Il presidente del Consiglio Matteo Renzi con la costituzione durante le comunicazioni in aula al Senato in vista del Consiglio Ue del 17 e 18 marzo. Roma 16 marzo 2016. ANSA/ANGELO CARCONI

Governo Renzi alla prova della sfiducia in Senato

E’ iniziata nell’Aula del Senato la discussione delle mozioni di sfiducia al Governo. Il primo documento è quello del Movimento 5 Stelle, prima firmataria Nunzia Catalfo, il secondo è quello presentato da Paolo Romani (FI), Gian Marco Centinaio (Lega), Cinzia Bonfrisco (Cor). Le due mozioni chiedono la sfiducia dell’esecutivo in relazione agli art. 94 della Costituzione e 161 del Regolamento del Senato, il documento del centrodestra lo impegna anche alle dimissioni. Superato con successo lo scoglio referendario, il governo si prepara ad affrontare la mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni sull’onda dell’inchiesta petrolio in Basilicata e delle dimissioni del ministro Guidi. Oggi in Senato, si legge sul blog di Grillo, si vota sfiducia al Governo proposta da M5S. Sfiduciamoli. Per occuparci dei cittadini, non delle lobby. Lo scrive Beppe Grillo su twitter con un link che rinvia al suo blog. ‘Oggi in Senato si vota la sfiducia al Governo dei banchieri e dei petrolieri proposta dal MoVimento 5 Stelle. Devono andare a casa perché fanno solo gli interessi delle lobby, dei loro amici e dei loro parenti!’ Il passaggio non preoccupa affatto la maggioranza, certa dei numeri e dell’appoggio, che non dovrebbe essere determinante, anche dei verdiniani. Siamo affezionati alle mozioni di sfiducia, ironizza il premier, ce ne fanno una ogni quindici giorni, quando sono stanchi una al mese. Tentativi di spallata che in realtà, secondo la maggioranza, si rivelano boomerang che rafforzano in il governo. Così come il mancato raggiungimento del quorum sulle trivelle conforta la maggioranza in vista della sfida su cui Matteo Renzi in primis ha puntato tutte le sue fiches, ovvero, il referendum costituzionale di ottobre. Fino ad allora, il presidente del consiglio punta a spiegare le ragioni di una politica più semplice, attribuendo agli avversari la volontà di strumentalizzare la consultazione, come fatto con il quesito sulle trivelle.

 

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