epa04857173 Greek Prime Minister Alexis Tsipras votes during a parliamentary session in Athens, Greece, 22 July 2015. Greece and its creditors kicked off new bailout negotiations with the aim of reaching a deal by mid-August, as the Greek Parliament prepared to vote on a second batch of reforms promised in exchange for the international aid. EPA/Yannis Kolesidis

Grecia, nuovo sì del Parlamento al piano Tsipras

Il Parlamento greco ha approvato in tarda notte il secondo pacchetto di riforme  concordato da Tsipras con l’Ue. Con 230 voti favorevoli e 63 contrari Atene ha dato il via libera.  Hanno votato contro 31 deputati di Syriza, un numero di dissidenti inferiore rispetto alla settimana scorsa, con Varoufakis che ha votato sì. La Banca centrale europea ieri aveva aumentato la liquidità d’emergenza alla Grecia concedendo 900 milioni di euro per permettere alle banche di restare aperte. Le borse europee hanno accolto bene la notizia, aprendo in rialzo. Il premier, a seguito di questo passaggio, guadagna consensi in Syriza. “Abbiamo lottato e sono sicuro che vinceremo”, aveva detto in serata. Il governo  supera, quindi, anche la seconda boa sulla strada che porta al nuovo programma di aiuti europeo e riduce, seppur lievemente, la ‘ribellione’ all’interno di Syriza. Sul tavolo, in Parlamento, c’erano le modifiche al codice di procedura civile e l’adozione delle regole europee sulla risoluzione delle banche in fallimento. Il sì a queste riforme consentirà di avviare il negoziato con la ex Troika (Ue, Bce e Fmi) e chiudere un accordo sul piano di salvataggio entro la scadenza del 20 agosto, quando Atene dovrà restituire 3,2 miliardi alla Banca Centrale Europea. Tsipras, prima del voto, ha ribadito che il compromesso accettato a Bruxelles è stato difficile, ma l’alternativa sarebbe stata la Grexit o il default. Comunque, ha rilevato, il piano garantirà aiuti che copriranno totalmente le esigenze greche per i prossimi tre anni e darà il via alla discussione sulla ristrutturazione del debito. Alla vigilia del voto è tornata a farsi sentire la piazza e il maggiore sindacato del settore pubblico, l’Adedy, è sceso in strada radunandosi in piazza Syntagma “contro il nuovo piano di salvataggio e per ribaltare l’austerità e difendere la sovranità popolare”. In ogni caso, la rottura con i creditori e le prospettive di fallimento sono al momento scongiurati, tanto che, in segno di fiducia nei suoi confronti, la Bce ha aumentato la liquidità d’emergenza fornita alla Grecia di altri 900 milioni, come avvenuto la scorsa settimana. In pratica la soluzione della partita greca è rinviata in autunno. La Slovacchia ha detto che se Atene non rispetterà gli impegni con i creditori sarà Grexit, rilanciando la proposta shock di Wolfgang Schäuble. Dal canto suo Tsipras ha accantonato il radicalismo della prima ora di Syriza trasformandosi da leader di partito a capo del Paese, nel momento in cui ha annunciato che non sarebbe fuggito alle sue responsabilità: “La priorità era evitare un disastro e firmare un accordo difficile in cui non credevo ma che ora rispetterò e che ci farà uscire dalla crisi. Non accetto la politica di austerità che c’è nel piano europeo ma devo firmarlo per salvare il Paese”. La ‘dottrina Schäuble’, fatta di riforme strutturali per recuperare la competitività e conti in pareggio ha vinto ad Atene. La Piattaforma della Sinistra guidata dall’ex ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, si è chiesta perché il premier abbia continuato a pagare i creditori saccheggiando i fondi pubblici invece di nazionalizzare le banche e sospendere i pagamenti. I ribelli hanno sottolineato che non sarà in grado nemmeno in futuro di negoziare un accordo migliore per il terzo piano di salvataggio da 86 miliardi di euro né di resistere ad ulteriori ricatti. Tsipras ha invece promesso una discussione collettiva a settembre che dovrà indicare gli obiettivi prioritari del governo di sinistra ed è, oggi, l’unico leader in Grecia in grado di agganciare Atene al treno della modernità europea facendo passare le riforme strutturali che ancora mancano all’appello dopo cinque anni di dura recessione ed errori da entrambi le parti.

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