Giornalisti, giudice Bari: “Sequestri a cronisti extrema ratio”

La perquisizione e il sequestro nei confronti dei giornalisti “devono rappresentare la extrema ratio cui ricorrere per poter conseguire la prova necessaria per perseguire un reato”. E, comunque, e’ necessario valutare con particolare rigore la ‘proporzione’ tra il contenuto del provvedimento dell’autorita’ giudiziaria e le esigenze di accertamento dei fatti, poiche’ “solo in tal modo si puo’ assicurare che l’attivita’ investigativa sia condotta in modo da non compromettere il diritto del giornalisti alla riservatezza della propria corrispondenza e delle proprie fonti”. Con queste motivazioni, il tribunale di Bari ha ordinato la distruzione della copia di tutti i dati non inerenti al motivo del sequestro e non riferibili al periodo per il quale si indagava ottenuti con l’estrazione dell’archivio del cellulare del giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Massimiliano Scagliarini, al quale la procura aveva sequestrato l’apparecchio alla ricerca di pubblici ufficiali infedeli che avrebbero potuto rivelare notizie coperte da segreto relative a una indagine a carico del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. “Una sentenza che ribadisce, ancora una volta, l’importanza che riveste non solo per i cronisti, ma per la stessa liberta’ di stampa, la tutela delle fonti e il rispetto del segreto professionale dei giornalisti, il cui dovere, giova ricordarlo, e’ quello di dare le notizie di cui vengono a conoscenza”, sottolineano il segretario della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso, e il presidente l’Associazione della Stampa di Puglia, Bepi Martellotta. Il sindacato dei giornalisti ritiene inoltre anomalo, pur nel rispetto dell’attivita’ inquirente decisa dalla procura, che a seguito del sequestro (effettuato anche sul cellulare del collega Nicola Pepe) siano state sottoposte a verifica anche le telefonate intercorse tra Scagliarini e altri giornalisti impegnati nella cronaca giudiziaria, una sorta di intercettazione ‘a strascico’ che non puo’ non lasciare basito chi crede fermamente nell’art. 21 della Costituzione. La clonazione dell’intera memoria del cellulare del giornalista, specifica l’ordinanza, “pur teoricamente funzionale all’accertamento degli autori della illecita divulgazione () e’ attivita’ processuale che va dichiarata illegittima, non essendo stata fornita, ne’ risulta oggettivamente, alcuna specifica indicazione per ritenere che l’acquisizione del materiale sia strettamente necessaria per l’accertamento dello specifico fatto oggetto di indagine”. Senza contare, concludono i giudici, le intrusioni nella sfera “personalissima” del giornalista, sul versante della privacy oltre che del segreto professionale.

Il tribunale del Riesame di Bari (presidente Giulia Romanazzi, a latere Rosa Caramia e Giuseppe Montemurro) ha accolto parzialmente il ricorso presentato dagli avvocati Gaetano Castellaneta e Dorella Quarto, nell’interesse di Scagliarini, contro il provvedimento di sequestro emesso il 10 ottobre dalla procura di Bari, che indaga sulla presunta fuga di notizie relativa a una indagine sul presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Quest’ultimo, indagato per induzione a dare o promettere utilita’ e abuso d’ufficio in relazione a presunti favori ottenuti da tre imprenditori nell’ambito della campagna elettorale per le primarie Pd del 2017, ad aprile ha denunciato alla procura di Bari di essere venuto a conoscenza di un’indagine a suo carico e di un’imminente perquisizione, prima che la stessa fosse effettuata dalla Guardia di finanza. Per il reato di favoreggiamento sono indagati Scagliarini e Nicola Pepe, entrambi cronisti della Gazzetta del Mezzogiorno. Uguale provvedimento di parziale annullamento del sequestro e’ stato emesso dal Riesame nei confronti di Pepe. Sia Scagliarini che Pepe, il 21 ottobre, sono stati destinatari di un decreto di perquisizione con conseguente sequestro del telefono cellulare emesso dai pm Savina Toscani e Giorgio Lino Bruno, la stessa che coordina le indagini a carico di Emiliano. Sempre il 21 ottobre la procura aveva fatto effettuare la copia forense dell’intero dispositivo cellulare che, come ha fatto notare la difesa ai giudici della Liberta’, conteneva anche l’agenda, i documenti e le fonti dell’attivita’ professionale del giornalista. Argomentazione accolta dai giudici, che hanno ordinato “la distruzione dei cloni di tutti i dati ottenuti con l’estrazione della copia dell’intero archivio ad eccezione dei periodi”, in totale sei mesi tra febbraio 2018 e giugno 2019, ritenuti rilevanti ai fini dell’indagine “con distruzione, anche nella cornice temporale innanzi indicata, dei dati non pertinenti al thema probandum e non utili ai fini dell’accertamento dei fatti”.

“Lo status di giornalista del destinatario del provvedimento – e’ detto nelle motivazioni – rende particolarmente stringente l’obbligo del pm di preventiva individuazione della cosa da acquisire e di motivare adeguatamente in merito allo stretto collegamento esistente tra la res da apprendere ed il reato su cui indagare”. “Nello specifico, con riferimento alle esigenze probatorie del disposto sequestro, occorre considerare che seppure l’accertata divulgazione di denunce, esposti ed indagini in corso a carico del presidente Emiliano potrebbe far ritenere utile una esplorazione della intera memoria del cellulare del giornalista Scagliarini, onde poter verificare l’esistenza di altri messaggi concernenti il procedimento” a carico del governatore pugliese per induzione indebita, abuso d’ufficio e reati fiscali, “si’ da permettere di identificare gli ignoti pubblici ufficiali infedeli, propalatori delle notizie coperte da segreto d’ufficio, tuttavia una siffatta attivita’ investigativa finirebbe con l’assumere i connotati di un’attivita’ di tipo esplorativo, tale da compromettere gravemente il diritto del giornalista alla riservatezza della corrispondenza e delle proprie fonti informative”. Pertanto, conclude il Riesame, la copia integrale del cellulare “va dichiarata illegittima rispetto alle previsioni ordinamentali (…) non essendo stata fornita, ne’ risulta oggettivamente, alcuna specifica indicazione per ritenere che l’acquisizione del materiale in sequestro”, che “implica non consentite intrusioni nella sfera personalissima del giornalista, sul versante della privacy e del segreto professionale”.

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