solo tre scenari, a questo punto.

Il primo è che Putin cerchi di trasformare un’invasione in un’occupazione, con un governo fantoccio a Kiev, debole e inviso dalla popolazione, sottoposto a ogni sorta di embargo, tenuto in piedi solo dalle armi russe, con guerriglia continua interna: un Afghanistan in Europa, insomma, e una polveriera a rischio nucleare.

Il secondo è uno “sporco compromesso”, come lo chiama Friedman: si lascia a Putin il Donbass, l’Ucraina non aderisce alla Nato, si mette fine alle sanzioni. Scenario difficile, dice Friedman, perché l’Ucraina dovrebbe rinunciare a una parte del suo territorio, e Putin al suo mito della Grande Russia riunificata.

Terzo scenario, i russi fanno cadere Putin date le sanzioni durissime, il crollo del rublo, gli oligarchi spiazzati.

Gli investitori internazionali si preparano a osservare cosa succederà con i pagamenti sulle obbligazioni in scadenza questo mese, che potrebbero fornire i primi segnali su un default tecnico del paese.

L’invasione russa dell’Ucraina ha portato a sanzioni senza precedenti da parte dell’Occidente, che dopo un’incertezza iniziale si sta mostrando compatto nel voler tagliare fuori il paese guidato da Vladimir Putin dai mercati finanziari internazionali.

Stati Uniti, UE, Regno Unito e altri partner hanno imposto il divieto di transazioni con la banca centrale russa, impedendogli di utilizzare una parte significativa delle sue riserve internazionali, e tagliato diverse banche russe dalla rete di messaggistica interbancaria internazionale SWIFT, compromettendo la capacità della Russia di effettuare transazioni con istituzioni finanziarie all’estero. Tali misure sconvolgeranno gravemente l’economia del paese e la capacità di garantire onorare le scadenze sul debito, difatti avvicinando la Russia a un default tecnico.

Scope, che ha declassato  il rating del paese, crede che le conseguenze economiche, finanziarie e politiche della crisi in corso “danneggeranno gravemente le prospettive macroeconomiche di medio periodo, la stabilità finanziaria e le condizioni di investimento già deboli della Russia, determinando un accesso ridotto ai mercati finanziari e dei capitali esteri, maggiori deflussi di capitali, controlli sui capitali , condizioni finanziarie più restrittive e riserve finanziarie ridotte”.

L’agenzia di rating fa inoltre notare che la situazione della Russia era tutt’altro che rosea già prima della crisi di inizio 2022. Il deflusso netto di capitali privati dalla Russia stava già accelerando, a 72 miliardi di dollari nel 2021 da 50,3 miliardi di dollari nel 2020 e 22,5 miliardi di dollari nel 2019. Anche gli investimenti diretti esteri in entrata erano già scesi da una media annua di circa 55 miliardi di dollari nel 2010-13 a circa 20 miliardi di dollari nel periodo 2017-2020.

La banca centrale russa ha vietato il pagamento delle cedole ai proprietari stranieri di obbligazioni in rublo note come OFZ, in quello che ha definito un passo temporaneo per sostenere i mercati sulla scia delle sanzioni internazionali. La decisione della banca centrale è stata presa per “evitare la vendita di massa di titoli russi, il ritiro di fondi dal mercato finanziario russo e per sostenere la stabilità finanziaria”, ha affermato l’istituzione guidata da Elvira Nabiullina.

Queste misure potrebbero lasciare gli investitori stranieri che detenevano quasi 3 trilioni di rubli (circa 29 miliardi di dollari) in titoli di debito all’inizio di febbraio nella condizioni di non essere in grado di raccogliere ciò che spetta loro in seguito alle restrizioni. Il prossimo pagamento della cedola sulle obbligazioni OFZ è dovuto domani sulle notes con scadenza nel 2024, secondo Bloomberg.

“Le sanzioni sugli enti governativi russi da parte degli Stati Uniti, le contromisure all’interno della Russia per limitare i pagamenti esteri e l’interruzione delle catene di pagamento presentano ostacoli elevati per la Russia per effettuare un pagamento di obbligazioni all’estero”, ha affermato JPMorgan in una nota, sottolineando che ciò aumenta significativamente la probabilità che il paese sia inadempiente sul suo debito in dollari e altri mercati internazionali. La Russia ha oltre 700 milioni di dollari di pagamenti in scadenza questo mese, per lo più con un periodo di grazia di 30 giorni, secondo la banca d’affari statunitense.

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