Europa con l’elmetto in Ucraina ma Giorgia Meloni dice ‘no’ al dispiegamento di truppe europee in Ucraina dopo il cessate il fuoco

“Non ho mai amato i sotto-vertici europei. Tantomeno se queste fughe in avanti sono senza un criterio né preavviso. Un’Europa a centri concentrici, mi spiace, non può esistere. Ovviamente, in questa fase, l’Italia non poteva mancare. Pero vorrei essere chiaro e realista su un punto: senza gli Usa noi europei non andiamo da nessuna parte”. E’ questa l’analisi del ministro della Difesa Guido Crosetto nella lunga intervista al “Messaggero”, all’indomani del mini-vertice sulla pace in Ucraina convocata da Macron a Parigi. La sua idea è che la linea di vicinanza agli Usa, come fatto trapelare anche ieri da Giorgia Meloni, presente all’Eliseo, è che “serve calma e unità”.

“Non voglio giudicare, ma nelle relazioni internazionali, in tempi complessi come questi, serve calma, molta calma. La fretta è una pessima consigliera. Tra l’altro, diversi anni fa, anche Macron disse frasi più dure di Trump sulla Nato… Macron la definì cerebralmente morta, o ce ne siamo dimenticati? Poi, certo, le cose sono andate diversamente. Per fortuna possiamo contare su Meloni, una leader stimata e pragmatica: lei terrà aperto il dialogo Usa-Ue-Ucraina… Non è il primo tavolo sulla pace e non sarà l’ultimo. Tutti, almeno quelli più avvertiti, sapevano benissimo che Trump avrebbe accelerato. Dunque, ben vengano questi sforzi”.

Il giudizio sul vertice di Parigi, da parte di Crosetto, è critico, ma anche su una eventuale esclusione della Ue dai negoziati con l’Europa. “Sono convinto che sia un errore escluderla dal tavolo. Né può restarne fuori l’Ucraina, la vittima. Mi colpiscono le dichiarazioni di Lavrov, come se gli ucraini debbano espiare una colpa. Davvero surreale. La loro unica colpa è esistere, e resistere, contro un’aggressione armata. Trump? Credo che si confermerà per ciò che è: un pragmatico. Non escluderà nessuno. Vuole uscirne lui vincitore, non Putin. Proverà a farlo senza umiliare la Russia”.

Il ruolo della Ue? “L’Europa deve avere per obiettivo sedersi al tavolo per come ha sostenuto, con l’America, la resistenza ucraina. Però deve parlare a una sola voce. E dialogare con gli Usa, assumendo, intanto, la responsabilità della sua difesa. Tradotto: aumentando gli investimenti rimasti fermi negli ultimi trent’anni. Però ora gli americani devono capire che serve tempo. Soprattutto per Stati come l’Italia e la Germania a cui a lungo non è stato concesso di riarmarsi… Al vertice dell’Aia a giugno la Nato chiederà di superare il 3% di spese del Pil nella Difesa. Tanti alleati, penso alla Polonia, sono già sopra, Trump chiede il 5%. Dobbiamo prepararci a una nuova era, compatibilmente con i bilanci nazionali… Meloni da leader pragmatica qual è ha un rapporto solido con Trump che tornerà molto utile all’Europa. Vedrete…”.

È stata una Giorgia Meloni «riluttante» quella che ha partecipato al vertice europeo di Parigi sulla guerra in Ucraina convocato d’urgenza dal presidente francese Emmanuel Macron. Le sue serie perplessità su tempi e modi dell’incontro erano state anticipate da diversi quotidiani, e sembrano confermate anche a vertice concluso, secondo quanto filtra da fonti vicine a Palazzo Chigi. «Ho espresso le mie perplessità riguardo un formato che esclude molte Nazioni, a partire da quelle più a rischio, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in un momento storico così delicato», avrebbe confidato ai suoi la premier Secondo cui la sede naturale dove prendere decisioni comuni dei 27 è e resta quella delle istituzioni Ue.

Le conversazioni di Parigi d’altra parte sono state sì utili, ma niente più che «interlocutorie» D’altra parte c’è pure un altro rischio che Meloni vede e vuole evitare ad ogni costo: quello di creare una frattura tra Europa e Usa. Per lei, non c’è dubbio sul fatto che con Donald Trump i canali di comunicazione e coordinamento vanno tenuti aperti, e saldi. «Questo non è un formato anti-Trump, tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte», ragiona la premier. Che tiene al suo ruolo più volte rivendicato di ponte tra Ue e Usa. Anche rimarcando di condividere le parole pronunciate da J.D. Vance, il vicepresidente Usa che venerdì a Monaco ha messo le dita negli occhi dell’Europa e della Germania con attacchi senza precedenti.

«Non dobbiamo chiederci cosa l’America può fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi», è il senso della linea di Meloni. In concreto, la premier avrebbe chiuso, almeno per ora, all’ipotesi del dispiegamento di truppe europee in Ucraina dopo il cessate il fuoco, ipotesi che la premier ha definito «la più complessa e forse la meno efficace». Al contrario, la leader FdI ha sottolineato l’importanza di esplorare «altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana». Nel merito, poi, secondo Meloni, le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, «perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire».

L’Europa è cosciente che se riuscirà a ritagliarsi un ruolo veramente di peso nelle trattative di pace tra Russia e Ucraina, questo riguarderà le imprescindibili garanzie di sicurezza richieste da Kiev. Non è casuale, quindi, l’appello dell’Alto rappresentante per la Politica estera Ue, Kaja Kallas, che nel corso della Conferenza di Monaco sulla sicurezza ha chiesto ai Paesi Ue chi è disposto a inviare le proprie truppe in Ucraina con funzioni di peacekeeping: “I 27 Paesi Ue, o altri Paesi, che si dicono a favore delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina ora devono anche dire se sono pronti a inviare truppe e quante”, ha detto.
E a rispondere “presente” per primo è stato il premier britannico, Keir Starmer, pronto a continuare il supporto a Kiev nella guerra contro la Russia, il che “significa anche essere pronti e disposti a contribuire alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina inviando le nostre truppe sul campo, se necessario”, ha scritto in un suo intervento sul Daily Telegraph.

Il premier laburista ne fa «una questione esistenziale per l’intera Europa», oltre che fondamentale per la sicurezza nazionale, tanto da considerare l’Ucraina come la «prima linea del Regno Unito». Ma emergono dubbi sulla reale capacità britannica. Anche diversi esperti militari e di intelligence nel Regno Unito hanno avanzato dubbi dopo l’annuncio del premier Starmer. “Francamente, al momento non abbiamo i numeri e non abbiamo l’attrezzatura per inviare una grande forza sul terreno per un lungo periodo di tempo”, ha dichiarato in un’intervista alla Bbc il generale Richard Dannatt, ex capo di stato maggiore della difesa e membro della Camera dei Lord. Dubbi anche dal mondo dell’intelligence, a patire dall’ex capo dell’MI6 Sir John Sawers, secondo cui qualsiasi forza di mantenimento della pace inviata in Ucraina dopo la guerra dovrebbe avere “un mandato molto chiaro”, mentre Lord Peter Ricketts, ex consigliere per la sicurezza nazionale durante il governo conservatore di David Cameron, ha detto di temere fortemente uno scontro diretto fra le truppe del Regno e quelle russe. Lo stesso Starmer nel suo annuncio ha ammesso i pericoli di un invio di militari e di non parlare a cuor leggero. “Come detto a Parigi, la pace passa attraverso la forza. Ma è vero anche il contrario. La debolezza porta alla guerra”.

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