Governo, per Meloni subito grana Salvini e Berlusconi

La prima prova è la scelta della squadra dei Ministri con la leader di FdI pronta a mettere un freno ai sogni di gloria dell’alleato del Carroccio

Nessuna conferenza stampa il giorno dopo la vittoria ma un pomeriggio per staccare la spina circondata dall’affetto della famiglia, in particolare della figlia Ginevra: dopo il trionfo elettorale, Giorgia Meloni, la candidata in pectore per Palazzo Chigi, ha scelto il low profile.

Nessuna riunione ufficiale, nè incontri con la stampa: la leader di Fdi “diserta” la conferenza stampa prevista al quartier generale del partito allestito in un hotel nel centro di Roma lasciando che a spiegare gli obiettivi del futuro governo siano i due capigruppo Luca Ciriani e Francesco Lollobrigida insieme al responsabile organizzazione di Fdi Giovanni Donzelli.

Ventiquattrore di “relax” prima di immergersi in un faticosissimo lavoro che dovrà portare – nel giro di pochi giorni – alla scelta della squadra del prossimo esecutivo di cui lei sarà Premier, prima donna nella storia del nostro Paese.

E proprio sulla scelta dei Ministri c’è da disinnescare la prima mina che si chiama Matteo Salvini. E come anticipa  la Repubblica bisogna “Farlo con garbo, senza mortificare l’alleato. Ma con la fermezza necessaria a infrangere i sogni del leghista” . Tradotto: la leader di Fratelli d’Italia – spiega il quotidiano – “ha già fatto intendere il messaggio a via Bellerio, ossia è escluso che il segretario possa tornare a sedere sulla poltrona amatissima di ministro dell’Interno”. Insomma, sembra proprio che il sogno del leader della Lega – anche alla luce dei risultati decisamente al ribasso – tale dovrebbe restare. E il rischio di avvitamento fin dalle prime battute è piuttosto concreto.

Intanto, Silvio Berlusconi, uscito rinfrancato dalle urne, è pronto a far pesare i suoi voti. E intervistato dal Corriere sulla Sera su una possibile “golden share” sul rischio populismo, risponde così: “In teoria, certo l’abbiamo, ma sono sicuro che non la dovremo mai usare. Però mi permetta di dire che se pensassi davvero che esistesse il rischio di derive populiste, il governo non partirebbe neppure, anzi non saremmo nemmeno alleati con gli altri due partiti della nostra coalizione”.

Tradotto: un riuscito espediente retorico per avvisare la Meloni.

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