Era nell’aria la decisione: ma di Benedetto XVI resteranno i grandi insegnamenti

È da ieri mattina che si respira, si coglie, si percepisce un certo smarrimento nei volti delle persone, le parole di Papa Benedetto XVI, hanno lasciato tutti sotto choc. Molti non se l’aspettavano, c’è chi apprezza il gesto, chi non si spiega ancora le ragioni, chi vorrebbe approfondire, chi addirittura auspica un ripensamento. Sta di fatto che, Joseph Ratzinger il 28 febbraio ha deciso di lasciare il soglio pontificio utilizzando queste semplici ma chiare parole “sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Una questione di stanchezza, di età anagrafica che sottrae troppe energie, ma è facile pensare che sia una stanchezza di fondo per una spiritualità che si sta sempre più dissolvendo. Ratzinger ha capito che, quello di successore di Pietro, è un ruolo troppo importante per la cristianità nel mondo e, con un gesto di profonda umiltà, ha deciso di defilarsi e affidare al Signore la scelta di un successore che abbia l’entusiasmo di tenere ben saldi i bastioni della Chiesa. La Sposa di Cristo, che è tanto demonizzata da una società che vede accelerare il processo di secolarizzazione, una società che vuole rimuovere Dio dal centro dell’Universo, una società che si pasce di cinismo, edonismo e indifferenza. Per la Chiesa si parla tanto di rinnovamento, ed ecco che il gesto del Santo Padre si può interpretare così, per dare impulso a questo motore foriero di novità che tutti auspicano che siano positive. Sta di fatto che sull’operato di Ratzinger non si possono avere molti dubbi, nonostante abbia raccolto l’eredità da un predecessore come Karol Wojtyla che incarnava il carisma del perfetto timoniere, si è rimboccato le maniche e ha tentato di scuotere le coscienze, sradicando le storture del mondo clericale. È stato il primo a tuonare contro la “sporcizia all’interno della Chiesa”, mentre molti brandivano la clava della delegittimazione gridando allo scandalo e alla reticenza del Vaticano su una piaga come quella della pedofilia. Poi, è stato tradito da un uomo di fiducia come il suo maggiordomo, Paolo Gabrieli reo di aver violato la sua scrivania sottraendo carte dal contenuto scottante. E i tentativi di denigrarlo, non sono mai cessati, tant’è che ci hanno provato anche con la deformazione tecnologica, presentandolo in alcune foto come un giovane nazista inneggiante al Fuhrer. Tutto falso. Che dire poi della sua decisione, accolta anche con soddisfazione, di approdare sul web tramite il social network “Twitter”, ma sulla sua pagina si sono scatenate le ironie più stomachevoli che esseri umani possano partorire, frutto di menti accecate da odio. In questo contesto, il Santo Padre aveva detto che non avrebbe abbandonato la barca in tempesta, ma nel libro-intervista con il giornalista Peter Seewald, alla domanda circa la possibilità che un Pontefice possa dimettersi, spiazzò un po’ tutto nella risposta: “Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi”. Come se avesse voluto lanciare un messaggio, che prima o poi avrebbe fatto quel gesto, aspettava solo che si calmassero un po’ le acque intorno a lui. Perché non avrebbe potuto farlo quando le copertine dei giornali pubblicavano titoli sul “Corvo” che aveva tradito la sua fiducia, l’ha fatto, invece, quando è stato assolto dopo averlo perdonato. È stato coerente il Vicario di Cristo, sapeva che le sue forze stavano cedendo e “per il bene della Chiesa” fa un passo indietro, continuerà ad amarla con la preghiera, la sosterrà, non la tradirà, la vorrà vedere con nuova linfa e nuovo vigore. Si può essere cristiani o non, sta di fatto che le sorti del mondo, o almeno la direzione in cui andrà, dipende molto anche dalla Chiesa e dalle preghiere dei fedeli innamorati del Suo Sposo, Cristo Gesù.

Maurizio Longhi

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