Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si dirige a piedi verso Palazzo Chigi, Roma, 11 gennaio 2021. ANSA/ UFFICIO STAMPA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO/ FILIPPO ATTILI +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Giuseppe Conte tra Draghi e strategia politica

Giuseppe Conte torna in politica da capo dei Cinque Stelle. Ciò che unisce le due esperienze è che Conte è diventato prima premier e poi capo politico senza passare neppure una volta da uno straccio di elezione. L’auto nominato avvocato del popolo in realtá il popolo non l’ha mai visto né interpellato, lui è stato scelto e imposto in entrambi i casi dal fondatore Beppe Grillo, non dalla democrazia diretta.

Dicono che una delle prime sue mosse potrebbe essere uscire dal governo per cercare di dare al Movimento un’identità che all’ombra di Draghi sarebbe impossibile esprimere. Possibile, di cose incomprensibili in questi anni ne sono accadute tante, ma non ci credo. Più facile che Conte resti prigioniero sia dei successi di Draghi sia della sete di potere e di poltrone di Di Maio e soci. Conte fino a ora si è mosso prima telecomandato da Di Maio e Salvini,  primo governo, poi a colpi di decreti presidenziali emanati protetto dallo scudo dell’emergenza Covid e dal prestigio di Palazzo Chigi.

Ora non ha privilegi né alibi né fossati a difenderlo; dei discorsi forbiti e dello stile sobrio-elegante i suoi non sanno che farsene, così come chi se ne frega della cantilena quotidiana di Travaglio su quanto lui sia stato bravo, bello e buono, quanto geniali siano state le sue intuizioni e straordinari i suoi risultati. Tutte balle, ovviamente, altrimenti sarebbe ancora in carica.

Il ritorno di Giuseppe Conte in televisione. Non più da presidente del Consiglio, ma da leader in pectore del M5S. Più di quaranta minuti di intervista su La7 a DiMartedì fra passato, presente e futuro. La caduta del governo? «Ho pensato che la democrazia parlamentare funziona così, se una forza che sostiene la maggioranza fa venire meno il proprio appoggio in piena pandemia. Ci sta anche questo, anche se molti italiani sono rimasti un po’ disorientati da questa iniziativa». Il Conte ter? «Si poteva realizzare a condizione di una solida investitura». Inseguire i responsabili come Ciampolillo è stato un errore? «Non c’era solo Ciampolillo, c’era anche Liliana Segre». La nascita dell’esecutivo a guida Mario Draghi? «Non rispondere all’appello di unità da parte del M5S sarebbe stato come volgere le spalle agli italiani». Sembra essere in forma, Giuseppe Conte. Sorride, scherza, risponde a tono ma sempre con garbo alle domande dei giornalisti. Affiancano il conduttore Giovanni Floris, Myrta Merlino, il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, e il direttore di Libero Alessandro Sallusti.

Il suo movimento avrà «organi collegiali nuovi», ma, assicura, «dovrà confermare la freschezza e strutture agili». Di più: è convinto di riuscire a coinvolgere Alessandro Di Battista. «Quando ritornerà dalla Colombia ci metteremo attorno a un tavolo». Si rivolgerà all’elettorato moderato, che significa autonomi e partite iva, e dialogherà col Pd. «Ci sono delle differenze con il Pd perché noi abbiamo una chiara identità. Ci saranno dei punti di incontro, avremo la possibilità di costruire un cammino che speriamo di intensificare in direzioni comuni». Ribadisce poi che sulla prescrizione l’atteggiamento non muterà: «Non sono indifferente alla durata dei processi, figurarsi se da giurista non rispetto il principio della durata ragionevole del processo, ma ci sono tanti meccanismi per assicurarla». E sui referendum sulla giustizia sposati dalla Lega? «I referendum sono sempre ben voluti, quello che mi risulta un po’ strano è che una forza politica al governo promuova il referendum. Ha i ministri che stanno lavorando ai tavoli di giustizia e poi promuove un referendum. Fatto così mi sembra un po’ propaganda, i referendum sono una cosa seria».

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