Il segretario della Lega Matteo Salvini cammina a piedi nei pressi del Pantheon, Roma, 9 maggio 2018. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

‘Flat tax’ tra promessa politica e realtà

E’ bastato un titolo di agenzie e di post sui social riferito a una tesi di Matteo Salvini: ‘È giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse’, per scatenare l’ennesimo fuoco di fila di polemiche. Poi è arrivata la versione corretta delle parole del leader leghista: ‘L’importante è che ci guadagnino tutti. Certo, se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Il nostro obiettivo è che tutti riescano ad avere qualche lira in più nelle tasche da spendere’.

Si tratta della misura su cui la Lega e l’intero centrodestra hanno  incentrato buona parte della campagna elettorale per le Politiche dello scorso 4 marzo. Parliamo della ‘flat tax’, letteralmente ‘tassa piatta’ in italiano, basata su un sistema fiscale non progressivo e quindi calcolata come ‘aliquota fissa’. Solitamente un sistema del genere si riferisce alle imposte sul reddito familiare, e talvolta sui profitti delle imprese, tassate con un’aliquota fissa.

Ma la sintesi sugli effetti della flat tax ha fatto premio. E il fuoco di fila delle reazioni del Pd è stato continuo per tutta la giornata. ‘Con l’Irpef a due aliquote, che non è una flat tax’,   ha attaccato il deputato economista Luigi Marattin, si otterranno guadagni per i contribuenti da zero a 20%. Peccato che i più poveri avranno zero e i più ricchi il 20′.   E anche l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è perplesso: ‘Bisogna tassare meno i ricchi perché così spendono di più? Non mi è chiara la logica economica. Detta così non si capisce’.

Secca la reazione di Salvini: ‘Anche un bimbo di 5 anni arriva a capire che chi fattura di più risparmia di più e reinveste di più. L’obiettivo non è aiutare chi fattura di più, ma tutti”. Ma proprio sulla progressività della flat tax, che in realtà è una dual tax con due aliquote al 15% e al 20%, è tornato a rassicurare anche il premier Giuseppe Conte: ‘Abbiamo declinato un sistema di detrazioni e ci sarà un sistema di no-tax area, confidiamo quanto prima di portare avanti un progetto di riforma’. Questo non toglie, comunque, che con il sistema ipotizzato, per ogni tipologia di contribuente il risparmio fiscale crescerebbe con il reddito.

‘Se davvero si riducono le tasse, l’economia e gli investimenti possono ripartire. In Italia il problema vero non è la redistribuzione ma la creazione di nuova ricchezza’, dice Nicola Rossi, economista, una cattedra all’università di Tor Vergata, consigliere d’amministrazione dell’Istituto Bruno Leoni, da sempre uno dei sostenitori della flat tax. Prima ancora che diventasse il cavallo di battaglia della Lega e del centrodestra: ‘Il problema di fondo non è la redistribuzione o la diseguaglianza ma il fatto che l’Italia si è impoverita. Questo è un dato a cui nessuno presta attenzione. Qualche anno fa il nostro reddito pro-capite era il 160% di quello greco. Oggi siamo arrivati al 145%, e sappiamo tutti quello che è successo in Grecia. I consumi si muovono, più o meno, allo stesso livello del potenziale di crescita dell’Italia. Siamo attorno all’1%, la metà esatta di quello europeo. È questo il gap da colmare. In generale una riforma tributaria ben fatta può aiutare l’emersione. Da questo punto di vista, uno degli elementi più importanti è quello della trasparenza del sistema fiscale. Il fatto, cioè, che la gente sappia con esattezza quanto deve pagare e, soprattutto, che il suo vicino di casa paghi la stessa sua cifra. Vorrei vedere i dettagli della riforma annunciata. In campagna elettorale si dicono tante cose…’.

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