Gli italiani capiscono che avere un vicepresidente esecutivo della Commissione europea, «ruolo mai ricoperto prima dall’Italia, con deleghe strategiche, è una grande opportunità e rispecchia il ruolo dell’Italia in Europa». Con queste parole il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, interpellata da Affaritaliani.it, commenta il sondaggio dell’istituto Lab21.01 (per Affaritaliani.it) secondo il quale il 72,4 per cento degli italiani ritiene giusto che l’Italia abbia la vicepresidenza della Commissione Ue con Raffaele Fitto. «Lo capiscono, evidentemente, anche più di alcuni partiti nazionali, considerando le posizioni incomprensibili che sono state assunte. È una buona notizia», conclude Meloni.
Secondo quanto emerge dal sondaggio realizzato per Affaritaliani.it da Roberto Baldassari, direttore generale di Lab21.01, quasi tre italiani su quattro, il 72,4%, ritiene giusto che l’Italia abbia la vice-presidenza della Commissione europea con Raffaele Fitto. Sono orientati diversamente soltanto il 27,6% degli interpellati. Un numero che evidenzia in maniera plastica che anche molti elettori di centrosinistra sostengono Fitto andandosi ad aggiungere a simpatizzanti ed elettori di centrodestra.
Nicola Zingaretti, ex segretario del Partito Democratico e oggi europarlamentare, non usa mezzi termini per descrivere l’attuale situazione politica in Europa e Giorgia Meloni. La nomina di Raffaele Fitto, esponente di Fratelli d’Italia, a vicepresidente esecutivo della Commissione Europea ha acceso polemiche tra i gruppi parlamentari. Per Zingaretti, questo risultato rappresenta uno smacco per il gruppo Socialisti & Democratici, che aveva tentato senza successo di ostacolare la nomina.
“Il gruppo Ecr di Meloni non crede alla prospettiva dell’integrazione europea. Guarda al passato a una collaborazione tra Stati, la vecchia formula intergovernativa. Una opzione totalmente inadeguata per affrontare il futuro e contraria agli interessi dell’Italia,” ha dichiarato Zingaretti in un’intervista al Corriere della Sera.
Secondo lui, l’operato del gruppo Ecr e del Ppe nasconde un disegno ben preciso. “Per questi motivi hanno votato contro Von der Leyen ma poi ne hanno rivendicato la condirezione. Una palese contraddizione. Meloni non ha ‘servito’ l’Italia, si è servita del prestigio di Paese fondatore per portare avanti il suo disegno.”
Secondo Zingaretti, l’Europa rischia di trovarsi in una fase di forte instabilità politica. Il Partito Popolare Europeo (Ppe), storico baluardo dell’europeismo, viene accusato di aver tradito la propria tradizione, aprendo la strada a progetti nazionalisti. “Non abbiamo sbagliato noi a segnalare questa contraddizione – ha aggiunto Zingaretti -, ha sbagliato il Ppe ad accettarla. E ne pagheranno il prezzo perché temo che siamo dentro un nuovo step del progetto della destra sovranista. Ma li fermeremo. Dobbiamo abituarci all’idea che probabilmente non esisterà più una maggioranza stabile, definita. Per colpa delle furbizie di Weber ogni volta faremo i conti con le incursioni della destra nazionalista che tenta di far arretrare l’Europa. Il Ppe sta tradendo la sua tradizione europeista. Ci hanno lasciato da soli a presidiare questo fronte. Confido che i colleghi di Forza Italia facciano pesare la propria forza come credo abbiano fatto in queste settimane”.
Sono passati esattamente trent’anni da quando, nel 1994, a margine di una ministeriale a Bruxelles, il ministro belga socialista Elio Di Rupo rifiutò di stringere la mano al suo omologo italiano di allora, Pinuccio Tatarella, che era anche vicepremier del primo esecutivo in cui la destra era al governo. Il problema, sostenne Di Rupo per giustificare un gesto la cui eco fu enorme, non era l’uomo, ma la storia politica che rappresentava. In sostanza, Di Rupo accusava Tatarella di essere un erede del fascismo, incurante tanto di Fiuggi quanto del voto degli italiani che vollero An ai vertici del Paese. La sinistra di casa nostra ne trasse un certo compiacimento.
Tatarella non si scompose e lavorò per superare quello sgarbo, confermando le qualità umane e politiche che gli valsero il soprannome ancora oggi in uso nella memoria politica di “ministro dell’armonia”. Di Rupo ne uscì malamente, rimanendo invece nelle memorie politiche come l’uomo della mancata stretta di mano. Trent’anni dopo, di fronte a una nuova prima volta, vale a dire una vicepresidenza esecutiva dell’Ue assegnata a un uomo espressione della destra, Raffaele Fitto, i socialisti europei avevano l’occasione di dimostrare una conquistata maturità. Invece, si sono dimostrati ancora inchiodati ai loro pregiudizi ideologici. Di nuovo con la complicità della nostra sinistra.
Dopo le audizioni che avrebbero dovuto portare alla conferma dei vicepresidenti, anche di Fitto a sinistra è stato detto che il problema non era lui, riconosciuto come competente e abile, ma la sua appartenenza politica. Trent’anni passati invano, mentre la destra portava avanti il suo percorso.
”Porterò in Parlamento le clamorose rivelazioni dell’inchiesta del quotidiano ‘Il Tempo’ sull’operato di Mimmo Lucano, già sindaco di Riace, finito sotto processo e condannato, ora parlamentare europeo dell’estrema sinistra. Da quanto ha pubblicato Il Tempo si rileva che un magistrato, Emilio Sirianni, esponente di punta di Magistratura democratica, si è attivato come consulente attivo di Lucano per organizzarne una improbabile e difficile difesa. Lo dichiara il presidente dei senatori di FI, Maurizio Gasparri.
Nello scoop del Tempo le intercettazioni sono davvero inquietanti. «Queste qua sono le mie controdeduzioni… Queste qua sono delle integrazioni fatte da un magistrato che si chiama Emilio Sirianni di Magistratura Democratica, che ovviamente è dalla nostra parte…». A rivelarlo in un’intercettazione del 4 agosto 2017 è Mimmo Lucano, travolto dallo scandalo sulla gestione dei migranti. A tentare di salvare il modello Riace, in quel caos documentale emerso dall’ispezione della Prefettura di Reggio Calabria, “Mi vergogno di essere italiano”. Il triste show di Lucano contro Fitto alla Ue.
“Sirianni -spiega Gasparri- racconta anche di come si sia attivato per sollecitare prese di posizione di Magistratura democratica, poi effettivamente avvenute, a sostegno politico di Lucano. Confermando l’azione estranea alle proprie funzioni istituzionali di Magistratura democratica, che si configura come una vera e propria organizzazione politica tesa a difendere i propri sodali in mille modi. Il tono confidenziale, la spregiudicatezza che emerge dalle conversazioni tra Sirianni e Lucano, aprono uno squarcio inquietante sull’atteggiamento e la condotta delle cosiddette toghe rosse. Bene ha fatto il Ministero della giustizia a puntare il faro su questa vicenda, ma ne dovremo parlare in Parlamento nelle prossime ore. Un ulteriore scandalo gigantesco che vede protagonisti Sirianni, Lucano e tutta la sinistra che con la toga o senza la toga agisce in una maniera intollerabile e temeraria”, conclude Gasparri.