Fondi Lega: da Cipro alle Cayman, quei 19 milioni ‘scomparsi’ e le operazioni sospette

Si allargano le maglie dell’inchiesta milanese partita dal caso Lombardia Film Commission che sta alimentando il capitolo su presunti fondi neri alla Lega

Nell’inchiesta milanese partita dal caso Lombardia Film Commission che sta alimentando il capitolo su presunti fondi neri alla Lega, che si intreccia con quella genovese sui 49 milioni spariti, stanno arrivando in questi giorni in Procura diverse segnalazioni dal mondo bancario di operazioni considerate sospette da parte di imprenditori con controparte la Lega oppure società riconducibili ai contabili del Carroccio finiti ai domiciliari nei giorni scorsi, Alberto di Rubba e Andrea Manzoni.

Mentre il leader del partito Matteo Salvini sfida le toghe e si dice tranquillo (“È da anni che cercano i soldi in Russia, Svizzera, Lussemburgo, leggevo anche a Panama e Cipro, li aspetto in Bolivia e Nuova Zelanda e poi è Risiko”), per ora la vicenda ha portato all’arresto di tre commercialisti da tempo legati alla gestione delle finanze della Lega.

Si parla anche del coinvolgimento di una fiduciaria panamense con sede in Svizzera, da cui sarebbero transitati parte dei fondi ottenuti dalla vendita a prezzi gonfiati di un capannone alla Lombardia Film Commission, fondazione no profit della Regione guidata da Attilio Fontana. E della scomparsa di 19 milioni di euro, finiti forse a Cipro e poi alle isole Cayman: in particolare, sotto la lente dei magistrati c’è un bonifico sospetto fra due notai vicini al partito di Salvini.

Nel 2013 la Lega Nord avrebbe creato un trust su cui far confluire il patrimonio del partito: l’obiettivo era svuotare i conti correnti bancari in modo che, in caso di azioni giudiziarie, i creditori e soprattutto i pm che indagano sulla sparizione dei 49 milioni di euro della truffa allo Stato messa in atto dall’ex tesoriere Francesco Belsito e dall’allora segretario Umberto Bossi, non trovassero nulla.

Dall’indagine in corso è emerso il caso dell’ex direttore della filiale Ubi di Seriate (Bergamo) Marco Ghilardi, licenziato per non aver segnalato operazioni sospette sui conti dei commercialisti di fiducia della Lega, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni. L’avrebbe fatto solo per amicizia, dice in una intercettazione: “La banca non ha perso un centesimo, io non ho preso un soldo, l’ho fatto solo per amicizia e in buona fede”. Tant’è, ma dalle indagini milanesi è emerso che, attraverso conti aperti da Di Rubba e Manzoni presso la banca di Seriate, sarebbero state effettuate una serie di operazioni anomale, con la compiacenza del direttore dell’istituto.

Alcune segnalazioni sono giunte attraverso l’Uif di Bankitalia sia alla Guardia di Finanza che agli inquirenti. Ghilardi ha parlato dei “movimenti registrati sui conti” di due società dei contabili della Lega, la Sdc e lo Studio Cld, e di “numerosi accrediti da Lega Nord sempre con la medesima causale ‘saldo fattura’”. Anche “il conto personale” di Manzoni “beneficiava” di questi accrediti con la stessa causale. I due gli dicevano che erano per “attività di consulenza” ma, si difende, “mi sembrava strano poiché nello stesso periodo capitava che fatturassero al partito con più ragioni sociali”.

Manzoni ha chiarito che era “tutto lecito e la non rilevanza penale del ruolo svolto”. Ma grazie all’Antiriciclaggio è emerso come proprio lui avrebbe versato in contanti più di 160mila euro al partito di Salvini. E, caso strano, 160mila euro gli sarebbero arrivati attraverso 31 bonifici in due anni, con causale sempre uguale “Saldo fattura”: proprio la stessa cifra che il commercialista avrebbe versato in contati al partito fino a giugno scorso.

Di Rubba dal canto suo ha spiegato che i 178mila euro versati ad esempio dalla società Andromeda, riconducibile a Michele Scillieri, in favore della Sdc, riferibile a lui stesso e anche ad Andrea Manzoni, sarebbero la commissione per una vendita di un immobile di proprietà di una famiglia bergamasca.

Insomma, per quanto Salvini e i suoi fedelissimi neghino, sotto la lente dell’Antiriciclaggio sono finiti una serie di flussi di denaro indirizzati spesso a Di Rubba e Manzoni. Titolari di una serie di società che a volte lavorano per il Carroccio, hanno guadagnato in tre anni circa un milione. Alcune di queste società – annota l’Antiriciclaggio – appaiono come mero tramite, rendendo dubbia l’effettività delle prestazioni rese.

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