epa04614718 Managing Director of the International Monetary Fund (IMF) Christine Lagarde (L) chats with Greek Finance Minister Yanis Varoufakis (C)at the start of European Finance ministers meeting at EU council headquarters, in Brussels, Belgium, 11 February 2015. Eurogroup will discuss the situation in Greece. The ministers will exchange views on the way forward following the appointment of the new Greek government and considering that the European Financial Stability Facility financial assistance to Greece expires at the end of February 2015. EPA/ORESTIS PANAGIOTOU

Grecia: Varoufakis, pagheremo Fmi, accordo entro 5/6

La Grecia pagherà la rata da 312 milioni dovuta al Fmi il 5 giugno, perché per allora sarà raggiunto l’accordo con i creditori. Lo ha detto ad Atene il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, annunciando una tassa sulle transazioni bancarie e una sanatoria sui depositi occulti all’estero tassandoli al 15%.
Per l’Eurozona sarebbe un grande problema se un paese dovesse uscire dalla moneta unica,   ha detto in un intervento a Dublino il commissario Ue agli affari economici e monetari, Pierre Moscovici, aggiungendo che nelle ultime tre settimane sono stati fatti più passi avanti sulla Grecia di quanti ne siano stati fatti negli ultimi tre mesi.  Il negoziato fra la Grecia e i suoi creditori rimane nel guado, ma rientra la prospettiva di una rottura immediata ipotizzata ieri dopo l’uscita di un ministro che minacciava di non ripagare il Fondo monetario internazionale. Il giorno dopo il ‘caso’ aperto dalle parole di Nikos Voutsis, ministro dell’Interno ed esponente dell’ala dura di Syriza, è un portavoce dell’esecutivo a fare marcia indietro: Atene farà ogni sforzo per onorare tutti i suoi debiti, esclude di dover congelare i depositi bancari e si aspetta un accordo fra fine maggio e inizio giugno. Lo stesso ministro dell’Economia, Gergios Stathakis, getta acqua sul fuoco: l’intesa con i creditori è assai probabile ed è solo questione di settimane. La componente del partito che ha stravinto le elezioni di gennaio più aperta al negoziato, intanto, incassa una vittoria: il Comitato centrale di Syriza ha respinto, con 95 voti contro 75, la proposta dell’ala oltranzista di non rimborsare gli 1,7 miliardi di dollari dovuti all’Fmi il mese prossimo. Se ne parlerà al G7 finanziario a Dresda giovedì e venerdì. Giovedì i tecnici dei ministeri delle Finanze dell’Eurozona dovrebbero tenere una conference call per discutere i progressi nel negoziato: l’Euro Working Group potrebbe, se vi fossero passi avanti, decidere per la convocazione di un nuovo Eurogruppo. Il capo del fondo di salvataggio europeo Esm, Klaus Regling, mette in guardia dalle pagine della Bild dal fallimento della Grecia e dai suoi effetti: “Il tempo stringe, per questo si lavora senza sosta ad un accordo. Senza accordo, Atene non può avere altri prestiti e quindi rischia il fallimento, e questo implica grandi rischi”. Anche un mancato versamento al Fmi avrebbe un impatto su altri creditori. Ma una soluzione dell’impasse resta lontana, e l’incidente dietro l’angolo. Dopo la fumata nera al consiglio Ue di Riga la scorsa settimana, l’attenzione si sposta finalmente su quello che il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis definisce il vero “punto di disaccordo” con Ue, Bce e Fmi: il surplus di bilancio greco, che i creditori vogliono elevato per garantire una improbabile sostenibilità del debito, al costo di imporre un’austerity che Atene rifiuta con ogni forza. Siamo desiderosi,  dice Varoufakis in un articolo su Project Syndicate, di realizzare le riforme che ci vengono chieste. Ma Atene  non continuerà con l’austerity impostagli dalla troika, più che doppia rispetto a partner come Spagna o Portogallo, che ha fatto crollare il suo Pil di quasi il 25% dal 2010. Il surplus primario che i creditori vogliono – 2% del Pil l’anno prossimo, e oltre il 2,5% a seguire, Atene lo rifiuta: costerebbe quella stretta sull’iva, quei tagli ulteriori alle pensioni, clausole di garanzia in caso di minori introiti da privatizzazioni su cui Syriza si gioca il patto con gli elettori. Ma per la Commissione europea, che nota la marcia indietro annunciata oggi dal portavoce di Atene,  continua a far fede l’impegno preso da Atene nell’Eurogruppo del 20 febbraio. Olivier Blanchard, capo economista dell’Fmi uscente, è esplicito: i creditori vogliono un surplus primario sufficiente per abbattere un debito volato a oltre il 170% del Pil. Ma per averlo,  a meno di non ristrutturare quel debito,  serviranno ancora lacrime e sangue. Anche perché Atene,   che in extremis potrebbe consolidare le rate in un unico pagamento a fine giugno, anche incassati i sette miliardi su cui sta negoziando avrà bisogno di nuovi prestiti per i prossimi anni e si parla di 50 miliardi.

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