Il consigliere per la politica estera del Cremlino, Yuri Ushakov, ha confermato l’incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin domani a margine del vertice Apec di Da Nang, in Vietnam.
Ancora da definire l’ora dell’incontro. I temi in discussione saranno Siria, Corea del Nord e relazioni bilaterali, aveva detto Ushakov in precedenza.
Non ci può essere un tema più importante di quello delle relazioni fra Cina e Stati Uniti. Abbiamo la capacità di risolvere i problemi del mondo per anni a venire, ha sottolineato il presidente americano nel suo approfondito incontro con Xi ieri, secondo giorno della sua visita in Cina.
‘Sulla Corea del Nord credo davvero che ci sia una soluzione come lo credi tu’, dice il presidente americano all’omologo cinese Xi Jinping aprendo il bilaterale allargato alle delegazioni, nel video diffuso dal Dipartimento di Stato Usa. Il tycoon ha riassunto la discussione avuta con Xi nella riunione ristretta. Sulla crisi nordcoreana ‘dobbiamo agire velocemente’, ha affermato Trump.
La Cina ribadisce il proposito di voler lavorare alla denuclearizzazione della penisola coreana: le sanzioni Onu e il dialogo, ha detto il presidente cinese nelle dichiarazioni congiunte, sono le chiavi per risolvere il problema del nucleare dei missili balistici di Pyongyang.
Cina e Usa hanno annunciato la firma di accordi per oltre 250 miliardi di dollari. È la stima resa nota durante la cerimonia tenuta nella Grande sala del popolo alla presenza dei presidenti Xi Jinping e Donald Trump.
Correggere i rapporti commerciali è un passo prioritario nei rapporti tra Usa e Cina: il presidente Donald Trump, nelle dichiarazioni alla stampa con l’omologo Xi Jinping, ha detto che ‘bisogna risolvere le distorsioni’. Poco prima, alla firma degli accordi tra società delle due parti per complessivi 250 miliardi di dollari, il tycoon ha ribadito che le relazioni commerciali sono ‘ingiuste e sbilanciate su un solo lato’, ma di non accusare Pechino. Un trend, invece, permesso dalle amministrazioni americane precedenti.
Trump usa un accorgimento diplomatico per dirottare la colpa dello squilibrio commerciale su qualcun altro. Guarda caso, il suo capro espiatorio per eccellenza: Barack Obama: ‘Io non ce l’ho con voi cinesi, fate i vostri interessi ed è giusto così per voi, avete un grande successo. La colpa è delle passate Amministrazioni Usa che non hanno difeso gli interessi della nostra industria e dei nostri lavoratori’. La sua conclusione però è netta: così non possiamo andare avanti, lo squilibrio è insostenibile.
Xi gli risponde con statistiche, corredata da altrettanti luoghi comuni presi dalla manualistica del liberismo occidentale. Cita l’immenso volume delle importazioni cinesi dal resto del mondo, oltre mille miliardi annui, a riprova che la crescita economica del gigante asiatico ha un effetto traino sulle altre nazioni.
Xi abbraccia anche la più classica teoria del liberismo economico, che dai testi di Adam Smith e David Ricardo insegna come gli squilibri commerciali nascano da vantaggi comparativi, specializzazioni di ogni paese nelle produzioni in cui è più competitivo, e alla fine questi squilibri nelle partite correnti vengono azzerati dai flussi di capitali. E’ esattamente quel che accade da anni nei rapporti Cina-Usa visto che Pechino reinveste buona parte del suo attivo commerciale in buoni del Tesoro Usa.
Alla fine Xi aggiunge i rituali impegni di riforme strutturali che rendano il mercato cinese più aperto e regalerà all’ospite il trofeo simbolico di nuovi accordi e contratti per un valore immediato di 9 miliardi di dollari cioè una goccia nell’oceano del deficit americano.