Lo start del convegno “Euro-Dilemma” è il grande senso di contrarietà all’Euro che precede ogni altro problema sia esso elettorale o sociale. E’ in sintesi la fine del cogito ergo sum. Quasi a voler dire che l’euro lo subiamo e non lo accettiamo. L’Euro ha cancellato ogni altro problema ed ogni altra criticità nel vivere quotidiano. Sbarchi d’immigrati, sicurezza delle città, trasporti, scuola, tutto ritirato ai margini della scena per far posto al nuovo protagonista. L’Euro è quindi il cattivo di turno, l’origine di tutti i mali con la differenza di non richiedere lo studio di una soluzione perché basterebbe semplicemente uscirne. Comunque tutti a parlarne, a sciorinare quanto fa male e quanto è stato malsano, quanto fosse bello se non c’era, e tutti ad indicare la strada maestra dell’uscita che, a loro avviso, dovrebbe portare verso il benessere. L’ascolto ed il confronto tra gli esperti purtroppo si risolve in semplici slogan con frasi semplici e concise. E’ questo in realtà il quadro di partenza che ha lanciato lo stimolo al Convegno “Euro-Dilemma”. L’Università potrebbe essere il luogo deputato allo scambio delle conoscenze e del confronto in modo sicuramente neutro rispetto ad ogni fazione e preconcetto. Ma, ad essere sinceri potrebbe essere esattamente il contrario: un coacervo d’interessi specifici ed un esercito di intellettuali faziosi. Ma l’idea è partita e si è svolta il 26 marzo scorso presso l’Università e Campus che ha messo insieme il massimo della virtualità. Dieci personalità per parlare e confrontarsi sulla moneta unica. Senza semplificazioni, senza limiti all’approfondimento, e soprattutto con l’obiettivo di trasferire le proprie conoscenze e le proprie esperienze e rappresentando se stessi, i propri studi, il proprio lavoro e le proprie competenze. Da una parte i docenti come Tonveronachi, ricercatori espressi in Zicchino, professionisti rappresentati da Fugazzi-finanza e dall’avvocato Damonte, dai commercialisti Nessi e Diomeda, dal consulente aziendale Pediglieri, e dagli imprenditori Forti e Piloni. Una doppia maratona di quattro ore, che ha circolarmente riflettuto sui fondamentali della moneta europea e sulle sue criticità ed i suoi benefici. Si sono ascoltati opposti punti di vista: favorevoli e contrari, ottimisti e pessimisti. È mancata solo la banalità ed è stato praticamente un successo. Obiettivamente i sostenitori favorevoli all’Euro erano numericamente maggiori ma le critiche e le puntualizzazioni sulle debolezze del sistema unitario sono venute fuori in maniera puntuale e lucida. A dispetto delle generiche accuse, che fanno originare dall’euro tutti i mali della crisi e delle difficoltà economiche che attraversano il nostro sistema economico ma anche quello di molti altri paesi europei, si è parlato nello specifico di quelli che sono i principi fondamentali della costruzione dell’Unione Europea di cui la moneta unica è una parte. Sicuramente l’Euro è l’elemento che fattivamente ha unito ad altri 27 Stati determinando delle semplificazioni con i rapporti di scambio e costruendo il mercato più importante del mondo. Questo naturalmente ha richiesto regole di condotta per un funzionamento affidabile. I politici sfavorevoli all’Euro definiscono le regole come regole imposte dalla Germania. E’ questo poi il punto su cui le critiche di chi ha una posizione favorevole ha fortemente criticato ed evidenziato la debolezza del progetto. Politiche monetarie propagabili in maniera non sempre immediata a causa del sistema bancario e finanziario poco efficiente e fragile. Il punto fondamentale è rappresentato dal proprio orizzonte di conoscenza e di lavoro. Tanto più è vasto, tanto più la dimensione europea determina un vantaggio richiedendo uno sforzo di competenze ed efficienza. Tanto più la realtà produttiva e lavorativa sono ristrette, tanto maggiore è la concorrenza dei prodotti e dei servizi a basso valore aggiunto. In assoluto però, secondo la maggior parte dei convenuti, la natura delle debolezze delle Euro va ricercata soprattutto nelle strategie decisionali che gli organi governativi e politici dell’Unione Europea hanno effettuato nelle proprie scelte strategiche. Parliamo, in tal caso, dei vari allargamenti agli stati dell’est europeo e del ruolo giocato da nazioni fintamente europeiste come l’Inghilterra, unite all’atavica incapacità dei politici mediterranei, come gli italiani. Il tutto non ha sistematizzato comportamenti più corretti, producendo solo piagnistei fatti fuori tempo massimo. La sfida è servita, gli economisti e gli imprenditori parlano delle responsabilità politiche con maggiore competenza e puntualità di quanto i politici, agitatori di masse e portatori d’interessi bassi e lontani, riescono a fare.
Luigi Patisso