Governo Meloni tra rimpasto dei ministri ed elezioni anticipate. La premier potrebbe pensarci…

E’ iniziata la caccia a Giorgia Meloni e al suo governo e per uscire dall’accerchiamento restano solo le elezioni anticipate.  Alcuni governi esteri sono convinti che Meloni sia l’interlocutore più affidabile per Donald Trump e intendono sbarrarle la strada. Il quotidiano più critico è il britannico The Guardian, da sempre vicino ai progressisti e all’ala più forte dei Democratici Usa. Anche Parigi, Berlino e Bruxelles guardano con fastidio la premier. Per non parlare di quegli Stati dotati di intelligence raffinate, come l’Iran, che non gradiscono certi spostamenti geopolitici.

Poi c’è l’iniziativa del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, che l’ha spedita al Tribunale dei Ministri assieme a Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e al sottosegretario Alfredo Mantovano per il problema Almasri, a seguito di una denuncia firmata da Luigi Li Gotti.

Adriano Sofri ne ha ricostruito le gesta in un racconto su Il Foglio: “Solo chi lo ha visto da vicino può capire cosa significa fare i conti con Ligotti. Un uomo che ha attraversato tutto l’arco politico: dall’ultradestra calabrese a Di Pietro, fino a un sottosegretariato alla Giustizia con Romano Prodi. In passato è stato anche avvocato dell’Arma dei Carabinieri, per poi specializzarsi nella difesa di pentiti di mafia, tra cui Tommaso Buscetta, il grande accusatore di Giulio Andreotti, e Giovanni Brusca. Buscetta, lo ricordiamo, rientrò in Italia dal Brasile il 15 luglio 1984 con la regia dell’FBI, su un aereo a bordo del quale viaggiava un giovane funzionario di polizia: Gianni De Gennaro, destinato a fare carriera e che, ancora oggi, assieme a Luciano Violante e Marco Minniti, continua a dare le carte’’.

Quella denuncia è una chiamata alle armi per chi è pronto ad iniziare l’assalto finale al governo. Giorgia Meloni ha arruolato come legale la senatrice palermitana Giulia Bongiorno, perché è proprio nel campo della giustizia che si vuole mettere in crisi il governo. Se il Tribunale dei Ministri dovesse chiedere il rinvio a giudizio di Nordio e la Camera lo bloccasse, si assisterebbe allo show dei “manettari” pronti all’azione.

Giorgia Meloni non può e non deve cedere ai rimpasti, a partire da Daniela Santanché, visto che domani toccherebbe a qualcun altro, in un tiro al bersaglio senza fine.

Come uscire da questa situazione, con i servizi di intelligence paralizzati dopo l’uscita a sorpresa dal DIS di Elisabetta Belloni, e la crisi dell’intelligence non riguarda solo i vertici, ma anche gli incroci tra le attività lecite dell’AISE e dell’AISI e quelle meno ortodosse di decine di agenzie investigative, in Italia e all’estero, che da troppo tempo spiano tutto e tutti, giornalisti compresi, a beneficio dei potenti di turno.

Il DIS denuncia infatti la Procura di Roma e tutto viene trasferito a Perugia, l’organo dell’accusa competente sulla Capitale. Ma se la Procura di Perugia dovesse indagare qualcuno del governo, quest’ultimo denuncerebbe la Procura di Perugia? A quel punto, chi avrebbe la competenza su Perugia? Insomma, si corre il rischio di trasformare la giustizia in un gioco dell’oca istituzionale.

Nel frattempo, Meloni propone molte riforme costituzionali, a partire dal premierato, poi c’è la separazione delle carriere tra giudici e pm, che porterà alla creazione di due Consigli Superiori della Magistratura. Ma chi li presiederà? Entrambi il Presidente della Repubblica? C’è anche il dossier albanese che non decolla, il Pnrr e il Pil in panne. Ecco allora che la mossa vincente per Meloni potrebbe essere davvero quella di far saltare il banco e andare al voto anticipato, forte dello straordinario consenso che ha  nel Paese.

Votare a fine anno o a inizio 2026 significherebbe riconquistare una maggioranza ancora più ampia. E questa volta, non solo per tornare a Palazzo Chigi, ma per eleggere il prossimo Presidente della Repubblica. Un’occasione più unica che rara per il centrodestra di mettere un proprio uomo, o donna, al Quirinale.

Giorgia Meloni ha bisogno di una grande maggioranza per cambiare veramente questo Paese. Altrimenti, rischia anche lei di diventare un’altra occasione perduta. Chi teme le eventuali contromosse di Sergio Mattarella, non deve preoccuparsi: al Colle, dove hanno sciolto le Camere in anticipo solo una volta, sanno che da Giorgia non si può prescindere.

All’interno della Costituzione italiana il Presidente della Repubblica è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale, non solo perché egli rappresenta l’unità nazionale, ma anche perché svolge un ruolo di equilibrio istituzionale fondamentale. Soprattutto nei periodi di crisi governativa, i poteri del Presidente della Repubblica si estendono fino a far dipendere le sorti dell’intero Governo e del Parlamento dalle sue decisioni.

Tra le attribuzioni che la Costituzione riconosce al Presidente della Repubblica, infatti, v’è anche quella di dichiarare lo scioglimento delle camere che formano il Parlamento, cioè della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Con tale decisione, il Presidente della Repubblica pone fine all’esperienza governativa in atto decretando le nuove elezioni.

La Costituzione italiana dice che il Presidente della Repubblica può, sentiti i rispettivi Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà solamente negli ultimi sei mesi del suo mandato (cosiddetto semestre bianco), salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

La nostra carta costituzionale, dunque, conferisce al Presidente della Repubblica il potere di sciogliere le Camere che costituiscono il Parlamento, solamente però dopo aver ascoltato i rispettivi presidenti, cioè il Presidente della Camera dei deputati e quello del Senato della Repubblica. Null’altro dice la Costituzione: né si specifica quando si possa ricorrere a questo potere, né a quali condizioni.

In base a queste condizione può essere Giorgia a determinare il Game Over del governo.

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