Franchising e mercatini dell’usato

Il franchising, o affiliazione commerciale, è una formula di collaborazione tra imprenditori per la produzione o distribuzione di servizi e/o beni, indicata per chi vuole avviare una nuova impresa, ma non vuole partire da zero, e preferisce affiliare la propria impresa ad un marchio già affermato. L’articolo 1 della Legge 129/2004 definisce l’affiliazione commerciale come il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d’autore, know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. In genere, tutto questo viene offerto dall’affiliante all’affiliato in cambio del pagamento di una percentuale sul fatturato (royalty) e/o di una commissione di ingresso (fee) insieme al rispetto delle norme contrattuali che regolano il rapporto. Il moderno franchising si è diffuso a partire dagli anni trenta con l’affermazione di grandi catene di ristoranti, ed è letteralmente esploso negli anni cinquanta con lo sviluppo di catene di fast food. Attualmente si nota la tendenza alla formazione di grandi catene in franchising nel settore della rivendita al dettaglio.   I costi di struttura della filiale sono poi a carico dell’affiliato, con relativo vantaggio di risparmio per l’affiliante. In questo periodo sono  spuntati  a velocità supersonica nel franchising ‘i mercatini dell’usato’.

               

 

I mercatini dell’usato si stanno diffondendo ad una velocità vorticosa su tutto il territorio nazionale. Per mercatino dell’usato si intende un esercizio commerciale volto alla vendita di oggetti usati di differente provenienza, con  settori merceologici che spaziano dall’arredamento all’abbigliamento, dai libri, ai dischi e all’oggettistica varia. Lo sviluppo e la diffusione dei mercatini dell’usato soddisfa molteplici esigenze: la ricerca di risparmio da parte dei consumatori, le istanze ecologiste insite nella formula e l’acquisto di abbigliamento e di oggetti vintage sempre più di moda.  In Italia i mercatini dell’usato censiti nel 2008 erano circa 2000, con oltre 300 unità a Roma e una cifra leggermente inferiore a Milano. Il giro d’affari annuale si attesta in più di 3 miliardi di Euro. Sulla base della provenienza degli oggetti offerti e della tipologia di vendita proposta, i mercatini dell’usato si distinguono in solidali, in conto vendita e in baratto. Per quanto attiene ai gestori dei mercatini dell’usato, possono essere impresa o cooperativa sociale, persona fisica o società. Gli oggetti in vendita presso i mercatini dell’usato solidali derivano esclusivamente da attività di sgombero e i proventi derivanti dalla loro vendita andranno a sostenere e a finanziare attività dalla comprovata valenza sociale. Al contrario, i mercatini dell’usato in conto vendita prevedono un profitto per i gestori degli stessi, che deriva da una provvigione in percentuale sul valore della transazione commerciale. Aprire un mercatino dell’usato in franchising vi permetterà di fare tesoro dell’esperienza del franchisor specializzato nel settore e che quindi potrà garantirvi un sistema e un metodo di lavoro ad hoc, accanto a un supporto informativo, organizzativo e tecnologico iniziali e costanti nel tempo. L’affiliante, infatti, pone molta attenzione verso la qualità del servizio proposto, come ad esempio la scelta della location, l’organizzazione logistica e la selezione della merce da esporre. I mercatini dell’usato italiani prendono spunto dalla realtà dei paesi anglosassoni, dove sono nati e si sono sviluppati in forma variegata e vasta e dove, spesso, risultano ben integrati nel tessuto economico e sociale. Tutto nasce dal desiderio di risparmiare, amplificata dalla crisi economica e  il mercatino dell’usato diventa un franchising per chi ama l’ambiente e le atmosfere dei vecchi mercati di una volta.

          

 

