Missione compiuta. Giorgia Meloni è riuscita nell’intento di convincere l’amministrazione americana in trasferta e, allo stesso tempo, zittire i gufi della sinistra tra le mura di casa. La premier torna a Palazzo Chigi con un indubbio successo dal bilaterale con Donald Trump e, come se non bastasse, fa esplodere di rabbia i commentatori della gauche mediatica. Tutti, tranne l’onestà intellettuale di Alan Friedman che, da una posizione antigovernativa, non fa altro che ammettere l’evidenza.
Durante la trasmissione L’aria che tira su La7, condotta da David Parenzo, si è discusso a lungo del faccia a faccia tra Giorgia Meloni e Donald Trump alla Casa Bianca. L’ospite in collegamento, il giornalista e analista politico Alan Friedman, ha offerto una lettura insolita, riconoscendo alla premier italiana un comportamento impeccabile.
“Sono critico della Meloni ma si è comportata in maniera ineccepibile, ha saputo gestire Trump a livello di statista”, ha dichiarato Friedman: “C’è un passo potenzialmente positivo se la missione Meloni ci porta a una visita di Trump a Roma in un tempo ravvicinato e utile, entro questi 90 giorni di incertezza sui dazi”.
Friedman ha sottolineato come l’incontro tra i due leader conservatori abbia toccato alcuni temi sensibili. “Sono due conservatori di destra che si sono messi d’accordo sul combattere woke, trans, politiche identitarie. Ma quello non importa”, ha affermato. Una parentesi polemica si è aperta in studio quando Laura Boldrini, deputata del Pd, ha commentato sottovoce: “Mah, insomma”.
Nel corso del vertice, secondo Friedman, Meloni si sarebbe espressa anche sul conflitto in Ucraina: “È stato significativo che Meloni ha detto che Zelensky non ha iniziato la guerra e che il vero aggressore è stata la Russia. Quando l’interprete ha cercato di tradurre questo in inglese, Meloni l’ha tagliata fuori, ha detto ‘qui traduco io’ e ha fatto la traduzione solo sull’impegno del 2% dimenticando…”.
Durante l’incontro ufficiale con Donald Trump a Washington, Giorgia Meloni ha fatto sfoggio, ancora una volta, della sua padronanza linguistica. Mentre rispondeva a una domanda in italiano, la presidente del Consiglio ha inizialmente lasciato spazio all’interprete per la traduzione, ma a metà della frase ha deciso di intervenire direttamente, interrompendola e continuando da sola in inglese. Ma cosa è successo?
Valentina Maiolini-Rothbacher, l’interprete che era alla Casa Bianca racconta al Corriere della Sera la sua defaillance: «Chiedo scusa, non mi era mai successo, non so che abbia fatto il mio cervello, mi dispiace soprattutto di non essere stata utile al Presidente…. Meloni ad un tratto mi ha fatto un cenno, io stavo traducendo le sue parole in maniera spezzettata, era chiaro che qualcosa non andava, così lei ha detto “ok ci penso io” e da quel momento si è auto-tradotta. Ha fatto bene a interrompermi, era un incontro importantissimo e ogni parola aveva un grande peso. Lei voleva essere compresa perfettamente da Donald Trump, in quel momento si stava parlando di spese militari e invece io leggevo gli appunti lentamente, tornavo indietro, riformulavo le frasi, per fortuna non ho detto corbellerie ma insomma..».
E poi spiega: «I giornalisti facevano a gara a chi gridava più forte per far sentire la propria domanda, non c’era un moderatore, lo stesso presidente Trump si rivolgeva a me per chiedermi cosa stesse dicendo la premier e lodando il suono della sua voce. Tutto questo forse deve avermi mandato in confusione».
Friedman ha posto l’attenzione su un possibile sviluppo: “Se Ursula Von der Leyen, che non è mai stata nominata durante l’incontro nell’Ufficio Ovale, accetta di venire a Roma e negoziare con Trump sui dazi sarebbe molto positivo”. Nonostante le parole di apertura, l’analista non crede che l’ex presidente degli Stati Uniti abbia mutato atteggiamento: “Per me però Trump non ha cambiato linea”.
Infine, l’analista ha concluso con una riflessione sul tono inedito dell’incontro: “È la prima volta che Trump non ha insultato un suo ospite”.