Un abito da sposa a prezzo low cost, una vecchia cabina telefonica anni ’80 quando la Telecom ancora non esisteva e le telecomunicazioni erano gestite dallo stato, una schiera di piccoli puffi azzurri, un salotto in vimini da giardino, un carretto da Pop Corn e addirittura un set turco in rame per la preparazione del tè. Sarà la crisi che ci fa guardare agli oggetti che possediamo in modo nuovo, sarà una nuova coscienza ecologica, sarà che riciclare è diventato la parola d’ordine del nuovo millennio e “non si butta via niente” il nuovo mantra, fatto sta che recuperare tutto ciò che un tempo finiva dritto in discarica è diventato di moda. Ideatore del primo franchising dell’usato è stato  Ettore Sole che parte da un magazzino a Verona nel 1989 riempito con tutto ciò che di solito trova spazio nei giornali di inserzioni.  L’idea funziona ed ecco che a partire dal ’94 nascono i primi punti vendita affiliati, inizialmente a Roma sulla Casilina e poi tutti gli altri. Il pubblico è eterogeneo, composto da ogni categoria e ceto sociale. C’è chi da noi, dice Sole,  ci veste l’intera famiglia, c’è l’appassionato in cerca di nuovi pezzi per la sua collezione e chi ci va soprattutto per risparmiare. Quasi la metà degli acquirenti sono clienti abituali: al mercatino ci vanno anche più volte a settimana e spesso ci passano le ore frugando alla ricerca di buoni affari. La merce in esposizione proviene   dalle nostre case, da  soffitte e ripostigli che contengono  cose che  non servono più.  L’aspetto principale è sicuramente costituito da quello del guadagno extra che viene in aiuto delle famiglie in difficoltà.   A finire in vendita non sono soltanto oggetti passati di moda ma anche tutto ciò, come una vecchia pelliccia, una borsa firmata o una scarpa elegante, che, considerati i tempi, in molti oggi considerano un lusso superfluo. La moda dell’usato vince e oggi, a conti fatti, muove anche l’economia. Franchising a parte,  i mercatini hanno questo di bello: bisogna camminare, osservare, toccare, guardare tutto, ripartire dall’inizio, recuperare quello che ci era piaciuto di più e, solo alla fine, scovare quell’unica cosa perfetta per noi. Se poi si tratta di mercatini dell’usato c’è anche il fascino del tempo, il mistero di un oggetto appartenuto a chissà chi, qualcosa che ci ricorda le case dei nonni. Senza contare, per i più pragmatici, la soddisfazione di aver fatto ottimi affari. Girando  ci si diverte a fantasticare sui vecchi stili di vita, lasciandosi suggestionare anche un po’ dalle scene dei film. È l’effetto, per esempio, di tutti i servizi da the o da caffè, i ‘servizi buoni’ delle famiglie borghesi. O anche enormi e scomodissimi porta sigarette che ci hanno fatto pensare a quei dopo cena in cui ci si spostava nell’altra sala per fumare.

 

Il mercato di Resina, mercato ‘storico’ in provincia di Napoli,  è specializzato in abbigliamento usato e si tiene tutte le mattine, compreso la domenica, nel centro storico di Ercolano. Il nome di Resina  era appunto il nome dell’intera città di Ercolano fino al 1969. Adesso indica solo il centro storico. Il nome più comune del mercato di Resina è ‘mercatin’ r’e ’pezz’ american’, mercato degli stracci americani, perché è nato subito dopo la guerra quando venivano vendute le divise dei militari e qualsiasi cosa fosse possibile recuperare da questi strani invasori/salvatori che si aggiravano per Napoli. Le migliori ricamatrici della zona, per esempio, trasformavano i paracaduti, all’epoca di seta pura, in stupenda biancheria.

       

Negli anni successivi Resina divenne il posto in cui smerciare qualsiasi capo d’abbigliamento aprendo enormi balle di vestiti direttamente per strada. L’assalto della folla probabilmente non era tanto per i vestiti quanto per quello che era possibile trovare nelle tasche: orologi, gioielli, monete.  Forse erano oggetti dimenticati dai proprietari prima di disfarsi dei vestiti oppure, ipotesi più plausibile, i vestiti erano stati ‘raccolti’ in circostanze non del tutto chiare.

Attualmente quelli di Resina sono rivenditori consolidati e specializzati ognuno in un proprio settore specifico.

I capi più diffusi sono gli articoli in pelle e pellicce. Cose che fuori costerebbero molto di più qui possono essere acquistate a prezzi d’affare.

Tra gli articoli in pelle si possono trovare anche molte tute da moto. In generale a Resina si trova quell’abbigliamento sportivo che fuori costa molto di più e che spesso si usa pochi giorni all’anno. In inverno, per esempio, si trovano moltissimi completi da sci.

Resina è il posto giusto dove comprare tutte quelle cose che capita di usare in pochissime occasioni.

In realtà, capi così eccentrici potrebbero essere abiti di scena. Anche questo è un settore specializzato di alcune botteghe. Secondo i negozianti di Resina tra i clienti fissi del mercato ci sono costumisti che hanno collaborato a film come ‘La meglio gioventù’ e ‘I cento passi’. Voi prendete con le pinze tutto quello che vi dicono, però di sicuro potete sbizzarrirvi tra i costumi teatrali e trovare il modo per usarli anche fuori dalle scene. Avete presente gli abiti delle commedie shakespeariane? Può capitare di conoscere una signora che li acquista per personalizzare i jeans.

Moreno Manzi

 

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